Economia

Alitalia, indagine per bancarotta. Vendita rinviata a fine anno

Alitalia, indagine per bancarotta. Vendita rinviata a fine annoLuca Cordero di Montezemolo, sotto indagine il suo periodo da ad di Alitalian – LaPresse

La compagnia di bandiera Iscritti nel registro della procura i tre ad della gestione Etihad: Montezemolo, Cassano e Ball. Sotto la lente un buco di 400 milioni di euro

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 31 maggio 2018

«Ho sempre operato con grandissima attenzione e senso di responsabilità». Si difende così Luca Cordero di Montezemolo, indagato per bancarotta fraudolenta nell’inchiesta della procura di Civitavecchia sull’insolvenza di Alitalia per oltre 400 milioni di euro. Con lui risultano iscritti sul registro dei pm altri due amministratori delegati della gestione Etihad, Silvano Cassano e Cramer Ball. Intanto il Senato ha approvato il decreto sulla proroga dei tempi di vendita e di rimborso del prestito per la compagnia di bandiera.

LA NOTIZIA È USCITA IERI su La Stampa: a far scattare l’inchiesta, spiega il quotidiano, sono state le relazioni dei liquidatori sulla condotta degli amministratori delegati fino al maggio 2017, quando venne avviato il commissariamento. Questa prima causa, intentata dai commissari, verteva sulla insolvenza di Alitalia, e dopo la relativa sentenza del tribunale di Civitavecchia la Guardia di Finanza ha proceduto a un nuovo filone di indagine.

Le fiamme gialle la settimana scorsa hanno raccolto e sequestrato migliaia di file e documenti negli uffici della compagnia: in particolare, riferisce La Stampa, sono stati scandagliati i numeri «dell’ultimo bilancio depositato che registra una perdita d’esercizio pari a 408 milioni di euro e un rapporto di 1 a 2 tra attivo circolante e debiti e la situazione patrimoniale aggiornata al 28 febbraio 2017 che riporta un patrimonio netto negativo di 111 milioni di euro. Perdite, solo nel periodo che va dall’1 gennaio 2017 al 28 febbraio 2017, per 205 milioni di euro e un rapporto di 2 a 5 tra attività e passività correnti, evidenziando il perdurare di una situazione di oggettiva impotenza economica di natura non transitoria». Secondo investigatori e inquirenti, i tre ad indagati avrebbero avuto responsabilità nell’ipotesi di una bancarotta fraudolenta per Alitalia.

IL PROVVEDIMENTO approvato ieri in Senato sposta al 31 ottobre il termine per la procedura di cessione di Alitalia e al 15 dicembre 2018 la durata del finanziamento di complessivi 900 milioni di euro erogato alla stessa compagnia. La misura prevede, inoltre, che i commissari straordinari inviino alle Camere ogni sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge una relazione sulla situazione economica e finanziaria dell’impresa nell’ambito della procedura di vendita, con dati riferiti a contratti di fornitura, andamento dei crediti commerciali, consistenza della forza lavoro, raggiungimento degli obiettivi previsti nel programma di cessione.

Approvati, tra gli altri, due ordini del giorno di Leu: il primo, spiega Loredana De Petris, «impegna il governo a far entrare lo Stato Italiano direttamente, o tramite sue società controllate, nel capitale dell’azienda per una quota minima del 25%». «Il secondo – prosegue – impegna il governo a richiedere ai commissari una relazione esaustiva sulle azioni degli amministratori, che consenta di accertare realmente le ragioni dello stato attuale di Alitalia per la conseguente azione di responsabilità».

SULL’ISCRIZIONE DEI manager nel registro degli indagati, si è espresso l’Usb: «Solo noi e pochi altri durante la vertenza – afferma il sindacato – abbiamo denunciato pubblicamente che il disastro dei conti non poteva essere causato da problemi industriali bensì dalle scelte completamente errate del management, con evidenze di sperperi e costi ben superiori alla media del settore».

«Non eravamo dei folli allora, opponendoci all’ennesimo taglio di occupazione e salari, non lo siamo oggi chiedendo di assicurare il rilancio tramite l’intervento pubblico, perché il problema di Alitalia non è mai stato il costo del lavoro», aggiunge l’Usb. Il sindacato ricorda «quanto accaduto per il fallimento del 2008, pagato con il licenziamento di migliaia di lavoratori e la ristrutturazione dei contratti per i superstiti, fallimento che 7 anni dopo portò alla condanna di Mengozzi e Cimoli per dissipazione del patrimonio aziendale».

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