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Aleppo, al via un nuovo fragile cessate il fuoco

Aleppo, al via un nuovo fragile cessate il fuocoAleppo

Siria Poche ore prima dell'annuncio, in città sono avvenuti combattimenti violenti tra jihadisti e forze governative. Dal 22 aprile almeno 280 civili uccisi. Per gli Usa e i governi europei la "colpa" è solo di Bashar Assad che, dicono, deve farsi subito da parte

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 5 maggio 2016

Si attendeva ieri sera l’annuncio ufficiale del nuovo accordo di cessate il fuoco ad Aleppo, mediato da Usa e Russia, mentre l’inviato dell’Onu Staffan De Mistura avvertiva che «Se non ci sarà una tregua 400 mila rifugiati potrebbero dirigersi verso la Turchia». Sono state fonti americane a comunicare la nuova intesa mentre in città si continuava a combattere e a morire dopo una notte di scontri violenti, conseguenza dell’offensiva lanciata dai gruppi jihadisti (qualcuno li chiama “ribelli”) che sono riusciti a penetrare, pare grazie a una galleria sotterranea e un intenso lancio di razzi, nella zona ovest della città controllata dalle forze governative. Solo dopo diverse ore, alle prime luci del giorno, l’esercito è riuscito a respingere l’assalto che ha fatto un numero imprecisato di morti e feriti su entrambi i lati. Sono stati gli scontri più violenti ad Aleppo dell’ultimo anno, accompagnati da pesanti bombardamenti aerei governativi sulle postazioni avversarie e dai colpi di armi pesanti sparati dai jihadisti verso la zona ovest della città. Ad Aleppo dal 22 aprile sono morti almeno 280 civili. Ieri si combatteva anche a Ghouta, a Est di Damasco.

Anche i “ribelli” hanno enormi responsabilità nel fallimento del cessate il fuoco proclamato a fine febbraio. Eppure per la Francia e gli Stati Uniti le colpe vanno attribuite solo a Damasco. I crimini verrebbero commessi solo da una parte. Poco contano le testimonianze di chi vive nell’inferno della guerra. Padre Ibrahim al Sabbagh, un francescano, ha raccontato ad AsiaNews le ultime ore nella parte di Aleppo controllata dal governo. «Missili e razzi lanciati dalla zona sotto il controllo dei ribelli hanno colpito l’ospedale di Dabbi’t, centrando il reparto di ostetricia e uccidendo 17 bambini, oltre che donne e uomini…In precedenza avevano lanciato missili sulle università, in particolare quella statale». «Nella strada che porta all’università» ha proseguito il sacerdote, «è stato abbattuto un edificio e al momento non si conosce il numero di vittime o feriti». Intanto la Russia sostiene che la notizia del bombardamento aereo lo scorso 27 aprile dell’ospedale al Quds di Aleppo sarebbe falsa. Il portavoce del ministero della difesa di Mosca ieri ha mostrato due foto della struttura, una del 29 aprile di quest’anno e l’altra del 15 ottobre 2015. In entrambe le immagini l’ospedale gestito da Medici senza Frontiere avrebbe gli stessi danni. Secondo il portavoce russo ciò dimostrerebbe che va avanti la «campagna mediatica per screditare il processo di pace in Siria».

Intanto il Segretario di stato americano John Kerry ha avvertito il presidente siriano Assad che ci saranno «ripercussioni» non meglio precisate se Damasco si farà beffe dell’ accordo per il cessate il fuoco ad Aleppo. Poi ha lanciato una sorta di ultimatum: entro agosto Russia e Iran devono avviare la “transizione” in Siria. In poche parole devono convincere il loro alleato Assad a farsi da parte e a rinunciare a qualsiasi ruolo nel futuro del Paese. A Kerry non importa che diversi milioni di siriani restano schierati dalla parte del presidente che, tra le altre cose, ritengono l’unico in grado di proteggerli dai jihadisti dell’Isis (tornati all’offensiva in diverse aree), dai qaedisti di al Nusra e dai salafiti radicali di Ahrar al Sham, gruppi destinati a prendere il controllo e a spartirsi la Siria quando sarà realizzata la “transizione” che tanto invocano i governi occidentali e i loro alleati arabi. L’opposizione “laica” e ciò che resta della sua milizia, l’Esercito libero siriano, non contano nulla sul terreno, lo sanno anche le pietre.

Parigi, che ha chiesto la convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ha annunciato che la prossima settimana ospiterà i colloqui con i ministri degli esteri dell’Arabia saudita, Qatar, Turchia e Emirati, tutti nemici di Damasco e, notoriamente, tutti “sinceri sostenitori” della democrazia e della riforme. Due giorni fa nella democratica Turchia, che si prepara a raccogliere i frutti sostanziosi degli accordi con l’Ue sui migranti e per la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi nell’area Schengen, si è aperto il processo a Murat Belge, editorialista del quotidiano Taraf e decano degli intellettuali turchi, accusato di aver offeso il presidente Erdogan. In un altro processo il procuratore Evliya Caliskan ha chiesto 31 anni di carcere per Cam Dundar e 10 anni per Erdem Gul, entrambi del giornale Cumhuriyet, che lo scorso anno avevano pubblicato le immagini di autocarri dell’intelligence turca che portavano armi ai jihadisti in Siria. In precedenza per i due giornalisti era stata chiesta la pena dell’ergastolo per alto tradimento.

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