Aldo Masullo, cura ed esperienza del cambiamento
Aldo Masullo un grande filosofo italiano, scomparso tre anni fa, è stato una delle più grandi voci critiche di Napoli. Ha contribuito come pochi allo sviluppo della cultura civile dei suoi concittadini.
Pensatore originale, attentamente estraneo al “main stream”, ha guardato la realtà in cui viviamo da prospettive insolite, mai banali. Ha servito il paese come senatore, eletto nelle liste del Pci come indipendente. La sua passione politica ha convissuto con l’amore per la contemplazione filosofica del mondo.
È stato un grande maestro della cura dello spazio della convivenza comune, del prendere cura di sé e degli altri. Nell’ambito delle celebrazioni del centenario dalla sua nascita il Comune di Napoli e la Società Psicoanalitica Italiana hanno organizzato ieri un dibattito sul rapporto tra il pensiero di Aldo Masullo e la cura psichica.
Ne “Il Tempo e la Grazia” Masullo distingue tra l’esperienza intesa come «attraversamento» e l’esperienza intesa come «senso vissuto». Nel primo caso si attraversa una «prova» e si può sedimentarla in uno stabile giudizio su ciò che è stato provato. Siamo nel campo del «semantico». Nel secondo caso l’esperienza è patire: «soffrire», provare, sperimentare una trasformazione. Siamo ne campo del «patico», dell’affettivo.
Tra l’esperienza che produce una rappresentazione, una significazione a posteriori di ciò che è stato vissuto, introducendo una cronologia, e il vissuto che è senso in se stesso (un «significato» senza codici conoscitivi, un conoscere che non è rappresentare, concepire ma vissuto puro che esperisce il mondo), Masullo colloca la vita sul versante di quest’ultimo:
«Ma la vita smembrata in una successione cronologica di momenti isolati non è più vita così come un racconto cinematografico risolto nella molteplicità dei fotogrammi che formano la pellicola non è più né cinema né racconto. La vita non come sequenza di posizioni spaziali sostituentisi le une alle altre “nel tempo”, ma appunto come vita vissuta non è nel tempo, non è una sequenza cronologica, bensì è “il” tempo».
Il filosofo napoletano si discosta dalla prospettiva di Binswanger che divide il fenomeno della vita in tre momenti in successione tra di loro: «andar d’accordo con il mondo», «cambiamento repentino», «sentir mancare il terreno sotto i piedi».
Andando contro il senso comune mette sì al centro il «cambiamento repentino», ma togliendolo dalla sua concezione come un «medio» (sia «mezzo» sia «intermedio») tra il primo momento e l’ultimo. La vita non è nel tempo, nella successione cronologica di fatti o stati d’animo. La vita è il tempo vissuto: un tempo continuo che scorre, ma non passa. Si potrebbe dire che la vita è nel «tempo inattuale» (l’unico in cui secondo Agamben possiamo davvero dirci «contemporanei»): essere insieme nel passato e nel presente, convivere con le implicazioni del futuro già germogliate nella nostra esperienza.
Masullo fa del cambiamento repentino, della trasformazione allo stato puro, colta nel nostro vissuto (Erlebnis) senza il suo prima e il suo dopo, senza le sue premesse e le sue conseguenze, un mezzo che è insieme fine.
Non rinnega la storia, né l’apprendere dall’esperienza. Dice che la successione degli eventi non è di per sé storia. Priva della persistenza sensuale e affettiva, patita ma non subita, delle nostre trasformazioni, che sono sempre «repentine», legate all’incontro dell’attesa con l’inatteso (la condizione necessaria dell’esperire), la successione temporale è priva di senso, alienante.
La persistenza delle nostre trasformazioni crea come un continuo fatto di discontinuità, la trama della nostra esistenza. Questa trama il cui respirare si diffonde nello spazio e nel tempo ci fa vivere, sentire vivi. L’apprendere dall’esperienza non è possibile se non diventa esperienza vissuta. Prendere cura della nostra esistenza è il senso vero della cura.
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