Allontanarsi dalle proprie origini nel segno di identità frammentarie
Narrativa Femminile e maschile in ordine sparso in «Spatriati» di Mario Desiati, per Einaudi
Narrativa Femminile e maschile in ordine sparso in «Spatriati» di Mario Desiati, per Einaudi
Per alcuni una delle gioie più grandi della vita è trovare la parola giusta, cercarla nelle diverse lingue conosciute, tra quelle nazionali e i dialetti. Sembra un piacere da nerd, ma invece permette di trovare un senso, del resto si sa che la creazione secondo la Bibbia avvenne attraverso la parola, il verbo. Spatriati, il titolo del romanzo di Mario Desiati edito da Einaudi (pp. 288, euro 20), è la parola perfetta per definire infinite forme di allontanamento dalle proprie origini, dall’emigrazione alla distanza tra come si è e quello che la società impone come modello, solo che: «le nostre origini ci rimangono addosso come una voglia gigante sulla pelle, che puoi coprire con tutti i vestiti che vuoi, ma resta sotto e quando ti spogli la vedi». Nello specifico spatrièti è un termine del dialetto di Martina Franca, provincia di Taranto, dove sono nati Desiati nonché i due protagonisti del romanzo.
CLAUDIA E FRANCESCO si conoscono perché i loro genitori sono innamorati, si incontrano, allora, perché la madre di lui e il padre di lei si sono «spatriati» dal loro matrimonio, sono fuggiti insieme, almeno per un po’. Se in un primo momento Claudia gli si avvicina perché vorrebbe arrabbiarsi con lui, poi accade che quella stessa intesa che ha unito i loro genitori, agisca fra di loro. Francesco si innamora di lei e Claudia, nella sua innata capacità di saper navigare, lo sceglie come punto di riferimento affidabile, come un faro che illumina la rotta. Lei decide di andarsene da Martina Franca molto presto, già durante il liceo, per un anno a Londra.
TORNA PER POCO, il tempo di fare esperienza di quelle relazioni eterosessuali che caratterizzano la vita di moltissime ragazze, che adesso hanno oltre quarant’anni. Storie con uomini più grandi, in cui l’alterità generazionale sembra dare senso alla pantomima della coppia o ragazzi tendenzialmente disturbati, persone che pare abbiano una grande sensibilità, ma non è vero. Mentre una parte di lei naufraga ogni volta in queste storie di autolesionismo, l’altra si occupa di andare avanti: Claudia si iscrive a Economia a Milano e lì dopo la laurea lavora per anni come manager, cambiando continuamente casa, restando in una solitudine invincibile. Francesco e lei si scrivono, si parlano al telefono, hanno periodi in cui lo fanno di più e altri di maggiore distanza: sono amici. Lui insiste a vivere a Martina Franca, diventa un agente immobiliare, anche di un certo successo. Attinge alla ricerca di senso dalla vita che Claudia fa lontano da casa e accetta in un’attitudine coerente con la sua fede cattolica profonda la croce di non essere una figura regolare, né qualcosa di solido. Oltre a Claudia, Francesco amerà solo Andria, un uomo della Georgia che conosce a Berlino, nel breve periodo in cui vive lì con la sua amica e una donna di cui Claudia è innamorata.
NEL ROMANZO di Desiati a fare la differenza sono molte cose: la lingua, lavorata, sudata e poi la componente intertestuale, cioè la ricchezza dei riferimenti letterari. Il romanzo varrebbe la pena di essere letto già solo per la sua appendice: Note dallo scrittoio o stanza degli spiriti. Il dono che Spatriati fa, però, non è solo di conoscenza: Desiati costruisce coi suoi protagonisti due identità frammentarie, composte da elementi del maschile e del femminile in ordine sparso, esattamente come è nella realtà e il risultato di questa addizione è il racconto di un’umanità familiare, che suscita empatia.
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