Editoriale

Alfano e la politica di Ponzio Pilato

Immigrazione Il ministro degli interni italiano chiede di esternalizzare la politica d’asilo

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 21 marzo 2015

Lo scorso 12 marzo, a Bruxelles, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano ha incontrato il commissario europeo all’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, e i ministri suoi omologhi di Spagna, Francia e Germania. La proposta di Alfano, rigorosamente riservata, è riassunta in un non paper, un documento confidenziale che prospetta una cooperazione dell’Ue con i Paesi terzi ritenuti “affidabili” (Egitto e Tunisia in prima linea), per garantire la “sorveglianza marittima” del Mediterraneo, le future operazioni di search and rescue, e l’auspicato rimpatrio nei paesi di origine.

Quel che chiede, in sostanza, è l’esternalizzazione della politica di asilo dell’Unione europea, e delle responsabilità che le spettano. Si tratta di una legalizzazione concordata, e surrettizia, di respingimenti collettivi proibiti sia dalla Carta europea dei diritti fondamentali, sia dalla Convenzione di Ginevra. Il non paper conferma l’assenza di qualsivoglia strategia politica verso la Libia, e vanta improbabili strategie di deterrenza verso l’aumento dei flussi migratori in Europa.
Sono anni che accordi bilaterali e confidenziali di cooperazione di polizia cercano di delegare la gestione dei flussi migratori a paesi terzi dalle dubbie credenziali democratiche (Egitto, Eritrea, Sudan), eludendo il diritto internazionale del mare e la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. L’Italia ha già ricevuto due condanne dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo per violazione delle norme che vincolano gli Stati membri a rispettare il divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti (art. 3), il diritto a un ricorso effettivo (art.13), e il divieto di respingimenti collettivi (art. 4-IV Protocollo Cedu).

Il governo italiano ha riattivato tale politica tramite il cosiddetto “processo di Khartoum”, inaugurato nel semestre di presidenza del Consiglio dei ministri europeo. Lo scopo ricercato, oltre che potenzialmente lesivo di diritti fondamentali, è un totale controsenso: nel tentativo di impedire che persone in fuga da guerre e dittature arrivino in Europa, si negozia con Stati che portano la maggior responsabilità dell’incremento dei flussi migratori, e addirittura vien loro domandato di istituire campi profughi sul loro territorio. Le recenti dichiarazioni del commissario Avramopoulos, esplicitamente favorevole alla “cooperazione con le dittature”, vanno in questa direzione.
Finora l’esperienza di campi di raccolta per profughi in Africa si è rivelata fallimentare: abbandoni nel deserto, carcerazioni, trasferimenti estremamente ridotti verso l’Europa.

Nel suo non paper, il ministro Alfano non si limita a elogiare la fallimentare operazione Triton. Adombra anche una collaborazione inesistente con l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) e con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). In una lettera ad Avramopoulos, l’Unhcr ha fatto sapere di non aver mai approvato la proposta italiana.
L’Alto Commissario dell’Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, propone ben altre politiche: la restaurazione dell’operazione Mare nostrum e la sua europeizzazione (da me chiesta nell’ultima Plenaria del Parlamento europeo), un riequilibrio tra Stati membri dell’Unione delle politiche di reinsediamento dei richiedenti asilo, un progetto pilota per il trasferimento in diversi paesi europei dei rifugiati siriani soccorsi in mare in Grecia e in Italia.

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