Cultura

Ama Ata Aidoo, «la vita non è un racconto lineare»

Ama Ata Aidoo, «la vita non è un racconto lineare»Ama Ata Aidoo

Ritratti La scomparsa della scrittrice, drammaturga e studiosa ghanese. Le figure della sua letteratura e teatro sono desideranti, donne determinate, che vanno in controtendeza rispetto allo stereotipo delle africane oppresse

Pubblicato più di un anno faEdizione del 2 giugno 2023

Università del Ghana di Legon, 1997: al termine della rappresentazione di un suo dramma da parte della compagnia teatrale studentesca, Ama Ata Aidoo sale sul palco per un saluto. A sorpresa, pubblico e attori si ritrovano di fronte a una delle madri iconiche della letteratura africana, che con il suo caratteristico anticonformismo dà leggerezza alla solennità del momento: «Ma davvero le ho scritte io, queste cose? Mica me lo ricordo…».

AIDOO AVEVA COMINCIATO la sua carriera proprio lì. Nata nel 1942 nella zona di etnia Fante del Ghana centro-meridionale (al tempo ancora sotto il dominio britannico), durante gli studi a Legon aveva scritto e messo in scena la sua prima opera, The Dilemma of a Ghost (Il dilemma di un fantasma): quando uscì per Longman nel 1965, Aidoo divenne la prima drammaturga africana a essere pubblicata.
Fin da quell’esordio, a colpire sarà proprio il suo anticonformismo, dove la leggerezza si alterna a uno sguardo nudo e caustico sulla realtà coloniale e postcoloniale. The Dilemma of a Ghost, che inscena il ritorno a casa di un ghanese con una moglie afro-americana, problematizza il mito della solidarietà panafricana. L’opera teatrale seguente, Anowa (1970), mescola le fiabe tradizionali con il trauma della schiavitù nella Costa d’Oro dell’800.
Sono drammi che già mostrano i tratti caratterizzanti della sua scrittura: il tema della condizione femminile e il recupero delle forme tradizionali, entrambi sviluppati anche in prosa. I racconti di No Sweetness Here (Non c’è dolcezza qui, 1970) ricreano contesti narrativi comunitari e cacofonie di voci che si rifanno all’oralità: «Mi pare una maniera molto più olistica di affrontare la vita e l’arte – dichiarava Aidoo in un’intervista – e mi piace pensare che, come scrittrice, la mia tendenza a mescolare le forme provenga direttamente dalle pratiche oratorie africane».
Il romanzo Our Sister Killjoy (Nostra sorella Killjoy, 1977) alterna liberamente prosa in terza persona e poesia che trasmette le riflessioni dei personaggi: «La vita non è sempre una narrativa lineare – diceva ancora l’autrice – perché ci mettiamo da parte e facciamo una pausa per guardare bene le cose».

LA PROTAGONISTA KILLJOY è emblematica rispetto ai personaggi femminili di Aidoo, che rifiutano lo stereotipo della donna africana come miserabile e oppressa. Sono invece figure desideranti e determinate, che non abbassano lo sguardo. Killjoy, ad esempio, medita consapevolmente sulle proprie pulsioni omosessuali e tocca così un tema che la letteratura africana raramente, ancora oggi, riesce ad affrontare.
Nel 1982-83 Aidoo è ministra dell’Istruzione nel suo paese, carica dalla quale si dimette quando si rende conto di non riuscire a garantire un’istruzione universale e gratuita. Dagli anni ’80 in avanti soggiorna per alcuni periodi in Zimbabwe e negli Stati Uniti, anche per la sua attività di docente universitaria. Pubblica due raccolte di poesie per cui vince il Premio Nelson Mandela, ma soprattutto ritorna al romanzo con Changes: A Love Story (1991, Premio Commonwealth; Cambiare: Una storia d’amore, Oscar Mondadori Cult, 2022). Finalmente, il pubblico italiano può così apprezzare il tocco leggero unito alle acrobazie stilistiche di Aidoo, grazie all’ottima traduzione di Sara Amorosini.
Di nuovo, l’autrice non esita ad affrontare un tema delicato: ricercatrice universitaria ad Accra, Esi deve subire un marito frustrato da questa sua attività professionale, che finisce per stuprarla. Decide di divorziare e risposarsi con Ali, di cui è innamorata. Ali ha già una moglie, Esi si inserisce in una situazione poligamica, facendo tesoro della possibilità di avere più tempo da destinare alle proprie ricerche.
Nel romanzo questa scelta resta problematica ed è ben lungi dall’offrire soluzioni definitive, ma Aidoo risponderà alle critiche di studiose femministe occidentali: «Come si può condannare la poligamia, quando la società da cui provieni l’ha considerata un principio accettabile per secoli? Che arroganza è questa?».

NEGLI ANNI ’90, l’autrice pubblica storie per l’infanzia e due raccolte di racconti, oltre a fondare e dirigere l’organizzazione non governativa Mbaasem, che supporta giovani scrittrici esordienti.
L’influenza letteraria che ha esercitato sulle generazioni a lei successive è ormai proverbiale, come dimostra Chimamanda Ngozi Adichie quando sostiene di aver preso a modello i suoi personaggi femminili complessi e credibili; o come si può vedere nelle nuove narratrici africane dallo stile sperimentale e dalle protagoniste ribelli e sprezzanti contro razzismo e patriarcato – ad esempio, Khadija Abdalla Bajaber o Sharon Dodua Otoo.
Nella sua casa di Accra, Aidoo amava ricevere amici e studiosi: era sempre pronta a leggere pagine di altri, elargire consigli, stroncare con un sorriso materno, magari dare un’affettuosa lavata di capo a suoi lettori pieni di pregiudizi coloniali.

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