ExtraTerrestre

Altoparlanti per smartphone dagli alberi abbattuti

Alternative L’idea di tre giovani: casse acustiche in legno di abete e larice. Per ogni pezzo venduto, si pianterà un albero. Un modello di economia circolare

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 27 agosto 2020

La tempesta Vaia ha lasciato una pesante eredità in termini di territorio da risanare, ma dopo la catastrofe si sono attivate diverse iniziative a sostegno dell’ambiente e della filiera del legno: la fabbricazione di passerelle per le passeggiate sulle spiagge venete partendo da legname di recupero, la realizzazione delle scenografie del Teatro Greco di Siracusa, la costruzione di strumenti musicali o dei rivestimenti dello stadio del Ghiaccio di Forni, fino alle rastrelliere per le biciclette.

Tra i progetti più interessanti in corso di sviluppo si registra il Vaia Cube, nato dall’idea di tre ex studenti: Federico Stefani, Paolo Milan e Giuseppe Addamo. Si tratta di una cassa acustica per smartphone costruita con il legno degli alberi abbattuti dalla tempesta. «Ogni pezzo è unico, realizzato in abete e larice tramite lavoro artigianale – spiega Stefani – La forma dell’oggetto è la stessa per tutti gli esemplari ma le venature cambiano rendendo ogni esemplare diverso. La spaccatura tracciata al centro del manufatto rappresenta l’evento traumatico della tempesta, la cassa vuole simbolicamente amplificare il grido di aiuto della natura e mantenere alta l’attenzione sul cambiamento climatico». Ma se un oggetto così particolare è stato scelto proprio per il messaggio che può trasmettere, l’iniziativa è tutt’altro che simbolica o volta al semplice profitto. Per ogni pezzo venduto un nuovo albero viene piantato nella foresta: al momento i Vaia Cube acquistati sono più di 7 mila, l’obiettivo è fissato a 50 mila pezzi. «Siamo felici che la nostra sia una iniziativa a esaurimento – prosegue Stefani – Quando non avremo più legname per produrlo vorrà dire che le necessità di riuso della materia prima si sono esaurite. Le vendite sono partite a novembre e quindi si può ipotizzare che tra un anno la nostra esperienza si concluderà. A 18 mesi dalla tempesta avevamo raggiunto l’obiettivo di piantare i primi cinquecento alberi. Meno di quello che volevamo, ma la pandemia di Coronavirus ha creato dei rallentamenti nella fase di riforestazione». Nell’idea dei partecipanti al progetto – che conta una quindicina di ragazzi e qualche fuori quota – è prevista la possibilità di partecipare fisicamente, o quanto meno presenziare ai momenti nei quali i nuovi alberi vengono piantati nei boschi. Date però le difficoltà attuali legate al distanziamento sociale e alle precauzioni sanitarie, sono stati organizzati specifici eventi on line.

Il prodotto è accessibile per una cifra ragionevole, perché l’obiettivo che si sono dati i membri di Vaia «è che sia un oggetto alla portata di chiunque, che possa essere il più possibile inclusivo in virtù del messaggio che vogliamo trasmettere». Le vendite avvengono sia on line che attraverso una rete di piccoli negozi. Vaia utilizza solo materiale caduto nel corso della tempesta, che viene acquistato dalle segherie locali. Il legno è certificato PEFC ed FSC, acronimi di Program of Endorsment of Forest Certification e Forest Stewardship Council: le certificazioni garantiscono la rintracciabilità dei prodotti trasformati che provengono dai boschi e la sostenibilità nella gestione dei processi interessati. Il legno è particolarmente pregiato: tutti oggi sanno che – con una buona dose di semplificazione- si tratta sostanzialmente dell’abete rosso proveniente dalla foresta dei violini, utilizzato per costruire gli Stradivari. Il progetto di riforestazione però è più complesso e la sostituzione avviene con specie anche diverse. Se gli alberi caduti e implicati nel progetto Vaia Cube rappresentano le due varietà principali, in concreto sono la Magnifica Comunità di Fiemme in concerto con Etifor – uno spin-off dell’Università di Padova che offre a enti e aziende consulenze per valorizzare la natura- a decidere le modalità di intervento e le specifiche varietà da piantare in ogni zona. Solo così si potrà garantire la tutela della sicurezza e della bio diversità nell’area coinvolta.

L’obiettivo della start up Vaia è creare un modello circolare e sostenibile di business. «In questo caso la cassa viene realizzata da artigiani e falegnami locali: recuperiamo le materie prime e le restituiamo all’ecosistema compromesso, non andando a pesare sul territorio e sul fabbisogno di risorse naturali. L’idea del team è applicare questo modello ogni qualvolta ci sia un problema ambientale, uno spreco o un’emergenza dovuti al cambiamento climatico». Tra i fondatori, Stefani rappresenta la parte più legata al territorio di origine. «Sono di Pergine Valsugana, da noi i valori di comunità e di associazionismo sono da sempre molto sentiti e sono alla base anche dei miei interessi. Quando c’è stata la tempesta io stavo finendo il master in international management e ho pensato subito che sarebbe stato bello fare qualcosa di concreto per il nostro territorio e la nostra gente. Con Paolo e Giuseppe l’intesa è stata immediata. Ora vogliamo che Vaia non sia solo un progetto legato alla valorizzazione di un prodotto come il Vaia Cube, ma che possa veicolare messaggi di sensibilizzazione». In questo senso, il mese scorso, i ragazzi coinvolti nel progetto hanno affrontato insieme la TransLagorai – un itinerario nella natura che attraversa l’omonima catena montuosa del Trentino- per raccontare sui social media i luoghi interessati dal fenomeno Vaia e l’evoluzione della vicenda. «L’obiettivo è rimettere la natura al centro dei nostri pensieri, dei nostri discorsi e delle nostre azioni».

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