Alba Dorata, «un’associazione di accoltellatori»
Alba Dorata Intervista con l’avvocato Thanasis Kampagiannis, che fa parte del movimento antifascista greco e rappresenterà una delle parti civili nel processo
Alba Dorata Intervista con l’avvocato Thanasis Kampagiannis, che fa parte del movimento antifascista greco e rappresenterà una delle parti civili nel processo
Qualche giorno fa il nuovo ministro dell’economia greco Yanis Varoufakis, durante l’incontro con il suo omologo tedesco Wolfgang Schäuble, aveva evidenziato i rischi politici che sta correndo la Grecia in questo momento storico. “Quando stasera tornerò nel mio Paese – ha detto Varoufakis – troverò un parlamento in cui il terzo partito non è un partito neonazista, ma nazista”.
Il riferimento era ad Alba Dorata, partito che – nonostante gli arresti dei vertici e il procedimento penale iniziato dopo l’omicidio del rapper Pavlos Fyssas, in arte “KillahP”, nel settembre del 2013 – alle ultime elezioni si è confermato al terzo posto con il 6.3% dei voti.
A seguito di un anno e mezzo di indagini, il 4 febbraio 2015 la Corte d’Appello di Atene, a maggioranza quasi assoluta, ha deciso il rinvio a giudizio dell’intero gruppo parlamentare e di altri militanti, per un totale di 72 persone. L’accusa principale che pende sul leader Nikos Michaloliakos e soci è quella di associazione a delinquere. Oltre a questo capo d’accusa, nel processo confluiranno molti altri reati, tra cui appunto l’omicidio di Fyssas, l’aggressione dei pescatori egiziani (12 giugno 2012) e quella ai militanti del KKE nel quartiere periferico di Perama, avvenuto pochi giorni prima dell’assassinio di “KillahP”.
Finora, dai documenti giudiziari è uscito un riquadro del partito a dir poco devastante: omicidi, pianificazione di pogrom, aggressioni mirate a migranti e oppositori politici, l’uso sistematico della violenza come pratica politica, l’impiego di squadroni paramilitari, i collegamenti di alcuni deputati con la criminalità organizzata e i legami con la polizia greca e i servizi segreti interni (EYP).
In vista dell’inizio del processo, il manifesto ha ripercorso tutti questi temi con l’avvocato Thanassis Kampagiannis, che fa parte del movimento antifascista greco e rappresenterà una delle parti civili nel processo. Kampagiannis inoltre gestisce il sito Jailgoldendawn.com, dove raccoglie documenti processuali e molti articoli in greco e in varie lingue.
Anzitutto, l’avvocato si sofferma sulla natura del partito. “Se si dovesse spiegare cos’è Alba Dorata, allora bisognerebbe definirla come un’associazione di accoltellatori. L’essenza dell’organizzazione, infatti, sono i suoi ‘battaglioni’ militarizzati. L’attività politica, come ad esempio la distribuizione del cibo ‘solo per greci’, è solamente una facciata”.
Questi squadroni, tuttavia, non sono stati creati di recente. “Alba Dorata ha sempre avuto una struttura paramilitare al suo interno. Quando era un’organizzazione più piccola, i vertici stessi di Alba Dorata – il comitato centrale e il suo consiglio politico – pianificavano e realizzavano attacchi. Nel 1998 Antonis Androutsopoulos detto ‘Periandros’, che all’epoca era il numero due di Alba Dorata, aveva brutalmente aggredito tre studenti fuori da un tribunale”.
Le cose cambiano parecchio con l’ingresso in Parlamento nel 2012. Il partito, su cui piovono i cospicui finanziamenti pubblici riservati ai partiti, ha bisogno di “dotarsi di una struttura politica formale nei quartieri di Atene e altrove” e di allargare il proprio raggio d’azione. Per fare ciò, spiega Kampagiannis, “i battaglioni vengono ‘impiantati’ nelle varie sezioni locali”. Il loro funzionamento, come hanno dimostrato le indagini, è rigidamente gerarchico.
“I responsabili delle sezioni erano fondamentalmente quattro – spiega l’avvocato – C’erano il ‘Führer’ locale, il segretario politico, il responsabile delle azioni politiche e il responsabile dell’addestramento ideologico”. In realtà, tuttavia, il ruolo di queste ultime due figure era molto diverso da quello che suggeriva il nome: “Il responsabile delle azioni politiche era quello che allestiva i battaglioni con il pretesto della security; e quello dell’addestramento non si limitava all’ideologia, ma si occupava dell’allenamento fisico e dell’arruolamento di giovani e militanti”.
Lo stesso KillahP, sostiene Kampagiannis, è stato ucciso da uno di questi battaglioni. “Le persone che hanno ucciso Fyssas facevano parte del battaglione locale di Nikaia – è tutto provato, ci sono le liste. Non era una lite finita male, come si era detto all’inizio: era un omicidio mirato, pensato e organizzato da una struttura gerarchica. Nel settembre del 2013 Alba Dorata stava espandendo le sue attività, specialmente a Perama. L’organizzazione aveva anche creato dei sindacati su richiesta degli armatori locali, e voleva dimostrare di avere il controllo totale del territorio”.
Anche il caso dell’aggressione ai pescatori egiziani, che Kampagiannis rappresenta in giudizio, è piuttosto esemplificativo di questa volontà di imporsi come forza egemonica in certe zone di Atene. “I pescatori avevano iniziato anche a vendere, e non solo a pescare. Questa mossa aveva fatto infuriare i commercianti greci, che a quel punto avevano bisogno di un’organizzazione come Alba Dorata per terrorizzare i loro ‘concorrenti’”.
