Alberto Mondadori e l’avventura del Saggiatore nell’occhio del nipote
Anthony Caro, «Open Secret», 2004
Alias Domenica

Alberto Mondadori e l’avventura del Saggiatore nell’occhio del nipote

Industria culturale «Verità di famiglia» di Sebastiano Mondadori, da La nave di Teseo
Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 11 dicembre 2022

Tutte le biografie sono intrecci di storie, che stringono solidamente una vita o la sfiorano appena nella contingenza, ma raramente riescono a annodarne attorno a sé altre così significative da assumere la forma di una testimonianza riepilogativa della storia culturale di un paese. Proprio questo accade nella biografia di Alberto Mondadori, scritta dal nipote Sebastiano, appena uscita con il titolo Verità di famiglia – Riscrivendo la storia di Alberto Mondadori (La nave di Teseo, p. 432, € 22,00). L’obiettivo è restituire completezza al ricordo di una vita spesso liquidata come la parabola del primogenito, viziato e megalomane, del celebre Arnoldo: «scrivere … per far rivivere il passato in una storia compiuta diventa un imperativo di giustizia innanzitutto poetica e poi cronologica e forse umana, sempre che non la si intenda come un regolamento di conti».

Senza nasconderne le sregolatezze e anzi integrandole organicamente in una personalità contrastata da violenti chiaroscuri, l’autore ripercorre la figura di Alberto Mondadori, che nel 1958, dopo vent’anni di ricerca irrequieta della propria vocazione, fondò il Saggiatore, uno degli esperimenti editoriali culturalmente più vivaci e innovativi del Novecento. Oggetto intorno al quale si addensano le più viscerali contraddizioni di Alberto Mondadori, la casa editrice è il compimento di un progetto personale a lungo meditato, che aspira alla democratizzazione della cultura e all’integrazione dei saperi scientifici e tecnici in un orizzonte umanistico e progressivo, dove il libro sia «strumento operativo di conoscenza». Pionieristica e, per molti versi, avventata («un libro non è mai una questione di soldi»), questa strategia è in aperto contrasto – familiare ancora prima che culturale – con la gestione pragmatica e industriale del padre Arnoldo e del fratello Giorgio, al prezzo – tuttavia – di una costante dipendenza economica dalle finanze del padre: dissesto economico e prostrazione psichica sono, per Alberto, due ricadute dello stesso dolore.

Nel ‘69, oberata di debiti, l’azienda ridimensiona drasticamente l’organico, le collane e le novità editoriali: è questo il passaggio in cui Sebastiano Mondadori indulge di più,  sollevando il nonno Alberto – forse troppo sbrigativamente – dalle responsabilità strutturali che un capitano di industria, sia pure con idealistica intelligenza e passione, deve  assumersi. Nelle ricostruzione dell’autore, Alberto Mondadori resta una figura leggendaria, la cui vita romanzesca incarna alcuni grandi personaggi di finzione: è Amleto, nel suo rapporto tragico con l’eredità paterna, principe che non diverrà mai re; è il grande Gatsby, nella prodigalità decadente – anche se mai cinica – del suo rapporto con il denaro e con la vita mondana; è Charles Forster Kane, nel «vitalismo che volge in mestizia» di un’esistenza irrisolta.

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