Cultura

All’ascolto dei monti fuori dai sentieri

All’ascolto dei monti fuori dai sentieriIl pallone aerosolare di Lorenzo Malloni, artista che aderisce alla comunità Aerocene di Tomás Saraceno

GEOGRAFIE «Frontignano Art Walks», esplorazione della resilienza abitativa nelle Terre Alte. Un paesaggio da «non consumare» ma da vivere con la consapevolezza dell’arte e della comunità. «Il piano post terremoto dell’Ufficio speciale ricostruzione della Regione Marche prevede per Ussita l’intervento su dodici edifici e sul cimitero monumentale di Castelmurato»

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 29 ottobre 2022

Sul vasto pianoro verde di Frontignano, la frazione più alta del comune di Ussita (Mc) a 1350 metri s.l.m., è in piena attività il cantiere per la ricostruzione del Residence Ambassador crollato in seguito agli eventi sismici che colpirono i centri abitati dei Monti Sibillini nel 2016 e 2017.
Il desiderio è di riconsegnare il maestoso residence al turismo di montagna, magari rinverdendo le «feste memorabili tra tute da sci e musica da discoteca» che lì si svolgevano dagli anni Settanta, come racconta la guida su Ussita di Nonturismo (Ediciclo editore), anche se ci sarà sempre qualcuno che continuerà a paragonarlo al «macabro hotel immaginario del film Shining».
Non lontano dall’Ambassador, per «Frontignano Art Walks», la manifestazione che ha preso avvio il 15 ottobre scorso, ideata dall’associazione bolognese Sineglossa e coordinato da quella locale C.A.S.A. (Cosa Accade Se Abitiamo), gli architetti del collettivo romano Orizzontale avevano immaginato un’installazione di tronchi alti, snelli, bicolori e nel numero equivalente ai pochi residenti della frazione.

UN PECCATO che non sia stato autorizzato dall’amministrazione comunale. A causa delle solite procedure burocratiche – le stesse che rallentano la ricostruzione – la performance di Effetto Larsen (Matteo Lanfranchi, Beatrice Cevolani, Roberto Rettura, e Martina Rosa) ha perso la sua scena dalla forte valenza didattica e simbolica: in alternativa lo spazio è stato disegnato da semplici sedute di tronchi posti in circolo. Il progetto di Orizzontale, attraverso la grafica sui pali, avrebbe permesso sia di evidenziare la linea di faglia delle cime Bove-Vettore, sia con l’aggiunta di un palo per ogni nuovo abitante nella frazione, avrebbe evidenziato la «relazione tra i sistemi dinamici di forze – come illustra la relazione di progetto – che agiscono nel paesaggio definendone l’identità». La presenza discreta di quei pali avrebbe, però, evocato soprattutto la festa del Piantamaggio: cerimonia di origine pagana collegata alle feste di primavera.
Il rito è stato ripreso quest’anno a Ussita. Nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio è stato innalzato a Piazza dei Cavallari un faggio «rubato» nei boschi circostanti, tagliato, spogliato e ripulito dalle fronde e dalla corteccia e portato nello slargo pubblico, tra i prefabbricati degli esercizi commerciali e i condomini moderni senza vita dei quali non si sa la loro sorte.
Costruiti sull’onda dello sviluppo edilizio collegato al turismo della montagna che ha prodotto una diffusa presenza di seconde case distribuite sia nelle frazioni più in alta quota, come Frontignano, sia nelle aree ai bordi dei nuclei antichi.

