Visioni

Alexander Hawkins, il gusto eclettico del folletto del jazz

Alexander Hawkins, il gusto eclettico del folletto del jazzAlexander Hawkins

Note sparse Si intitola «Togetherness Music» il nuovo lavoro del pianista e compositore britannico

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 9 giugno 2021

Lo si è conosciuto e amato come un folletto del pianoforte. In solo, sfoggiando prelibatezze avantgarde e sontuosità post-romantiche. Poi in tante combinazioni, dal duo in su, nei festival tipo Ai confini tra Sardegna e jazz. Comunicativo, eclettico ma con gusto sicuro. Mancava la sua definitiva consacrazione, dopo Unit(e) del 2017, come compositore e leader in un’impresa di musica d’assieme. Ora c’è. Alexander Hawkins con Togetherness Music (Intakt Records) si muove lungo il confine sempre instabile, ormai sfumato, forse cancellato, tra jazz di punta e scrittura «dotta». La scrittura è magari istantanea, gli spazi per l’improvvisazione ci sono. Ma la concezione dei sei brani che formano l’album è «orchestrale».
Hawkins ha precedenti importanti. Dalle immense conduction di Butch Morris all’Electric-Acoustic Ensemble di Evan Parker (ospite principale in questo disco), dagli ensemble larghi di Nicole Mitchell e di Roscoe Mitchell fino alla produzione per orchestra della nuova stella di questo cielo, Ingrid Laubrock.

ORA ENTRA in gioco lui e lascia il segno. L’organico che utilizza è di sedici musicisti e otto suonano strumenti ad arco: i due violini, la viola, il violoncello, il contrabbasso del Riot Ensemble, che ha un ruolo proprio, più una viola, un violoncello e un contrabbasso nel gruppo messo assieme da Hawkins con Aaron Holloway-Nahum come direttore del tutto. Il fattore timbro conta parecchio. Gli archi danno un sapore che difficilmente si trova in lavori di matrice avant-jazz: esaltano le dissoluzioni del suono, le tecniche microtonali, gli accenti sul divenire, sul perdere corpo dei suoni per acquisire un altro corpo, più aperto al desiderio e forse oltre il desiderio.

E PERÒ è importante notare che questa matrice si sente, che la natura di «nuova musica» senza specificazioni ulteriori di questi sei brani non annulla la pronuncia jazzistica.
Ensemble Equals Together e Ecstatic Baobabs sono i manifesti della raccolta. Nel primo le trasparenze dell’apertura portano alle sortite terrose-astrali di Parker e a una miracolosa proliferazione di suoni dell’orchestra. Il secondo è tutto degli archi, dei loro suoni «d’aria», e dell’elettronica. Ma l’inoltrarsi (il no hay caminos, hay que caminar di Nono) è l’estasi del pensiero, dell’attivazione di infiniti sensi. La maestria della scrittura d’assieme, scrittura del qui e ora follemente meditata, è grande.

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