Kampagiannis si sofferma anche sull’ascesa di Alba Dorata a Agios Panteleimonas, quartiere di Atene con forte concentrazione di migranti. Qui, infatti, il partito neonazista è riuscito a creare una sorta di “network politico-criminale” creando comitati di quartiere fasulli, offrendo la loro “protezione” ai residenti, attaccando i negozi degli immigrati e, soprattutto, collaborando attivamente con il commissariato di polizia della zona.
Ed è proprio sul rapporto tra polizia e Alba Dorata che l’avvocato tiene a soffermarsi. Per capire a fondo questi legami, tuttavia, bisogna tornare alla fine degli anni ’40, al termine della guerra civile. “In quel momento l’estrema destra era diventata una parte organica del meccanismo statale greco. Per affermare la sua autorità, lo Stato aveva bisogno di usare formazioni paramilitari di estrema destra, inclusi i collaborazionisti dei nazisti, contro la sinistra”.
Questa organicità – che molti osservatori chiamano “Stato profondo” – aveva iniziato ad allentarsi all’inizio degli anni ’60. Il possibile cambiamento, però, venne spazzato via dalla junta militare che prese il potere nel 1967. E dopo la caduta del regime, dice l’avvocato, “lo Stato non è mai stato ripulito dai suoi elementi fascisti”. Negli anni ’90, questa interconnessione è stata particolarmente evidente. “All’inizio del decennio, la gestione la gestione del grande flusso migratorio proveniente dall’Albania era stata quasi interamente delegata alla polizia. In un certo senso, lo Stato ha iniziato a ricordarsi di cosa vuol dire trattare una parte della popolazione come degli “illegali” o direttamente dei nemici. Lo stesso, più o meno, è successo dopo l’11 settembre 2001 e dopo la rivolta del 2008 ad Atene”.
Questo, insomma, è il melting pot che “ha permesso un simile intervento politico di un’organizzazione neonazista nella polizia. L’esperimento di Agios Panteleimonas è piuttosto indicativo: usando il razzismo e la protezione della polizia, Alba Dorata è riuscita a sottrarre una fetta di territorio al controllo dello Stato”.
La polizia, viceversa, ha certamente usato Alba Dorata per i propro fini. “Qualche anno fa, il capo della polizia greca dichiarò che il compito delle forze dell’ordine era quello di ‘rendere la vita agli immigrati irregolari un inferno’. Ecco, se da poliziotto lavori in un commissariato come quello di Aghios, allora tendi a vedere i battaglioni di Alba Dorata come dei tuoi alleati”.
Pur essendo provati i rapporti tra polizia e neonazisti – che hanno anche portato a diverse dimissioni e inchieste interne – l’avvocato Kampagiannis non è perfettamente d’accordo con la definizione di Alba Dorata come di un “partito parastatale”. “Il fascismo non è semplicemente un ‘parastato’, ma ha degli obiettivi ben precisi. Fondare un partito fascista significa costruire un qualcosa che è al di fuori dai meccanismi statali, anche se ha enormi collegamenti al suo interno”.
Su questo punto, diversi giornalisti greci – su tutti Dimitris Psarras, autore de La bibbia nera di Alba Dorata – hanno parlato di una specie di strategia della tensione “all’italiana” portata avanti da Alba Dorata. “Credo che dopo il 2008 si possa dire che questo era l’obiettivo del partito”, afferma l’avvocato. “Oltre ai collegamenti con i partiti neofascisti italiani di adesso, alcuni membri di Alba Dorata hanno studiato in Italia e hanno legami con il vostro paese che risalgono almeno agli anni ’70. Sicuramente la strategia della tensione è un importante riferimento politico e ideologico: fa parte del loro modo di pensare e di come vedono il mondo”.
A questo proposito anche il duplice omicidio degli albadorati George Foundoulis e Manolis Kapelonis, avvenuto il 1 novembre 2013 fuori dalla sede del partito a Neo Irakleio, potrebbe rientrare in una simile strategia. L’assassinio è stato rivendicato da un gruppo terroristico chiamato “Potenze Rivoluzionarie Combattenti Popolari”; ma la polizia non ha mai trovato i colpevoli, e recentemente ha ammesso di essere a un punto morto dell’inchiesta.
“Questo è un episodio molto oscuro”, dice l’avvocato. “Sono però convinto che queste persone siano perfettamente in grado di organizzarsi una cosa del genere. Come già detto in precedenza, alcuni membri di Alba Dorata erano in contatto con un certo sottobosco criminale. E le modalità di questi omicidi assomigliano più a quelle impiegate dalla mafia che dal nuovo terrorismo politico di estrema sinistra, che agisce in modo diverso”.
In definitiva, comunque, Kampagiannis è convinto che l’inchiesta sia molto solida, e che le prove per arrivare a una condanna siano granitiche. Tuttavia, l’esito finale potrebbe non essere così scontato. “Alba Dorata si è dipinta sin da subito come vittima di una persecuzione politica, e non tutta l’opinione pubblica ha contrastato efficacemente – vuoi per motivi politici, vuoi per diffidenza nei confronti dello Stato – la propaganda del partito”.
E nemmeno l’avvento di Syriza al governo potrebbe portare a una condanna certa. “Se i giudici hanno l’impressione che dietro c’è un movimento d’opinione che tiene alta l’attenzione su questo procedimento, allora credo che saranno praticamente ‘obbligati’ a emettere un provvedimento di condanna”. Se invece non ci sarà alcuna pressione dal basso, conclude Kampagiannis, “allora è perfettamente possibile che Alba Dorata la faccia franca anche questa volta”.
* @captblicero
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