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Alfabeto Horror a Torino

Alfabeto Horror a Torino

TFF Rassegna di film di genere tra gli anni '20 e '60, con rarità e qualche sorpresa

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 23 novembre 2019

Il Torino Film Festival dedica la retrospettiva 2019, curata dalla direttrice Emanuela Martini, all’horror d’autore tra gli anni ’20 e ’60 del Novecento. Trentacinque i film in cartellone. Il titolo, Si può fare!, omaggia il Frankenstein Junior di Mel Brooks. La rassegna è anche un vocabolario per immagini dei principali “sinonimi” di horror, tutt’ora largamente usati nella narrazione cinematografica di genere, e dei loro inventori.

AMICUS PRODUCTION
Fondata in Inghilterra nel 1960 da Milton Subotsky e Max Rosenberg, fu acerrima concorrente dei colossi Hammer e Universal nella produzione di horror. Caratteristica distintiva della Amicus i film a episodi, di cui il TFF presenta il primo, Dr. Terror’s house of horrors, Freddie Francis, 1965. Titoli successivi Il giardino delle torture, 1967; La casa che grondava sangue, 1971; Racconti dalla tomba e La morte dietro il cancello, 1972.

BADANTI E BABYSITTER
Se una materna signora o una graziosa ragazza bussano alla porta per accudire un adulto o un pargolo, aspettatevi sempre terrificanti sorprese. Vittime o carnefici, le badanti e le babysitter sono sinonimo eccellente di horror. The innocents di Jack Clayton, 1961, è tratto da Il giro di vite di Henry James. Due piccoli orfani, miss Giddens chiamata dallo zio ad accudirli, una casa di campagna, strane presenze e sinistri rumori…

BAMBOLE
Anche qui le apparenze non contano. Si può fare! propone The devil doll di Tod Browning, 1936, che ha aperto la strada, citando alcuni esempi, al bambolotto Tipo Bello di La bambola assassina di Tom Holland, 1987; al ventriloquo Billy di L’enigmista, 2004, a quelli dell’omicida Mary Shaw in Dead Silence, 2007.

BARBARA STEELE
L’attrice britannica, volto della locandina del festival, riceverà il Gran Premio Torino 2019. La sua carriera di diva dell’horror inizia con Maria Bava e La maschera dell’odio, 1960. Un anno dopo, Roger Corman la chiama sul set di Il pozzo e il pendolo, presentato nella retrospettiva insieme a L’orribile segreto del Dottor Hichcock, di Riccardo Freda, 1962. Nel 1964 Antonio Margheriti la vuole per Danza macabra e I lunghi capelli della morte; David Cronenberg e Joe Dante per Il demone sotto la pelle, 1975, e Piranha, 1978.

MARIO BAVA
Maestro dell’horror gotico, di Mario Bava (1914 – 1980), sono stati scelti due film. Quello di esordio, La maschera della paura, 1960, è storia di vampiri, streghe, morti inquieti, ambientata nelle campagne russe; Operazione paura, 1966, rivela la straordinaria capacità di Bava di supplire ai problemi di budget con la forza delle immagini e dei colori. Portano il suo sigillo La ragazza che sapeva troppo, 1962; I tre volti della paura, 1963.

CASE
Sono lo spunto narrativo più amato da sceneggiatori e registi horror. La retrospettiva lo richiama con The haunting di Robert Wise, 1963, e Rosemary’s Baby di Roman Polanski, 1968. Nel gioco delle stanze, muri bizzarri e porte nascoste, fantasmi e diavoli, suoni e cantilene indecifrabili. Per approfondire: La casa delle finestre che ridono e L’inquilino del terzo piano, 1976; Amityville Horror, 1979; La casa, 1981; Poltergeist, 1982; The others, 2001. Da non perdere su Netflix l’iraniano L’ombra della paura, 2016.