Per ora il piano di ricostruzione post-terremoto dell’Ufficio speciale ricostruzione della Regione Marche prevede per Ussita l’intervento su dodici edifici e sul cimitero monumentale di Castelmurato. Le richieste di contributo per il recupero dell’edilizia privata che costituisce la parte rilevante del tessuto urbano, dovranno in gran parte ancora attendere. Tutto va a rilento, benché, a cinque anni dal sisma, qualcosa si sia mosso in un abitato spopolato del cinquanta per cento dei circa quattrocento residenti che lo costituiva.
«Frontignano Art Walks» s’inserisce in questa resiliente condizione abitativa e dove la tragedia del sisma ha messo ancora più in evidenza i limiti di un modello di sviluppo del territorio montano confidente che il turismo di massa, collegato in agli sport invernali, fosse la sola risposta per la conservazione di borghi e villaggi. Eppure una conveniente alternativa al «consumo» della montagna secondo criteri più aderenti alla salvaguardia ambientale è possibile come sembra suggerire il secondo intervento di Orizzontale.
Addentrandoci nel bosco, lasciandoci alle spalle l’impianto di risalita a ridosso dell’Hotel Felycita, anch’esso chiuso per motivi di dissesto statico, si percorre un sentiero che inizia dal Piazzale Selvapiana e conduce alla Val di Bove.

A POCHE DECINE DI METRI s’incontrano una serie di pedane/sedute in legno e acciaio sparse sul pendio, disponibili per distendercisi sopra cosicché, come ci tengono a chiarire Margherita Manfre e Juan Lopez Cano di Orizzontale, «i sensi si risvegliano e stimolano» nella contemplazione del paesaggio. Anche in questo caso si tratta di un progetto ridimensionato da quello originario. Erano previste delle sedute e dei piani di sosta più ampi per «l’ascolto e l’osservazione del contesto circostante, anche in solitudine, senza interferire con i sentieri che attraversano il bosco».
Una praticabile soluzione per il turismo leisure della montagna e che rinvia a ciò che ha scritto Stefania Bolletti in Autobiografie, Ricerche, Pratiche, Esperienze (Memesis, n.3, 2022) invitandoci a considerare il paesaggio nelle sue plurime possibilità: «Estraniamento dal mondo» per poi ritornare ai luoghi familiari, empatia con esso «per trarne gli elementi di rinnovata consapevolezza della nostra interiorità» o, al seguito di Simmel, quale «metafora della separazione dell’individualità rispetto alla totalità che caratterizza la condizione esistenziale dell’uomo moderno».
Qualsiasi dei modi con i quali si vuole intendere la nostra relazione con il paesaggio, l’architettura, se ideata con partecipazione, al pari della scrittura, come ad esempio insegna il lavoro dei «raccoglitori» di biografie, può servire a una comunità per «riflette anche su se stessa, su ciò che la rende unica e distinguibile – per riprendere ancora quanto scritto dalla Bonetti – rafforzando il senso di abitare un luogo a cui la comunità appartiene e che gli appartiene, impegnandosi nella sua cura».

IN QUESTO PERMANENTE dialogo con il paesaggio, nel quale le molteplici espressioni dell’arte misurano la loro capacità di attrarre attenzione sulle fragili condizioni del vivere comunitario e nell’attesa che le ferite causate dal sisma rimarginano, ha trovato posto il pallone aerosolare di Lorenzo Malloni. Vicino alla chiesa della Madonna del Pian della Croce l’artista ha fatto librare in cielo la sua scultura aerea riscaldata dalla radiazione solare, salita in alto per il differenziale di temperatura tra l’aria esterna e interna.
Malloni, che aderisce alla comunità artistica Aerocene creata da Tomás Saraceno, con la sua presenza ha posto con efficace rilievo le gravi questioni climatiche ed energetiche che ci attendono. Nell’ammirare il sollevarsi lento del suo involucro di plastica nero il pensiero non poteva che dirigersi ai consumi necessari per l’innevamento artificiale delle piste da sci o del palazzetto del ghiaccio, lì a poca distanza in attesa di essere aperti. Per una fortunata combinazione il pallone aerosolare sospeso immobile in cielo, ha dato uno sfondo insolito ai versi di Renata Morresi. Il suo racconto poetico contro la «retorica incrollabile, inscalfibile» della politica e dei media che con le loro «frasi fatte» non mirano che a «celare l’abbandono», ha reso limpido il malessere di queste Terre Alte del maceratese ma ha anche espresso la vitalità delle relazioni che si sono stabilite all’interno di una comunità per poterlo, presto, superare.

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