Lavoro

Almaviva Palermo, lavoratori furiosi col governo

Almaviva Palermo, lavoratori furiosi col governoLa protesta dei lavoratori Almaviva Palermo contro i 1.600 licenziamenti

Crisi Infinite In presidio alla prefettura in attesa del tavolo a Roma per evitare i 1.600 licenziamenti hanno presto scoperto che Di Maio non c’era. Tim e Wind 3 hanno annunciato il taglio delle commesse, ma ora i call center rispondono dalla Romania

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 19 luglio 2019

Almaviva deve essere affezionata al numero 1.600. Dopo aver licenziato questo numero di lavoratrici e lavoratori – per la precisione 1.666 – a Roma nel natale del 2016, ora minaccia di aprire un’altra procedura di licenziamento collettivo per lo stesso numero di dipendenti a Palermo.

Non si tratta di un fulmine a ciel sereno: da tempo l’azienda leader nei call center in Italia aveva paventato la misura per la sede del capoluogo siciliano. Solo che ne ha aumentato il numero di 300 unità in un batter d’occhi. E chissà che la quota non aumenti nuovamente. Rispetto al totale di circa 2.600 dipendenti del sito, da anni alle prese con ammortizzatori sociali.
Ieri mattina lavoratrici e lavoratori palermitani erano in presidio sotto la prefettura sperando che dal tavolo sull’intero settore dei call center e Tlc convocato al Mise a Roma arrivassero buone notizie.

SPERANZE SUBITO DELUSE: l’assenza del governo – né Di Maio né alcun sottosegretario erano presenti alla riunione – ha reso inutile il tavolo.
«Si è trattato di un tavolo finto – attacca il segretario nazionale della Slc Cgil Riccardo Saccone – . Doveva esserci Di Maio, e Di Maio non c’era. Si è trasformato in un convegno, uguale ad altri due incontri fatti nei mesi scorsi al Mise con il solo obiettivo di prendere altro tempo e non di discutere dei problemi concreti del settore e delle migliaia di licenziamenti nelle varie crisi aperte a partire da Almaviva Palermo».

IN UNO SCARNO E IMBARAZZATO comunicato il Mise ha fatto sapere che «il tavolo convocato con operatori e parti sociali, a cui hanno partecipato le agenzie governative Anpal e Inapp, è servito a mettere in piedi un percorso per risolvere quella che è una crisi strutturale del settore» mentre «il governo è impegnato quotidianamente sui tavoli di crisi che coinvolgono alcune aziende di settore, in primis il caso Almaviva Contact a Palermo, per il quale Mise e il ministero del Lavoro hanno già avviato delle interlocuzioni con i committenti».
In realtà al ministero del lavoro la settimana scorsa si era discusso di nuovi ammortizzatori sociali per Palermo per impedire i licenziamenti con la notizia della convocazione del Mise per oggi: per questo i lavoratori palermitani avevano tante aspettative.

E per questo le reazioni al flop romano sono state furiose. Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom e Ugl da Palermo hanno chiesto che «quest’emergenza vada affrontata subito con un tavolo ministeriale dedicato al caso di Almaviva Palermo: non è possibile che due multinazionali come Tim e Wind 3 malgrado abbiano contratti in corso con Almaviva non li rispettino e dichiarino da un momento all’altro di dover tagliare i volumi di traffico garantiti fino al 60 e al 70 per cento. Palermo non può permettersi questo dramma sociale».

I PROBLEMI DI PALERMO – come di altri call center in Italia – riguardano due aspetti. Il primo è la delocalizzazione: gli abbonati Tim e Wind 3 che chiamano il servizio clienti si sentono rispondere sì da Almaviva, ma dalla Romania. Il secondo è che serve un vero ricambio del concetto di call center, tramutandoli in assistenza clienti per servizi digitali.
In questo quadro il Mise può fare molto. È lui a dispensare licenze per tutti gli operatori: potrebbe almeno negarle a chi delocalizza e imporre un costo orario al minuto superiore all’attuale – e quasi vergognoso – 0,43 euro con cui vengono fatte le gare di appalto nel settore.

Lavoratrici e lavoratori di Almaviva Palermo intanto continuano la loro battaglia. Annunciando una nuova manifestazione nei prossimi giorni: «un corteo che andrà a Palazzo d’Orleans (sede della Regione, ndr) e non smetteremo la nostra mobilitazione fino a quando questo governo non avrà capito che la crisi va affrontata con un progetto che metta le premesse allo sviluppo e all’occupazione del settore».

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