Allo Stato le scelte politiche contro la pandemia
La gestione dell'emergenza La Corte costituzionale fissa i paletti nello scontro tra governo e regioni. Stabilendo che il quadro nazionale è il solo in grado di tutelare sia l'interesse della collettività che il diritto all'uguaglianza dei cittadini
La gestione dell'emergenza La Corte costituzionale fissa i paletti nello scontro tra governo e regioni. Stabilendo che il quadro nazionale è il solo in grado di tutelare sia l'interesse della collettività che il diritto all'uguaglianza dei cittadini
Quando c’è da combattere una pandemia, la competenza centrale dello stato è l’unica «idonea a preservare l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute e a tutelare contemporaneamente l’interesse della collettività». Lo scrive la Corte costituzionale nelle motivazioni delle sentenza con cui il 24 febbraio scorso aveva accolto il ricorso del governo contro la legge regionale della Valle d’Aosta. Regione che a dicembre 2020 aveva deciso di darsi regole contro il Covid alternative a quelle nazionali.
La bocciatura da parte dei giudici costituzionali della fuga in avanti della Valle d’Aosta, che pure è una regione che gode di un’autonomia speciale, era già nota da fine febbraio, quando un comunicato stampa aveva anticipato la sentenza pubblicata ieri. Ed era prevedibile addirittura da gennaio, quando la Corte in via d’urgenza aveva deciso di sospendere l’efficacia dell’intera legge regionale. Ma le motivazioni che si possono leggere da ieri sera (relatore il giudice Barbera) consegnano un quadro costituzionale di riferimento che può servire a orientare le prossime scelte del governo centrale come delle giunte regionali. Il nodo delle competenze statali o regionali nell’affrontare l’emergenza sanitaria è stato infatti quello più difficile da sciogliere durante tutto l’ultimo anno. La sentenza 37/2021 è un riconoscimento delle ragioni dello stato centrale.
Scrivono infatti i giudici costituzionali, citando una sentenza del 2018, che «ragioni logiche prima che giuridiche» rendono evidente che di fronte a una pandemia anche una decisione che riguarda solo il territorio di una regione ha «un effetto a cascata, potenzialmente anche significativo, sulla trasmissibilità internazionale della malattia, e comunque sulla capacità di contenerla». Vale a dire che allentamenti nelle misure di contenimento – come quelli previsti nella censurata legge della Valle d’Aosta – equivalgono «a permettere che la malattia dilaghi ben oltre i confini locali e nazionali». La minaccia è infatti internazionale e non per niente la «profilassi internazionale» è rimasta di competenza esclusiva dello stato, anche nel riformato articolo 117 della Costituzione. Al contrario, scrivono i giudici, «la legge regionale impugnata impedisce l’immediata e diretta applicabilità delle misure statali sul territorio valdostano».
La sentenza si preoccupa anche di estendere le sue indicazioni, per esempio alla luce delle polemiche sulla campagna vaccinale. Dice infatti che la logica della competenza nazionale vale anche per «l’approccio terapeutico; i criteri e le modalità di rilevamento del contagio tra la popolazione; le modalità di raccolta e di elaborazione dei dati; l’approvvigionamento di farmaci e vaccini, nonché i piani per la somministrazione di questi ultimi». Anzi «in particolare i piani di vaccinazione, eventualmente affidati a presidi regionali, devono svolgersi secondo i criteri nazionali». In definitiva l’emergenza internazionale non permette «una politica regionale autonoma sulla pandemia», Ma solo interventi di emergenza «per ragioni manifestatesi dopo l’adozione di un Dpcm e prima che sia assunto quello successivo». E di conseguenza con ordinanze urgenti, non con leggi regionali.
A proposito di Dpcm, la sentenza intende forse offrire un’indiretta «assoluzione» dell’architettura normativa inaugurata da Conte e portata avanti durante l’intero anno di pandemia. «Non è in discussione in questo giudizio… la legittimità dei Dpcm» inseriti nel quadro dei decreti legge, scrive infatti la Corte. Chiarendo però, una volta e per tutte, che questi atti non legislativi «sono assoggettati al sindacato del giudice amministrativo» e non ordinario. I giudici approvano anche il circuito delle conferenza stato-regioni che precedono l’adozione dei Dpcm, ritenendolo idoneo a garantire il rispetto del principio di «leale collaborazione» tra organi dello stato». Ma sentono il bisogno di ricordare che al governo centrale non è precluso il ricorso «al potere sostitutivo previsto dall’articolo 120 della Costituzione». La tanto auspicata «clausola di supremazia», è il senso di questa sentenza, c’è già.
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