DRACULA
Il conte dai lunghi canini è al TFF con Nosferatu di F.W. Murnau, 1922, e Dracula il vampiro di Terence Fisher, 1958. Il film di Fisher fu il primo degli otto Dracula interpretati da Christophe Lee per la Hammer dal 1958 al 1973, in cima a tutti Il conte Dracula. La Universal, dal 1931 al 1945, rispose con Dracula, La figlia di Dracula, Il Figlio di Dracula, La casa degli orrori. Ci risero su Per favore non mordermi sul collo, di Roman Polanski (1967), e Dracula morto e contento, (Mel Brooks, 1995).

FRANKENSTEIN
Quattro i film di Frankenstein prodotti dalla Universal, di cui due al festival, regia di James Whale: Frankenstein, 1931, e Bride of Frankenstein, 1935, pietra miliare dell’horror. La Hammer mise in campo Terence Fisher alla regia e Peter Cushing sulla scena per cinque film. Presenti alla rassegna The curse of Frankenstein, 1957, e The revenge of Frankenstein, 1958.

RICCARDO FREDA
Freda (1909 – 2009) firmò una cinquantina di film, quattro gli horror: I vampiri, 1956; Caltiki, il mostro immortale, 1959; Lo spettro, 1963. L’orribile segreto del dottor Hichcock è inchino a Hitchcock nel titolo e, in versione macabra, allusione a Rebecca.

JEKYLL & HYDE
Torino è occasione per godersi un bravissimo Spencer Tracy double face in Dr. Jekyll and Mr. Hyde, di Victor Fleming, 1941, affiancato da Lana Turner e Ingrid Bergman. Altrettanto “goloso” il secondo film, Dr. Jekyll and Sister Hyde, di Roy W. Baker, 1971, variante transgender del copione classico. Il cinema si è interessato al romanzo di Robert L. Stevenson fin dalle sue origini: all’epoca del Muto furono girate decine di versioni. Il primo a realizzarne una versione sonora, nel 1931, fu il regista armeno Rouben Mamoulian.

MUMMIE
Spetta alla Universal il merito di aver inaugurato la stagione dell’horror egizio con The mummy, 1932, splendido bianco e nero dove Karl Freund dirige Boris Karloff nelle bende del sacerdote Imhotep. La Hammer ribattè brillantemente grazie a The mummy di Therence Fisher. Al TFF vedrete il film di Freund.

SCIENZIATI PAZZI
Quando confini tra scienza e follia si annullano, superando ogni limite. Succede in Das cabinet des dr. Caligari di Robert Wiene, 1920; Island of lost souls, di Erle C. Kenton, 1932; The body snatcher, di Robert Wise, 1945; The tingler, di William Castle 1959; Les yeux sans visage, di Georges Franju, 1960, imperdibile; The sorcerers, di Michael Reeves, 1967, Boris Karloff stregone nella Londra dei Sixties.

STRANE CREATURE
Sono una moltitudine, alcune costrette dal successo a divenire seriali. Nove illustri rappresentanti passeranno sullo schermo festivaliero. Segnaliamo le rarità: The black cat, di Edgar G. Ulmer, 1934; The curse of the werewolf, di Terence Fisher, 1961; Onibaba, di Kaneto Shindo, 1964, e soprattutto Toby Dammit di Federico Fellini, 1968, 43 minuti da un racconto di Edgard Allan Poe. Su Amazon è reperibile la trilogia di Human Centipode, di Tom Six, 2009. Di trama non propriamente delicata, ha vinto numerosi premi internazionali.

ZOMBIE
Ultimi in questo alfabeto, primi per quantità di titoli: 125 a partire da L’isola degli zombie, di Victor Halperin, 1932. Nel cartellone sabaudo I walked with a zombie, di Jacques Tourneur, 1943, e The plague of the zombies, di John Gilling, 1966, in Italia La lunga notte dell’orrore. Su Netflix gli zombie tutti da ridere: L’alba dei morti dementi, 2004, e Benvenuti a Zombieland, 2009 (di cui è appena uscito nelle sale il sequel), entrambi di Edgar Wright.

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