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Amazzonia, il fallimento nascosto del G7

Amazzonia, il fallimento nascosto del G7

Al G7 di Biarritz, conlusosi lunedì scorso, si è parlato di Amazzonia. E molto. Ma la responsabilità che certamente ha il Brasile di proteggere i polmoni della Terra non deve […]

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 29 luglio 2019

Al G7 di Biarritz, conlusosi lunedì scorso, si è parlato di Amazzonia. E molto. Ma la responsabilità che certamente ha il Brasile di proteggere i polmoni della Terra non deve essere usata dai leader del G7 come una scusa per nascondere i loro fallimenti.

L’emergenza climatica che stiamo vivendo evidenzia la necessità di proteggere le foreste e cambiare radicalmente il sistema globale di produzione del cibo come chiesto anche dall’IPCC nel suo rapporto diffuso all’inizio di agosto. Dolersi per gli incendi in Amazzonia e offrire il proprio aiuto va bene, ma i leader del G7 possono e devono fare di più con impegni nazionali per mettere fine all’era dei combustibili fossili e all’attuale sistema agroalimentare.
Quello che ora è sotto gli occhi di tutti, con il fumo denso e acre che ha raggiunto San Paolo, a 2.700 chilometri di distanza, è l’insostenibilità di un modello che prevede consumi di carne in crescita nel mondo, per alimentare i quali bisogna produrre più mangimi.

In Amazzonia incendi e deforestazione vanno di pari passo. Negli stati di Rondônia e Pará gli incendi, documentati dalle foto aree scattate da una squadra di Greenpeace, mostrano chiaramente l’avanzata dell’agricoltura industriale nella foresta, spesso per far spazio a pascoli per il bestiame e colture, soia in particolare, destinate alla mangimistica. Greenpeace, con la sua campagna «Meno è meglio», sottolinea da tempo la necessità di dimezzare invece la produzione di carne e derivati del latte proprio per il loro elevato impatto ambientale.

Tra gennaio e agosto 2019, il numero di incendi nella regione è aumentato del 145 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018. Dei 6.295 focolai registrati tra 16 e il 22 agosto, il 19 per cento si è verificato in aree naturali protette, il 6 per cento delle quali appartengono a diversi Popoli Indigeni.
Agire per porre fine alla deforestazione dell’Amazzonia deve essere un obiettivo globale e un obbligo per chi guida il Paese. Il danno alla credibilità del Brasile è enorme e perfino il settore agroindustriale ha ammesso che le politiche anti ambientaliste del governo possono causare danni economici. Nel frattempo, il Presidente Bolsonaro non ha ancora annunciato alcuna misura concreta per combattere la deforestazione: inviare l’esercito serve a poco, dopo aver tagliato di decine di milioni di euro il budget per la prevenzione degli incendi.

La distruzione delle foreste è una delle principali cause del cambiamento climatico e della massiccia estinzione delle specie a cui stiamo assistendo, una catastrofe spesso associata alla violazione dei diritti umani. Con l’aumentare degli incendi aumentano anche le emissioni di gas serra, favorendo ulteriormente l’innalzamento della temperatura globale e, conseguentemente, il verificarsi di eventi meteorologici estremi che rappresentano un grave pericolo per gli ecosistemi naturali e la vita di milioni di persone. Non solo in Brasile.

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