Lavoro

Altro morto a Taranto: «Antonio non doveva essere al porto»

Il porto di TarantoIl porto di Taranto con dietro l'acciaieria ex Ilva – Foto Ansa

Striscia di Sangue La denuncia dei sindacati: «Il suo contratto precario prevedeva altre mansioni». Il giallo sulle autorizzazioni della ditta d’appalto. Schiacciato da una ecoballa in una stiva. La Cgil: per pulire le navi serve personale formato

Pubblicato più di un anno faEdizione del 30 luglio 2023

«Operaio di 31 anni ha perso la vita al porto di Taranto schiacciato da una ecoballa di rifiuti da mille chili, mentre era impegnato nelle operazioni di stoccaggio all’interno della stiva di una nave battente bandiera panamense».

CON QUESTO FLASH DI AGENZIA il 26 luglio scorso è stata data la notizia dell’ennesimo decesso avvenuto all’interno della zona industriale di Taranto. In quel punto del porto, negli ultimi due anni, hanno perso la vita altri due operai: Massimo De Vita, 45 anni, travolto da un telaio meccanico, e Natalino Albano, 49 anni, caduto nel vuoto da decine di metri dopo essere stato colpito dall’improvviso spostamento di una pala eolica.

STAVOLTA, LA STESSA SORTE è toccata ad Antonio Bellanova, 31 anni, una moglie di 24 anni e tre figli piccoli, un corpo completamente schiacciato, e un lavoro che non avrebbe mai dovuto compiere. Già, perché a sentire molti degli addetti ai lavori, Antonio, un lavoratore somministrato con un contratto Multiservizi, al porto, quel giorno, non ci doveva proprio essere. Almeno per quanto prevede la legge 84 del 1994, secondo cui i lavoratori delle imprese che operano nei porti devono essere iscritti in appositi registri tenuti dall’Autorità portuale.
«Antonio Bellanova è morto di precarietà», si sfoga il segretario provinciale della Cgil di Taranto, Giovanni D’arcangelo, rivelando che il sindacato in queste ore ha avviato una indagine per cercare di ricostruire l’accaduto, a partire da alcune domande. «Come mai l’operaio era impegnato in una mansione che prevede un altro grado di professionalità e formazione, ma con un contratto a termine Multiservizi firmato con una agenzia interinale?». E ancora, si chiede il sindacalista: «Perché nonostante ci siano centinaia di lavoratori portuali in cassa integrazione, ed in pancia a una agenzia creata dalla stessa Autorità portuale dopo l’abbandono della società che aveva in concessione il porto, non vengano utilizzati questi lavoratori altamente formati, ma anzi vengono tenuti in panchina?».

L’agenzia a cui D’arcangelo fa riferimento si chiama Taranto Port Workers Agency Srl e svolge «attività di supporto alla collocazione professionale dei lavoratori iscritti nei propri elenchi in relazione all’area di competenza della Autorità di Sistema portuale del Mar Ionio».

TUTTAVIA, ANTONIO Bellanova, invece, era stato assunto con un contratto a termine dall’agenzia interinale Etjca di Bari, ed era impiegato come addetto alle pulizie industriali all’interno di Ecologica Spa; un colosso delle bonifiche che ha appalti in tutta Italia, dalle raffinerie di Gela e Livorno all’ex Ilva di Taranto, con un capitale sociale da quasi 6 milioni di euro e 291 dipendenti formalmente assunti a tempo indeterminato, come rilevano i registri della Camera di Commercio di Taranto a cui Ecologica Spa risulta iscritta. Nei fatti, però, i lavoratori impiegati dall’azienda sono molti di più, e tra questi ci sono i precari come Antonio Bellanova, con un contratto Multiservizi grazie al quale un giorno poteva trovarsi a pulire i parchi minerali dell’Ilva, e un altro ancora a caricare balle di rifiuti all’interno della stiva di una nave.

SI ATTENDONO ANCORA gli esiti dell’autopsia sul corpo dell’operaio e, nel frattempo, proseguono le indagini dei carabinieri dello Spesal che sono coordinate dal pubblico ministero Antonio Natale. Il presidente dell’Autorità portuale, Sergio Prete, dopo aver incontrato le rappresentanze sindacali, ha dichiarato che «si attende una relazione dell’azienda Ecologica che chiarisca sia i dettagli del sinistro che l’inquadramento del lavoratore». A parziale difesa dell’impresa, però, è arrivata la presa di posizione del segretario della Uil trasporti di Taranto, Carmelo Sasso, il quale ha spiegato al Nuovo Quotidiano di Puglia: «Non è ancora detto che quel lavoratore lì non poteva stare, proprio perché risulta che la Ecologica abbia due autorizzazioni e quindi può fare pulizie, manutenzioni e montaggi industriali conto terzi».

IL NODO DELLA QUESTIONE sembra essere un altro, contribuendo a tingere ulteriormente di giallo questa storia. Ed è lo stesso che solleva Daniele Simon, responsabile Nidil della Cgil di Taranto: «Circa il 50 per cento degli operai che lavorano per le imprese dell’indotto dell’area industriale di Taranto sono precari assunti dalle agenzie interinali con contratti a termine. Sono per questo estremamente ricattabili e, in quanto tali, non possono rifiutarsi di rivestire mansioni che non dovrebbero». Spiega Simon: «È questo l’identikit della decina di persone che negli ultimi anni hanno perso la vita all’interno della zona industriale di Taranto. Sono i precari che lavorano per le ditte degli appalti e vengono impiegati nelle lavorazioni più pericolose, spesso in assenza di adeguata formazione. Basti pensare che, oltre a Bellanova, su quella nave c’erano altri cinque lavoratori tutti assunti con contratto a termine».

Sono i senza tutele, i lavoratori tappabuchi, che lavorino nell’acciaieria, nella raffineria o nel porto della città, non fa alcuna differenza. Sono quelli che hanno i contratti multiservizi con un salario da 1000 euro, invece che quello garantito dal contratto metalmeccanico. Sono assunti dalle agenzie per conto delle imprese che vincono le gare al massimo ribasso bandite dallo Stato. Sono le vittime di un moloch industriale che a Taranto ricatta tutti.

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