Saltano sul caso Santanchè. Non mollano, dopo che l’inchiesta televisiva di Report ha denunciato la mala gestione delle aziende controllate dalla senatrice di Fratelli d’Italia, ministra del turismo. La chiamano a spiegare in aula, in parlamento, a rispondere pubblicamente alle denunce giornalistiche. Se ha argomenti. Non intendono lasciar correre. Ma non sono le opposizioni. Sono i due partiti alleati al governo con Fratelli d’Italia. Innanzitutto la Lega. Poi si aggiunge anche Forza Italia, almeno la corrente «indipendentista» dei ronzulliani, quella più orgogliosamente distinta dai sovranisti in verde e in nero. Il caso Santanchè è un’altra dimostrazione di quanto forti siano le tensioni nella destra. Di come la morte di Berlusconi e la caccia aperta alla sua eredità politica abbia scatenato Meloni e Salvini, con Tajani a sgomitare anche lui. La presidente del Consiglio proprio per questo resiste. Sacrificare la ministra, che ha la protezione politica di La Russa (coinvolto anche lui nell’inchiesta di Report in quanto avvocato per le aziende di Santanchè) rischia di essere una vittoria troppo sonante per Lega e Forza Italia ai danni di Fratelli d’Italia. Eppure potrebbe diventare inevitabile.

Massimiliano Romeo, Lega
Siamo garantisti e non chiediamo le dimissioni. Venendo a spiegare in aula la questione però Santanchè potrebbe chiarire ulteriormente

È direttamente il capogruppo della Lega alla camera Riccardo Molinari, salviniano fino in fondo, che al mattino parla in tv come fosse un’esponente delle opposizioni: «Noi aspettiamo che la ministra Santanchè spieghi le sue ragioni. Ha detto lei di essere assolutamente tranquilla e che quando sarà il momento verrà in parlamento. Se ci sarà qualcosa saranno altri organismi a dover intervenire, non certo Report. I processi non si fanno in televisione». Anche il riferimento non indispensabile ai tribunali suona come il contrario di una difesa. Poco dopo l’altro capogruppo leghista, il senatore Massimiliano Romeo, conferma: «Quella di Molinari è la linea che teniamo. Siamo garantisti e non chiediamo le dimissioni. Venendo a spiegare in aula la questione però Santanchè potrebbe chiarire ulteriormente».

La ministra non ne ha alcuna voglia. Anche perché le circostanze raccontate dalla trasmissione di Raitre appaiono molto chiare: diversi dipendenti delle aziende controllate dalla ministra si sono fatti intervistare essendo riconoscibili e riferendo di liquidazioni non pagate, fornitori non pagati, Cassa integrazione Covid non anticipata e lavoro durante i turni di Cassa. Non a caso nessuno degli alleati politici di Santanchè interviene per difenderla. Qualche voce, ma sempre meno, si fa sentire da Fratelli d’Italia, come il presidente delle commissione bilancio del senato Calandrini per il quale «non possiamo accettare un ritorno ai medievali processi sommari di piazza». Ma alle richieste della Lega si associa il vicepresidente della camera Mulè, berlusconiano della corrente Ronzulli, che ci tiene a definire qulla di Report «un’inchiesta giornalistica approfondita». Anche per lui Santanchè non può limitarsi a un’alzata di spalle e a una minaccia di querela, ma «è giusto che lei spieghi i contorni della vicenda affinché non ci siano più dubbi, è giusto che chiarisca in parlamento o in tv contribuendo a eliminare qualunque possibile velo di incertezza».

Gli alleati la incalzano e le opposizioni non possono essere da meno. Da cinque giorni (la puntata di Report è andata in onda il 19 giugno) intervengono sul caso Santanchè perché la ministra non se la cavi con l’oblio. «Risponda in parlamento o si dimetta», dichiara il capogruppo del misto al senato, De Cristofaro di sinistra verdi, gruppo che ha anche lanciato una raccolta di firme online per le dimissioni e la proposta alle altre opposizioni di presentare insieme una mozione di sfiducia. Mentre Conte per il M5S tenta di chiamare in causa la presidente del Consiglio: «O Santanchè viene in parlamento a diradare le gravi ombre oppure lascia l’incarico, vero presidente Meloni?», scrive sui social. Il deputato del Pd Vaccari fa notare come «adesso anche la destra prende le distanza dalla ministra» e insiste anche Calenda: «In qualsiasi altro paese civile del mondo la ministra avrebbe risposto alle domande dei giornalisti».