Nonostante sia uno dei testi di Thomas Bernhard più rappresentati, Il riformatore del mondo appare ogni volta con nuova luce, suggeritore di nuove inquietudini, oltre a rimanere una pietra miliare della vasta produzione del drammaturgo austriaco. Sarà che ogni volta la sua scrittura offre incroci inquietanti, quasi delle fulminazioni, sull’equilibrio tra «vicende private» di trasparente quotidianità e la dimensione pubblica e collettiva davanti a comportamenti, fraintendimenti, reazioni (e talvolta rifiuti assoluti). Così che i personaggi dei suoi testi possono prendere lo spettatore da angolature diverse, solo in apparenza «contrastanti» , ma in ogni caso coinvolgenti.

RILIEVI SOCIALI e considerazioni private si mescolano anche in quell’arringa spietata contro il mondo e i suoi funzionamenti, da parte del vecchio pensatore che dopo aver per anni dato inascoltati suggerimenti e ricette al mondo per «riformare» appunto quella realtà, sta per ricevere dalle autorità della sua citta finalmente un riconoscimento per quanto tardivo, tipo laurea honoris causa. Ma lui, che a indicare correttivi e soluzioni al sempre più invadente degrado ha passato la vita, è il primo a essere «sospettoso» verso il riconoscimento, mentre la sua compagna, martire della propria vita passata a rigovernarlo, lo rincuora, anche se senza troppa convinzione. Lei ha un occhio maggiormente «clinico» rispetto alla realtà, e un senso della vita più concreto. Lui si ostina, nonostante le delusioni e le umiliazioni subite, a sperare e confidare in quel riconoscimento al proprio autoproclamato ruolo di «riformatore del mondo», per quanto tardivo. E ne approfitta per sfogare la propria incontenibile oratoria, nelle cui maglie Bernhard spinge anche al riso lo spettatore, mentre la sua compagna di vita e d’occasione dà il tempo con il suo buon senso, per quanto abituata a subire. Un testo di alto livello (come sempre in Bernhard), che con le sue inquietudini strozza il sorriso in gola allo spettatore. Un autore poco praticato da noi (Mauri, Orsini, Carpentieri i pochi nomi che vengono in mente). Bravissimi e intensi i due interpreti di questa produzione del Metastasio, andata in scena al Fabbricone, Leonardo Capuano (che ha curato anche riduzione e regia) e Renata Palminiello.