Alla destra di Salvini si risponde rompendo il fronte del partito del Pil
Lega e Salvini La cronaca ci spinge a leggere le capacità comunicative di Salvini ed il suo evidente razzismo. Così come, nel corpo sociale, le tendenze xenofobe che albergano nella pancia della gente. Tutto vero, naturalmente, e preoccupante e da combattere. E tutto spiegabile anche in un contesto più ampio della sola Italia.
Lega e Salvini La cronaca ci spinge a leggere le capacità comunicative di Salvini ed il suo evidente razzismo. Così come, nel corpo sociale, le tendenze xenofobe che albergano nella pancia della gente. Tutto vero, naturalmente, e preoccupante e da combattere. E tutto spiegabile anche in un contesto più ampio della sola Italia.
Dodici associazioni di impresa hanno approvato un manifesto per dire Si al Tav ed a tutte le infrastrutture. Un Sì a sostegno dell’attuale modello di sviluppo che spiega il nome di Partito del Pil col quale questo movimento è stato battezzato.
Dodici sono anche i settori che compongono il Bes, il Benessere Equo e Sostenibile. Un insieme di indicatori pensati, al contrario, per andare oltre il Pil, ritenuto, da molti, superato e fuorviante. Basti pensare, tanto per stare all’attualità, al Ponte di Genova, dove con gli interventi di emergenza per le vittime, i sostegni alle famiglie e lo sgombero, a breve, delle macerie, si è prodotto tanto Pil. E dove, oltre al Pil creato quando il vecchio ponte è stato costruito, con la ricostruzione se ne produrrà ancora altro.
Perché il Pil è anche questo e prescinde dal ben-essere reale che una società dovrebbe perseguire nei campi della salute, dell’ambiente, della qualità della vita, della sicurezza oltreché dell’istruzione e degli altri indicatori del benessere. Ma se nasce un Partito del Pil, potrebbe nascere anche un Partito del Bes? Vedremo.
I soggetti che si sono attivati sono mossi dai loro interessi particolari e più immediati, ed è la prima volta che si realizza una unità così ampia tra le varie componenti del mondo imprenditoriale, con mobilitazioni pubbliche e di piazza e con un manifesto programmatico che entra direttamente nel merito della manovra economica del governo. Al di là dei toni duri di Salvini per le telecamere, si tende ad instaurare un rapporto diretto con la forza di governo più organica.
Sono certamente determinanti due fattori. Al primo posto c’è una preoccupazione: mentre non siamo ancora tornati ai livelli pre-crisi 2008, si intravede un rallentamento per le contraddizioni della globalizzazione, decisive per un ritorno indietro verso una nuova e pericolosa forma di protezionismo.
Il secondo è che questo governo, dietro una apparente solidità dovuta al cemento del populismo e del potere, sta mostrando una grande fragilità e sta crescendo l’esigenza di cominciare a guardare al dopo. Anche perché in questi pochissimi mesi il panorama politico si è fortemente modificato.
La cronaca ci spinge a leggere le capacità comunicative di Salvini ed il suo evidente razzismo. Così come, nel corpo sociale, le tendenze xenofobe che albergano nella pancia della gente. Tutto vero, naturalmente, e preoccupante e da combattere. E tutto spiegabile anche in un contesto più ampio della sola Italia.
Ma non dobbiamo dimenticare che il nostro è un paese con una solida anima moderata e che le due anime, di centro destra e centro sinistra, sono sempre state in sostanziale equilibrio con una leggera prevalenza della destra. L’irruzione sulla scena politica del M5s con la bandiera del né sinistra né destra e l’affermazione elettorale della Lega hanno fatto perdere le coordinate di una lettura sociale dei comportamenti elettorali. Ed è facile semplificare sposando acriticamente la tesi che ormai tutto l’elettorato è diventato mobile e che tutto può accadere.
Ma, tra la vecchia lettura “di classe” che collocava gli elettori entro schemi rigidi e questa sbornia del superamento totale delle appartenenze, penso sarebbe ora di provare a fare una lettura più equilibrata ed articolata.
E’ vero che negli ultimi mesi la Lega ha fatto un balzo avanti mai registrato prima da nessun partito guadagnando ben 16 punti mentre il M5s ne ha persi 6. Ma da dove sono venuti quei voti e come si è modificata la composizione delle principali forze?
Certamente la Lega ha attratto l’elettorato di Forza Italia e quello che prima si era collocato, soprattutto nel Sud, nel M5s. In una stima condotta da un ricercatore del Cattaneo dopo le elezioni è emerso che mentre il 15% degli elettori che hanno votato M5s pensava di poter votare Lega, solo il 2% degli elettori della Lega pensava di poter votare M5s.
Se ne può dedurre, perciò, e naturalmente si tratta di grandi numeri e di tendenze, che l’elettorato di orientamento moderato sia in gran parte tornato nella sua area. Ed è per questo che se si dovesse tornare al voto oggi si stima che certamente vincerebbe il centro destra guidato da Salvini anche perché le altre forze sono lontanissime da una possibile convergenza.
Ma, se così fosse, significherebbe che l’elettorato del M5s ha perso a destra e, per differenza, nella sua composizione interna sarebbe aumentato il peso dell’elettorato proveniente da sinistra. Il che renderebbe ancora più forte la contraddizione tra questo dato strutturale e le scelte a trazione leghista.
In ogni caso siamo in presenza di una contraddizione clamorosa tra composizione del Parlamento e rapporti di forza reali nel paese che i sondaggi rilevano. Ci sono pochi dubbi, perciò, che dopo le Europee la Lega passerà all’incasso e che ci sarà una saldatura tra partito del Pil e Lega.
Abbiamo all’inizio formulato una domanda provocatoria: un partito del Bes alternativo al partito del Pil? Troppo schematica e prematura, così posta. Ma nella crisi del M5s che si annuncia e nella ristrutturazione del quadro politico che si prefigura cominciare a pensarci non sarebbe male. Anche perché lo stesso mondo imprenditoriale oggi egemonizzato dal vecchio padronato italiano è molto più articolato di quanto non sembri e tanti sanno che il futuro non sta nella difesa corporativa del vecchio capitalismo assistito.
Ma per rompere questo blocco serve che un nuovo modello di sviluppo si traduca in un programma organico e praticabile di manutenzione diffusa del territorio, di nuova agricoltura, di innovazione dei servizi e di una nuova economia digitale. Ed a livello politico serve mescolare le carte: oltre le vecchie formazioni partitiche che con i vecchi riti che si prolungano continuano a favorire la destra ed anche oltre quel che nuovo voleva essere, come il M5s, ma che dovrà uscire dall’ambiguità, aprire gli occhi e capire che il suo alleato non è né di sinistra né di destra, ma di destra e di quella peggiore.
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