«La tratta di esseri umani deve avere termine, bisogna rafforzare una rete di collaborazione con i principali Paesi d’origine dei flussi migratori». Mette le mani avanti il ministro degli Interni Angelino Alfano, preoccupato soprattutto dalla possibile rispresa di sbarchi in massa lungo le coste italiane. In questi giorni, infatti, si è registrata un incremento degli arrivi: quasi 500 sbarchi, mentre 7.800 sarebbero quelli stimati nel primo semestre del 2013 dall’Agenzia dell’Onu per i rifugiati. E la situazione (con i centri di accoglienza al collasso) è destinata a farsi ancora più critica, di pari passo con gli sviluppi della situazione in Nordafrica e in Siria. Chi può scappa. Alcuni arrivano a destinazione, altri no.
Sono arrivati sani e salvi, ad esempio, 102 migranti proprio di nazionalità siriana (tutti destinati al Cara di S. Anna di Isola di Capo Rizzuto) che ieri mattina sono sbarcati in Calabria a bordo di un peschereccio dopo essere stati intercettati nella notte tra sabato e domenica al largo delle coste ioniche calabresi.
Non ce l’hanno fatta, invece, 31 africani, vittime dell’ennesima tragedia dell’emigrazione (la terza di quest’anno) che si è consumata tre giorni fa nel canale di Sicilia e che è costata la vita a 31 persone, annegate durante la traversata di 3 giorni a bordo di un gommone partito dalla Libia. Delle 53 persone salpate alla volta dell’Italia, solo 22 sono sopravvissute, riuscendo a raccontare una storia già sentita troppe volte: l’attesa di mesi in territorio libico, poi l’imbarco su un gommone angusto, la disperazione, la sete, i pianti, fino a che due navi mercantili – dirottate sul posto dalla nostra Guardia costiera- hanno iniziato a raccogliere a bordo i migranti stremati ma ancora vivi, subito identificati dopo essere sbarcati, sabato, al molo di Favaloro. Gli altri (tra di loro 9 donne un neonato) restano un numero che va ad ingrossare il vergognoso elenco delle morti legate all’immigrazione – più di 6000 – avvenute in questo tratto di mare. Per i 22 superstiti (di Senegal Nigeria, Benin e Gambia), si aprono ora le porte del centro di accoglienza, che però di accogliente ha solo il nome: la struttura è straripante e, pur avendo una capienza massima di trecento persone, ospita mille migranti stipati in condizioni inaccettabili, soprattutto per bambini e donne. Alcune di loro, ospitate nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo politico e rifugiati di Modica, hanno protestato venerdì sera bloccando le strade del paese per chiedere che venissero serviti pasti in orari conformi al Ramadan. La situazione è critica e lo spostamento di cento profughi da Lampedusa, disposto domenica da Alfano, serve evidentemente a poco. L’emergenza immigrati rischia adesso di aggravarsi a causa delle scarse risorse economiche che il governo può disporre per finanziare i Cie.