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Alitalia decolla grazie a Dubai

Alitalia decolla grazie a DubaiL’ad di alitalia Gabriele Del Torchio, accanto al ceo di Etihad James Hogan, mostra la firma dell’accordo – Reuters

Firmato l’accordo, Etihad ha il 49% con 390 milioni di euro. E annuncia investimenti per 1,7 miliardi fino al 2017. In attesa dell’Antitrust e dell’approvazione dell’Unione europea. Lasciati a terra altri 1.600 lavoratori Cai.

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 9 agosto 2014

Con meno di 390 milioni di euro Etihad si prende il 49% della futura Alitalia. Ma James Hogan, dopo la firma dell’accordo, fa subito sapere che l’investimento complessivo fino a tutto il 2017 sarà ben più alto e calcolato al momento in 1.758 milioni.

«Alitalia è adatta ad essere nostro partner – tira le somme l’amministratore delegato della compagnia degli Emirati Arabi Uniti – ma dal punto di vista finanziario non funziona bene. Noi abbiamo un piano triennale per tornare alla redditività». Una strategia “intercontinentale” che gli addetti ai lavori, compresi i sindacati confederali e di base, giudicano al passo con l’evoluzione del trasporto aereo. L’opposto di quanto fatto nei sei anni di vita di Alitalia-Cai dai cosiddetti “patrioti”, riusciti nell’impresa di perdere circa due miliardi di euro. Dopo aver avuto in dono nel 2008 dal governo Berlusconi una compagnia senza debiti e senza settemila lavoratori, pari a quattro miliardi di euro scaricati sulla collettività.

Per capire come si possa sbagliare anche nelle piccole cose, basta pensare al farneticante allarme lanciato – a 24 ore dalla firma con Etihad – dal management di Cai, relativo al presunto invio di certificati medici da parte del personale di terra per assentarsi dal lavoro e bloccare i bagagli dei vacanzieri. Una notizia totalmente infondata, di fronte alla quale Susanna Camusso ha osservato: «Credo che l’azienda Cai in questi giorni abbia fatto cose assolutamente sbagliate, che sembrano finalizzate a non avere l’accordo. Compreso annunciare comportamenti di massa dei lavoratori che poi non si sono determinati».

Del tutto diversa era stata la protesta di inizio settimana dei lavoratori di terra che saranno falcidiati dall’intesa fra Alitalia Cai ed Etihad – quasi 1.600 saranno licenziati – e che avevano semplicemente rispettato alla lettera il loro contratto di lavoro, senza straordinari e senza accollarsi compiti non dovuti. Con risultati finiti sotto gli occhi di tutti, e sommo scandalo di chi non ha invece battuto ciglio di fronte all’ennesimo round di «esuberi strutturali»: ben 2.251 mobilità, di cui solo 616 potrebbero rientrare nel «perimetro aziendale» della nuova Alitalia-Etihad.

Ai 387,5 milioni spesi da Etihad per assicurarsi il 49% della nuova compagnia ne vanno aggiunti 112,5 per una quota del 75% del programma Millemiglia, e 60 per cinque coppie di slot nell’aeroporto londinese di Heathrow. In totale fa 560 milioni, primo passo di una serie di investimenti che porteranno Abu Dhabi nel cuore del vecchio continente.

Fiumicino diventerà la base per indirizzare verso le Americhe i passeggeri in arrivo dall’Asia attraverso l’emirato. Al tempo stesso i viaggi da Roma verso l’Oriente faranno spesso tappa in casa Etihad, che dopo una serie di furbe acquisizioni al 49% di piccole compagnie (Air Berlin, Air Serbia, la svizzera Darwin), completa con la più grande Alitalia una strategia di penetrazione in Europa che fa gran paura alle storiche compagnie continentali, da British Airways a Lufthansa.

Proprio su questo fronte, viste le proteste di inglesi e tedeschi che hanno già bussato a Bruxelles denunciando un aggiramento delle complesse regole del trasporto aereo, il ministro Maurizio Lupi anche ieri ha cercato di rassicurare: «Per quanto riguarda l’Antitrust e l’approvazione dell’Unione europea, il governo è stato attento a seguire tutte le indicazioni: non ci sono stati aiuti di Stato, non solo il possesso ma anche il controllo resta in mano italiana».

In autunno l’Ue darà il suo giudizio. E solo allora, in caso di via libera, l’accordo di oggi diventerà un’intesa a tutti gli effetti. Con gran sollievo degli attuali grandi azionisti di Alitalia Cai – i piccoli escono uno dopo l’altro, visti i continui aumenti di capitale a fondo perduto – che possono finalmente vedere la luce in fondo al tunnel.

Intanto si ricapitalizza per l’ennesima volta, da Intesa San Paolo (88 milioni) a Unicredit (65 milioni) fino ad Atlantia della famiglia Benetton (55 milioni). Mentre Poste Italiane mette 75 milioni ma solo per il futuro, dopo averne spesi altri 75, pubblici, soltanto sei mesi fa nel pozzo senza fondo di Alitalia-Cai.

Nel mentre anche la Uilt e i piloti e assistenti di volo hanno firmato il contratto nazionale del trasporto aereo e l’intesa sul costo del lavoro in Alitalia Cai (31 milioni di risparmi), ottenendo di veder decurtati i loro stipendi in un lasso di tempo maggiore rispetto al previsto.

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