All Blacks ko. L’Inghilterra in finale
Rugby Il XV della Rosa batte i campioni del mondo 19-7: dopo otto anni finisce lo strapotere dei neozelandesi. Domani la seconda semifinale tra Galles e Sudafrica.
Rugby Il XV della Rosa batte i campioni del mondo 19-7: dopo otto anni finisce lo strapotere dei neozelandesi. Domani la seconda semifinale tra Galles e Sudafrica.
Gli uomini in nero non conquisteranno la loro terza Coppa del mondo consecutiva. La perfetta macchina da guerra che da otto anni domina il pianeta ovale esce battuta dal terreno di gioco di Yokohama e interrompe così la sua straordinaria serie vincente. E’ una sconfitta netta, inappellabile, che non ammette contestazioni. Per tutti e ottanta i minuti di gioco gli All Blacks sono stati inferiori ai loro avversari, soffrendone l’aggressività e la miglior organizzazione in ogni fase di gioco del match. A dominare la partita è stato il pacchetto di mischia inglese che ha puntualmente messo in crisi i neozelandesi nei punti di incontro: 16 turnover vinti contro 5 è la cifra che più di ogni altra sancisce la superiorità del XV della Rosa. Mario Itoje, Tom Curry e Sam Underhill sono stati protagonisti assoluti per la presenza fisica e la quantità di placcaggi e palloni conquistati nei breakdown.
Diranno che Eddie Jones è un genio capace di qualsiasi impresa. Tecnico sopraffino e abile psicologo capace di instillare dubbi e seminare zizzania nei ranghi avversi stuzzicandoli nei giorni che precedono i match, ieri Jones ha stravinto la sfida a distanza con Steve Hansen. Cinquantanove anni, nato in Tasmania da padre australiano e madre giapponese, da giocatore Jones ha vissuto una carriera non particolarmente significativa. Da allenatore, invece, ha vinto ovunque. Quella di sabato prossimo sarà la sua terza finale mondiale dopo quella del 2003 alla guida dell’Australia e del 2007 da allenatore in seconda degli Springboks.
Come spesso capita ai favoriti, gli All Blacks avevano addosso tutta la pressione. I numeri uno del ranking mondiale erano loro. Sembravano perfetti, inattaccabili, pienamente in controllo delle loro partite, capaci di scriverne il copione e recitarlo a memoria fino al sipario finale. Alla domanda “Chi ha vinto?”, la risposta era sempre e comunque “Gli All Blacks, ovvio”.
Questa volta non è andata così. Dal primo secondo di gara, quando gli inglesi in maglia bianca si sono riversati nella metà campo avversaria e hanno preso a conquistare metri su metri, vincendo tutti gli impatti e andando regolarmente oltre la linea di difesa neozelandese, si è capito che il copione non era il solito. E dopo appena due minuti, con gli All Blacks asserragliati a ridosso dell’ultima tincea, è giunta la meta di Manu Tiulagi, lesto a trovare un pertugio tra le maglie avversarie. Farrell trasformava e l’Inghilterra era subito avanti 7-0.
Era uno splendido inizio che sembrava promettere una partita equilibrata: al vantaggio inglese non poteva mancare una immediata risposta dei tuttineri. Se non che la Nuova Zelanda non c’era e a occupare la scena erano le maglie bianche del XV della Rosa, guidate dagli avanti che vincevano tutti gli impatti, e da una cabina di regia (Ford e Youngs con l’aggiunta di Farrell) che muoveva palla da un lato all’altro senza dare punti di riferimento. Una pressione continua, un’aggressività che toglieva il fiato, una difesa arrembante che impediva ogni ragionamento alla mediana neozelandese. Tempo pochi minuti e gli All Blacks smarrivano il filo del loro gioco ed entravano in confusione. Si affidavano ai calci di spostamento di Mo’unga e Barrett ma puntualmente le maglie bianche riconquistavano palla e tornavano a bussare alla soglia dei 22 metri.
Al 25’c’era una nuova meta di Sam Underhill annullata da Nigel Owens per l’ostruzione di un giocatore inglese; un drop di George Ford finiva a lato al 32’, e allo scadere del tempo, dopo l’ennesimo pallone strappato in ruck da Underhill e un fallo della difesa neozelandese, Owen Farrell poteva calciare tra i pali la palla del 10 a 0. Per tutto i primi quaranta minuti di gioco gli All Blacks erano riusciti a giocare un paio di touches nei 22 metri avversari e nulla di più. Una cosa mai vista.
Steve Hansen cercava di correre ai ripari: fuori Scott Barrett e dentro Sam Cane per dare fosforo alla sua terza linea, ma il copione restava invariato: inglesi dominatori sui punti di incontro, palloni strappati e nuovi, incessanti attacchi. Al 42’ Elliot Daly mancava un calcio da oltre 50 metri, tre minuti dopo un’altra meta inglese (Ben Youngs) era annullata, questa volta per un tocco in avanti quasi impercettibile, e al 50’ l’ennesimo fallo della difesa neozelandese metteva Ford nelle condizioni di alzare il vantaggio sul punteggio di 13-0.
Owens era costretto a convocare il capitano Kieran Read per comunicargli che all’ennesimo placcaggio su un avversario senza palla avrebbe messo mano al cartellino giallo. Era il segno di un nervosismo crescente tra le fila degli All Blacks. La meta di Ardie Savea al 57’, frutto di una distrazione della touche inglese, portava la Nuova Zelanda sotto break (13-7) ma era soltanto un lampo nel buio della notte degli uomini in nero. A gestire il gioco continuava a essere il XV della Rosa che con altri due calci piazzati di Ford (62’ e 69’) si portavano sul 19-7, a distanza di sicurezza. In tribuna, Hansen era una maschera di gesso mentre nel box inglese il sorriso di Jones contagiava l’intero staff. Gli ultimi tre minuti del match vedevano Read e compagni con la palla in mano ma incapaci di avanzare di un metro. Per loro c’è la finalina per il terzo posto e altri quattro anni per ricostruire una nuova, invincibile macchina da guerra. Per il XV della Rosa è la quarta finale dopo quelle del 1991, 2003 e 2007.
Domani mattina (Raidue, 10.00) sapremo il nome della squadra che sabato prossimo a Tokyo sfiderà gli inglesi. Le quotazioni dei bookmakers sono tutte a favore del Sudafrica. Il Galles, che nei quarti a superato a fatica la Francia nonostante l’uomo in più per quasi un’ora di gioco, sembra un lontano parente della squadra che pochi mesi fa ha conquistato il grande slam al Sei Nazioni. Dovrà inoltre fare a meno di due dei suoi più forti giocatori: il terza linea Josh Navidi, fin qui il migliore, e l’estremo Liam Williams. Per la formazione di Gatland la sfida si annuncia tutta in salita: troverà di fronte a sé un Sudafrica fisicamente devastante ed estremamente determinato a raggiungere la sua terza finale mondiale. Le altre due (1995 e 2007) le ha vinte entrambe.
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