Altri 21 mila contagi. L’Iss: «Impossibile tracciare si può solo “mitigare”»
Covid-19 Nella prima delle conferenze stampa (trisettimanali, stavolta) ripristinate per trasparenza, Silvio Brusaferro spiega perché bisogna chiudere. Con 174.398 tamponi effettuati, sono stati trovati 21.994 nuovi casi (il 20,7% dei testati). 221 morti
Covid-19 Nella prima delle conferenze stampa (trisettimanali, stavolta) ripristinate per trasparenza, Silvio Brusaferro spiega perché bisogna chiudere. Con 174.398 tamponi effettuati, sono stati trovati 21.994 nuovi casi (il 20,7% dei testati). 221 morti
Nella giornata di ieri con 50 mila tamponi in più rispetto al giorno precedente (174.398 effettuati) sono stati individuati 21.994 nuovi casi di Covid-19 in Italia, con un rapporto positivi/casi testati pari a 20,7%. «Ormai viaggiamo sui 160-170 mila tamponi al giorno, fino a qualche mese fa se ne facevano meno della metà», riferisce il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, che con il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, ha inaugurato ieri la riapertura della stagione delle conferenze stampa (con cadenza trisettimanale, questa volta) perché la situazione è talmente allarmante da suggerire la massima trasparenza dei dati raccolti. Con una novità, annunciano: la cabina di regia e l’Iss stanno mettendo particolare attenzione all’elaborazione e all’estrapolazione dei dati per tentare di abbozzare un profilo delle fasce di contagio per età, occupazione, etc, e soprattutto per individuare i luoghi e le attività più a rischio di infezione.
A CHIEDERLO espressamente con un emendamento al Dl Rilancio (respinto) era stato il deputato di +Europa, Riccardo Magi, che ieri ha rilanciato l’appello al governo «affinché venga finalmente concesso l’utilizzo dell’analisi statistica e dei modelli matematici per comprendere come e dove si sposta il virus, in modo da poter mettere a punto misure di contenimento necessarie, efficaci e più rapide possibili».
«Il numero di nuovi casi vede la Lombardia in testa con oltre 5 mila nuovi contagi (5.035, ndr), ma è una regione di 11 milioni di abitanti e va rapportato il numero di casi al numero di abitanti», spiega ancora Rezza. Il numero di morti invece è netto: 221 nelle ultime 24 ore. Il quadro disegnato dai dati raccolti da Protezione civile e ministero è piuttosto inquietante: la Campania con un nuovo picco di 2.761 casi (di cui solo 112 sintomatici, su 14.781 tamponi), il Piemonte con altri 2.458 positivi, il Lazio con i 1933 di ieri, e così via, fino ai 57 nuovi casi in Valle d’Aosta con soli 497 tamponi eseguiti. Quest’ultima è la regione che ha visto nell’ultima settimana il più rapido aumento dell’«incidenza» calcolata come numero di positivi ogni 100 mila abitanti.
BRUSAFERRO MOSTRA MAPPE e grafici. La prima riguarda l’Europa con le zone scure a marcare le regioni dove corre maggiormente il virus (la Spagna, la Francia, e da noi una parte dell’Umbria). «Oggi, rispetto a marzo, l’Italia si trova in una condizione molto diversa – fa notare il presidente dell’Iss – allora eravamo i primi a sperimentare la pandemia»; oggi «guardando altri Paesi possiamo capire cosa ci dobbiamo aspettare se non adottiamo certe misure». Il virus, dice, «non viene più da fuori, come era in estate: ora circola nel nostro Paese».
DI ESTREMO INTERESSE, l’età mediana delle persone che contraggono l’infezione: all’inizio tendenzialmente si trattava di anziani, poi, finito il lockdown, l’età si è abbassata e ad agosto era intorno ai 30 anni. «Tornati dalle vacanze – ricostruisce lo scienziato – i giovani hanno cominciato ad infettare i parenti. L’età mediana è cresciuta fino a circa 40 anni. Nell’ultima settimana c’è stato un piccolissimo aumento, segno di un trend: le persone ultra 70enni stanno ricominciando ad infettarsi, e sono quelle che hanno maggior rischio di esito fatale».
LENTAMENTE, aggiunge Brusaferro, ma «in modo continuo, è in aumento anche il numero dei sintomatici e paucisintomatici (con sintomi lievi, ndr), mentre sono in netto aumento i ricoveri in terapia intensiva». I dati di ieri parlano di 1.411 (+127 da ieri) ricoverati nei reparti “intensivi”, con numeri che destano preoccupazione nelle regioni del Sud, come in Campania dove con 140 posti occupati in terapia intensiva e 1.210 nelle degenze ordinarie Covid, si sta imponendo la rapidissima riconversione di interi reparti. «Nel momento in cui il dato medio italiano superasse determinate soglie, vuol dire che i pazienti affetti da altre patologie non potranno trovare risposta nei nostri ospedali – scandisce bene Brusaferro – Quindi il tema è gestire l’epidemia garantendo contemporaneamente una risposta di qualità ad altri bisogni di salute».
Dunque, i quattro scenari possibili stanno sempre là, da agosto. E oggi, upgradati, disegnano un’Italia a zone rosse, a fasce orarie, a macchia di leopardo, oppure in pieno e totale lockdown. «Quando si arriva a 20 mila nuovi casi al giorno – dice il presidente dell’Iss – non si tratta di investimenti, diventa proprio molto difficile tracciare i contatti. E non solo in Italia. Scatta quindi la fase cosiddetta di “mitigazione”, ovvero mettere in atto azioni per ridurre la propagazione».
DA QUI LE MISURE prese nell’ultimo Dpcm e quelle che verranno, sembrano direi i due studiosi. Però alla domanda su quali siano le attività e dunque i luoghi più pericolosi da frequentare (e che necessitano un giro di vite), Rezza e Brusaferro fanno fatica a rispondere: «Il contesto famigliare è sicuramente il primo dove dilaga in contagio, ma – ragiona il direttore della prevenzione del ministero – è un contesto che era presente anche a luglio, quando avevamo il minimo dei malati». «Non è semplice definire le catene epidemiologiche al di fuori dalle famiglie», ripetono a turno, «certo è più facile che il virus circoli nei luoghi e durante le attività dove è meno regolamentato il distanziamento, ed è più difficile rispettare le regole di igiene». «Stiamo approfondendo, è importante però a questo punto tendere ad una minore probabilità di aggregazione per diminuire il rischio trasmissione».
LA PAROLA TABÙ è «trasporti», si sa. E infatti non viene mai pronunciata. Solo alla fine appare, come un fantasma, e tocca – di malavoglia – evocarla a Brusaferro: «Un elemento estremamente importante è come ci arriviamo e come andiamo via da quei luoghi e da quelle attività». Da qui in poi la parola spetta alla politica.
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