Altre quattro regioni verso la stretta: il virus circola troppo
Corisa d'emergenza Emilia Romagna, Campania, Friuli Venezia Giulia e Veneto sotto la lente dell’Iss. Con i dati della scorsa settimana
Corisa d'emergenza Emilia Romagna, Campania, Friuli Venezia Giulia e Veneto sotto la lente dell’Iss. Con i dati della scorsa settimana
Nelle ultime 24 ore sono stati registrati 580 decessi, il numero più elevato dal 14 aprile. Dopo il calo del weekend, torna a crescere anche il numero di nuovi casi positivi, risalito a 35 mila con 218 mila tamponi. Il tasso di positività dei test è sceso al 16% e questo indica che la crescita dei nuovi casi sta rallentando.
La previsione di 500 decessi entro la metà di novembre, avanzata dal fisico Giorgio Parisi in ottobre, si è rivelata dunque persino ottimistica. Anche se il dato di ieri potrebbe sovrastimare il numero reale. Le notifiche dei decessi rallentano nel weekend e il dato di ieri incorpora probabilmente le morti dei giorni precedenti. Tra quelle comunicate dalla regione Liguria, ad esempio, figurano morti di dieci giorni fa.
NON C’È CONTRADDIZIONE tra l’aumento dei decessi e il rallentamento dei nuovi casi. In primo luogo, c’è un fisiologico ritardo tra le due curve, visto che tra sintomi e decesso passano in media 12 giorni. Inoltre, e questo è un dato preoccupante, sta crescendo l’età media dei nuovi casi. Ora si avvicina ai 50 anni, mentre in estate era scesa fino a 30 anni di età. Significa che tra i contagiati aumenta la quota di anziani, più vulnerabili e dunque destinati a far risalire la letalità del virus. Lo fa notare anche Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, nel presentare la situazione epidemiologica ai giornalisti. «Un Rt a 1,7 vuol dire che la curva cresce, e le terapie intensive con lui. Il valore deve decrescere» spiega.
IL CHIARIMENTO ARRIVA dopo la convulsa giornata di lunedì: quattro regioni erano finite in zona arancione, la provincia di Bolzano si era auto-reclusa in zona rossa e la Campania non ha smesso di ballare. Ma i dati su cui erano basate le decisioni e promesso «trasparenza» non erano stati resi noti dalla cabina di regia.
Solo ieri si è dunque venuto a sapere che il declassamento della Basilicata nasce da un indice Rt elevatissimo (1,73). Ma pesa anche l’incompletezza dei dati comunicati dalla regione, che rende «non valutabile» il rischio. Anche la bocciatura dell’Abruzzo nasce da un’allerta sulla capacità di monitoraggio: si fanno pochi test e su più del 10% dei casi non si fa il contact tracing. Anche in Umbria i pazienti Covid riempiono gli ospedali; inoltre, un tampone su tre risulta positivo, segno che i test sono troppo pochi. In Liguria il tracciamento si fa solo nel 45% dei casi e il contagio è ritenuto «non gestibile in modo efficace con misure locali». Stessa valutazione per la Toscana, anch’essa “arancione” dopo l’ordinanza di Speranza pubblicata ieri.
Tra le regioni declassate non c’è la Campania, come in molti si aspettavano. I dati della regione in effetti non sono peggiori di altre, anche se l’indice Rt è a 1,64. «Riteniamo validi dati della Campania, ma sono in atto approfondimenti per cogliere aspetti che potrebbero completare una analisi che è in corso», risponde Brusaferro a chi mette in dubbio l’affidabilità dei numeri forniti dalla Regione. Gli ispettori del ministero stanno approfondendo la situazione, e solo dopo la loro relazione sarà presa una decisione.
Col rischio che il flusso dei dati – il prossimo rapporto sulle regioni è previsto per venerdì – la renda subito obsoleta. «Il sistema – ha spiegato in audizione alla Camera il medico Nino Cartabellotta, presidente del Gimbe – è in ritardo per la catena eccessivamente lunga, rispetto al ritmo di crescita della curva, della trasmissione dei dati. Troppi i passaggi istituzionali e tecnici: ci portano a inseguire il virus che è in fase di crescita esponenziale. Serve meno burocrazia e un alleggerimento della scelta degli indicatori, perché per quanto diano un quadro preciso oggi rallentano la capacità di risposta».
L’ORDINANZA DI SPERANZA accoglie anche l’auto-declassamento della provincia di Bolzano, che si è dichiarata “zona rossa” senza aspettare la cabina di regia. Le prossime a cambiare colore potrebbero essere Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna: tutte e tre hanno un indice Rt al di sopra della soglia 1,5, quindi da rischio “alto”. La situazione è dunque destinata a peggiorare, quindi è «opportuno anticipare le misure più restrittive» secondo Brusaferro.
Fedriga, Bonaccini e Zaia stanno pensando ad una mossa analoga a quella del collega bolzanino: varare le misure prima che sia il governo a dichiararle arancioni o rosse. I tre governatori sono in fitto colloquio da ieri e le misure potrebbero arrivare già venerdì: probabile un limite agli spostamenti.
L’effetto della zona rossa in Lombardia però si fa attendere, mentre la situazione è critica. «Il triangolo Como-Monza-Varese sta subendo quello che è successo a Bergamo nella prima ondata. La situazione francamente è al limite delle possibilità e del collasso» spiega Claudio Zanon, direttore sanitario dell’Ospedale Valduce. A Monza i reparti sono sguarniti perché 340 operatori sanitari sono positivi. E anche l’autodromo da lunedì è trasformato in pronto soccorso.
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