All’asta armi ed elmi di dubbia provenienza al miglior offerente
Casi archeologici A New York il 30 gennaio la Christie’s batterà all’asta alcuni pezzi forti della problematica collezione Levett. Gran parte della raccolta privata viene dal saccheggio di necropoli magnogreche
Casi archeologici A New York il 30 gennaio la Christie’s batterà all’asta alcuni pezzi forti della problematica collezione Levett. Gran parte della raccolta privata viene dal saccheggio di necropoli magnogreche
La celebre e spesso discussa casa d’aste Christie’s si appresta a vendere un’ampia collezione privata di armi e armature antiche. L’asta è prevista nella sede di New York per il 30 gennaio. I manufatti provengono dal Museo d’Arte Classica di Mougins (Macm), in Costa Azzurra, fondato nel 2011 dal commerciante inglese di materie prime Christian Levett. Il Macm ha di recente chiuso le sue porte e quando le riaprirà, nel giugno di quest’anno, si chiamerà Famm (Femmes Artistes du Musée de Mougins).
È DUNQUE PER FINANZIARE un riallestimento tutto al femminile che Levett ha deciso di «sbarazzarsi» delle collezioni esposte in precedenza e formate prevalentemente da oggetti pertinenti all’antico Egitto e al mondo greco-romano, con incursioni nell’arte moderna e contemporanea. Una prima asta, svoltasi in dicembre presso Christie’s a Londra, ha realizzato già 4,3 milioni di sterline (in totale la collezione è stimata a 22 milioni di sterline) da una vendita che comprendeva un torso romano maschile in marmo datato al I secolo a.C. e uno dei tre esemplari di The Severed Head of Medusa (2013) di Damien Hirst.
Secondo la specialista di antichità di Christie’s Hannah Solomon, Levett ha acquisito reperti militari antichi in modo «enciclopedico», ovvero puntando sempre ad ottenere il meglio di ogni tipologia di oggetti. I pezzi forti dell’asta sono costituiti dagli elmi, provenienti in gran parte dalla collezione dell’uomo d’affari di Berlino Axel Guttmann, considerata come la più importante collezione di armi e di armature del XX secolo e la più grande raccolta di elmi al mondo (smembrata poi dagli eredi con due vendite da Christie’s nel 2002 e nel 2004).
TRA GLI ESEMPLARI più rilevanti che saranno battuti all’asta a fine gennaio vi sono un elmo corinzio del tipo HErmione (525-474 a.C.), il più rappresentato su vasi greci, sculture e monete antiche. Con i suoi «occhi» a mandorla e gli zigomi elegantemente allungati, il reperto è di un’eccellente qualità artistica e in ottimo stato di conservazione. D’altronde, Levett ha dichiarato che «la gente tende a considerare le antichità come pezzi di storia, ma sono anche opere d’arte» ed è appunto al carattere artistico che ha sempre guardato per impossessarsi di oggetti «incredibilmente ben fatti». Ma ci sono altri due capolavori che rischiano di finire nelle mani del miglior (ricco) offerente.
UNO È IL COSIDDETTO «Guttmann Mouse Helmet», un casco romano da fanteria risalente al periodo degli Antonini (125-175 d.C.), composto da una calotta in ferro con aggiunte in ottone, che include una tabula ansata con il nome del proprietario. La curiosa raffigurazione di un topo e di una focaccia, inoltre, rende il pezzo unico; l’altro è un elmo romano del tipo Weisenau, datato tra il 69 e il 117 d.C., in cui sono riportati i nomi di quattro o cinque proprietari diversi nonché i nomi di quattro diversi centurioni sotto i quali questi legionari hanno prestato servizio. Insomma, un documento storico di eccezionale valore.
Ma mentre Solomon afferma che il mercato delle armi e delle armature antiche «si sta scaldando», la comunità scientifica non sembra preoccuparsi del rischio che questa collezione, se acquistata da appassionati e non da musei o mecenati, divenga invisibile agli studiosi e al pubblico. In realtà., un’azione per bloccare l’asta andrebbe portata avanti non solo per ragioni etiche ma anche per motivi «legali». La collezione Guttmann (da cui provengono gli oggetti poi acquisiti da Levett) venne infatti già segnalata nel 1995 dall’archeologo dell’Università di Heidelberg Daniel Graeper come uno degli esempi più scandalosi del saccheggio delle necropoli magnogreche.
Nel suo libro I predatori dell’arte perduta (2009) Fabio Isman ricorda inoltre che a rifornire Guttmann era Gianfranco Becchina, il mercante d’arte proprietario di una galleria a Basilea sospettato di essere fra i maggiori responsabiliti della «grande razzia» di opere confluite dall’Italia nei musei americani. Poiché è altamente probabile che la maggior parte delle 1200 armi appartenute a Guttmann e poi a Levett provengano dall’Italia meridionale e principalmente dal Nord della Puglia, l’Italia ha l’obbligo morale di attivarsi per recuperare un patrimonio che le appartiene.
I BENI andrebbero sottoposti all’accordo Italia-Usa e sequestrati (a meno che non si certifichi la loro esportazione dall’Italia in epoche precedenti al 1970 o i reperti non siano accompagnati da permessi di esportazione), anche se provengono da paesi terzi, da collezioni o dal commercio antiquario (esemplare in questo senso la sentenza dell’United States Attorney di Manhattan relativa alla phiale aurea proveniente dalla Sicilia- ex collezione Steinhardt). D’altra parte nel 2019, Levett – con la mediazione dell’Unesco – ha restituito alla Spagna il corredo in bronzo (400- 200 a.C.) di un guerriero trafugato nel 1980 dagli scavi nel sito di Aranda de Moncayo. I precedenti ci sono.
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