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Alluvione, sei indagati per il crollo ponte

Alluvione, sei indagati per il crollo ponte – Reuters

Sardegna Per la Procura di Tempio l’accusa (a tecnici non a politici), è di omicidio e disastro colposi, morirono tre persone

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 17 gennaio 2014

Sono sei gli indagati dalla procura della Repubblica di Tempio per disastro colposo, omicidio colposo e lesioni colpose nell’ambito di uno dei tre filoni d’indagine sui danni dell’alluvione in Gallura. Il sostituto procuratore Riccardo Rossi non ha voluto fare nomi ma ha specificato che sono tecnici e non politici. I provvedimenti riguardano il crollo della carreggiata sulla strada provinciale 38 a Monte Pino, sulla direttrice Olbia-Tempio, a causa del quale sono morte tre persone. La strada, già interessata in passato da un crollo nello stesso punto, resta sotto sequestro. Dovrà essere riprogettata e ricostruita.

La procura della Repubblica chiederà provvedimenti interdittivi immediati per i sei indagati, in modo che vengano sospesi dagli incarichi professionali. Nel frattempo, nel corso della conferenza stampa che il sostituto Rossi ha tenuto ieri mattina negli uffici di Tempio, è stato annunciato che è prossima la chiusura delle indagini per l’inchiesta che riguarda Arzachena, dove morirono i quattro componenti di una famiglia italo brasiliana che viveva in uno scantinato trasformato in appartamento. Tempi più lunghi, invece, sono annunciati per il terzo troncone dell’inchiesta, che riguarda la città di Olbia. Quest’ultima è infatti un’indagine più complessa, con accertamenti che interessano un più ampio arco di tempo e l’esame di una vasta documentazione.

In merito all’indagine di Monte Pino, in particolare, Rossi ha precisato: «Sulla base della consulenza tecnica preliminare fatta da un team di geologi, abbiamo potuto chiarire tutti i diversi profili di responsabilità. Abbiamo inoltre mantenuto il sequestro preventivo della strada perché si corre il rischio che possano capitare altri incidenti». La prossima settimana potrebbe anche essere formalizzata l’iscrizione dei primi indagati per l’indagine che riguarda le sei morti di Olbia e le quattro di Arzachena. Il pm ha precisato che alcuni aspetti del dissesto idrogeologico nel capoluogo gallurese potrebbero esser stati generati «dallo sviluppo a tentoni della città, in assenza di un piano regolatore. Interventi forse scoordinati rispetto al progetto globale». Anche l’indagine di Arzachena è in dirittura d’arrivo, sono al vaglio degli inquirenti le posizioni di alcuni tecnici che hanno eseguito lavori sul Rio San Giovanni, esondato il 18 novembre, e si stanno svolgendo controlli sull’affitto dello scantinato alla famiglia italo-brasiliana che è stata sterminata.

La magistratura insomma cerca di individuare responsabilità di singoli, ma sul disastro che ha colpito la Gallura e molte altre zone della Sardegna le responsabilità sono anche politiche. Olbia, ad esempio, è cresciuta in maniera disordinata, senza alcuna seria programmazione urbanistica. E le coste sono da decenni nel mirino della speculazione immobiliare. L’attuale presidente della Regione, Ugo Cappellacci (Forza Italia), ha presentato un piano paesaggistico che se passasse smonterebbe la legislazione di tutela dell’ambiente e del paesaggio approvata nel 2006 durante la giunta guidata da Renato Soru. Cappellacci si ricandida ora per un secondo mandato (in Sardegna il 16 febbraio si vota per le regionali), alla guida della coalizione del centrodestra, e tra i punti del suo programma c’è l’allentamento, se non lo smantellamento dei vincoli urbanistici sulle coste. «Ma non si tratta soltanto di centrodestra – commenta in un’intervista al quotidiano Europa lo scrittore cagliaritano Giorgio Todde, che da anni con Italia Nostra si batte per la salvaguardia del paesaggio sardo – . Molti sindaci sono inscritti al Partito democratico. Il presidente dell’Anci in Sardegna, Cristiano Erriu, è del Pd, e da tre anni attacca il vecchio Piano del paesaggio di Soru chiedendo che siano allentati i vincoli in nome dell’autonomia dei sindaci. Lo slogan è “padroni a casa nostra”; i risultati sono disastrosi». «Bisogna avere il coraggio – aggiunge Todde – di decostruire, abbattere e restaurare, eliminare i tappi di cemento, ma serve un cambio di mentalità della maggioranza dei sardi. Servono regole ministeriali ancora più severe, servono sindaci coraggiosi che non si sentano eternamente in campagna elettorale. Dobbiamo fermare questo dilagare di volontà di distruzione».

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