Quando «Guarda-la-Luna» vide il monolito nero ebbe un’illuminazione. Era l’alba di una nuova era, quella di ominidi che iniziarono a prendere il sopravvento a un passo dall’estinzione. Non un dio, bensì un’imperscrutabile entità aliena segnò la svolta, indicò la strada verso l’emancipazione, il sangue, la paura, la sopraffazione. Così inizia quel capolavoro letterario e cinematografico che tutti conosciamo col titolo 2001: odissea nello spazio.
Il film di Stanley Kubrick e il libro di Arthur C. Clarke uscirono nel 1968. Un anno prima, idealmente, ha inizio la lunga trama della Memoria del passato della Terra, la trilogia pubblicata tra il 2008 e il 2010 da Liu Cixin e formata dai romanzi: Il problema dei tre corpi, La materia del cosmo, Nella quarta dimensione. È passato molto tempo dall’epoca preistorica di «Guarda-la-Luna». La specie umana domina sui propri simili, sulla natura, sugli animali, cercando di assoggettare il plurale a una dogmatica visione singolare. Che si tratti della rivoluzione culturale in Cina o del capitalismo estremo in Occidente, il mondo appare come una foresta oscura.

È POSSIBILE che un’altra entità aliena scombini le regole del gioco? Che conduca il mondo fuori dall’orbita umana? E se pure l’universo si rivelasse come una paurosa foresta oscura? Non si finirebbe per sostituire morte con altra morte?
Sono tante le domande poste nell’opera del sessantunenne scrittore cinese. Etica, politica, sociologia, fisica, astronomia, tutto è parte di una storia collettiva e individuale, perché nei tre volumi vi è un continuo rimando tra le sorti di un intero pianeta e quelle di singoli personaggi che si trovano a scontrarsi con qualcosa di enorme, di sproporzionato rispetto a una semplice traiettoria esistenziale. Da qualche giorno, Netflix ha rilasciato gli otto episodi de Il problema dei 3 corpi. Una prima stagione che riprende liberamente le pagine del libro omonimo, con l’aggiunta di un paio di vicende tratte dal secondo e dal terzo libro. David Benioff, D. B. Weiss e Alexander Woo hanno seguito alcune delle linee narrative operando, però, dei cambiamenti importanti. Innanzitutto a mutare è l’ambientazione.

NON PIÙ LA CINA degli anni Sessanta e dei tempi nostri, ma l’Inghilterra e, soprattutto, Londra. E poi i protagonisti, tutti amici (nella trilogia i personaggi sono distanti e spesso non si conoscono), rigorosamente divisi per sesso, ceto ed etnia. Il confronto tra la pagina scritta e l’immagine in movimento è inevitabile. E i creatori della serie con le loro opinabili scelte non hanno aiutato a rendere ozioso l’argomento. Da una scrittura ricca di attese, di dilemmi, di complesse formule scientifiche, più in generale, di asperità che non sposano la causa del puro intrattenimento, si è precipitati in una visione di highlight. Scienziati che si suicidano, tecnologie che impazziscono, numeri che appaiono da non si sa dove, uno straordinario videogioco, un contatto con gli alieni, elementi disposti in rapida successione che attutiscono la potenza narrativa dell’originale.

ENTRARE ulteriormente nel dettaglio significherebbe rivelare prematuramente gli eventi dei libri così come della serie. Di certo, come accade anche in Dune, autori come Frank Herbert e Liu Cixin, pensando a un pianeta in fiamme sull’orlo del baratro, hanno individuato nella fantascienza un genere per ripensare il mondo, per cogliere i lati oscuri di un’umanità persa in quell’effimera quanto terrificante volontà di potenza. Disperazione e speranza sono attimi essenziali di una e più esistenze, non espedienti a uso e consumo di un logaritmo o di un roboante spettacolo.