Al Qaeda in Siria: «Catturate cinque spie»
Guerra Lo «Stato islamico» rivendica il rapimento di cinque dottori di Medici Senza Frontiere. Scontri tra jihadisti ad Aleppo
Guerra Lo «Stato islamico» rivendica il rapimento di cinque dottori di Medici Senza Frontiere. Scontri tra jihadisti ad Aleppo
Tutti spaccati sulla Siria, dalla galassia ribelle alla diplomazia internazionale. Ieri al Consiglio di Sicurezza Onu la Russia ha bloccato per la terza volta in tre anni una risoluzione di condanna presentata da Londra contro il governo di Damasco e i bombardamenti su Aleppo. «Oltraggiosa e sistematica»: così la Gran Bretagna ha definito l’azione dell’aviazione che, con missili Scud contro aree densamente popolate, ha provocato 700 morti e tremila feriti dal 15 dicembre ad oggi. Risoluzione ritirata, in attesa della conferenza di pace Ginevra 2 del 22 gennaio. A fermarla non è stato solo il palese ostacolo russo, ma anche i timori dei Paesi occidentali nel rilasciare una condanna del regime a sole due settimane dall’apertura ufficiale del negoziato.
Resta da capire chi – e a quali condizioni – si siederà al tavolo. Le opposizioni al regime di Bashar al-Assad non sono mai state tanto divise, tra frange moderate sempre più deboli e jihadisti che controllano parte del Nord del Paese. Sempre più frequenti gli scontri ad Homs e Aleppo tra Esercito Libero e Coalizione Nazionale, da una parte, e qaedisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), dall’altra. L’Isil gode del sostegno di 5mila miliziani, stipendiati e armati dai Paesi del Golfo, aiuto consistente che gli ha permesso di assumere il controllo di numerose comunità al confine turco. Il controllo qaedista si traduce in violenze indiscriminate contro la popolazione e i ribelli «rivali». Mercoledì tre operatori umanitari dell’Ong ceca «People in need» sono stati assassinati, mentre Al Qaeda rivendicava il rapimento dei cinque dottori di Medici Senza Frontiere, catturati il 3 gennaio. In un comunicato – la cui autenticità non è ancora dimostrata – l’Isil afferma di aver chiuso gli ospedali da campo di Birnas e Yamdiya (nei distretti di Latakia e Idlib) e di «aver arrestato cinque medici europei che spiavano i combattenti jihadisti».
Ieri i miliziani qaedisti sono stati allontanati da Aleppo dalle altre fazioni ribelli e hanno reagito con una serie di attacchi contro checkpoint delle opposizioni. Mercoledì, ad Aleppo, i miliziani dell’ISIL sono stati cacciati dal proprio quartier generale dal gruppo rivale del Fronte Islamico: secondo attivisti sul posto, la fazione islamista ha assunto il controllo dell’ex ospedale pediatrico del quartiere Qadi Askar, utilizzato dai qaedisti come prigione e luogo preposto alle esecuzioni di miliziani rivali e residenti «non rispettosi» delle pratiche dell’Islam. Sarebbero stati trovati 70 corpi e 300 prigionieri ancora vivi, liberati dal Fronte Islamico.
Un’azione che mostra chiaramente la profondità delle spaccature nella galassia delle opposizioni: la faida interna delle ultime settimane non riguarda solo laici e islamisti, ma anche gli stessi gruppi religiosi e qaedisti, molti dei quali composti da combattenti provenienti dall’estero. L’Isil si è attirato infatti lo scontento della popolazione siriana e dei gruppi di opposizione per la sua interpretazione ultraconservatrice dell’Islam e le conseguenti violenze contro civili e guerriglieri.
Martedì Abu Mohammad al-Adnani, portavoce dello Stato Islamico, ha inviato un videomessaggio ai propri membri, chiedendo loro di «distruggere le fazioni ribelli rivali e uccidere la cospirazione sul nascere». «Nessuno di voi resterà in piedi – ha detto al-Adnani riferendosi agli altri gruppi di opposizione – Faremo di voi un esempio per tutti quelli che pensano di seguire lo stesso percorso». La minaccia, dopo che altri movimenti qaedisti – tra cui il Fronte al Nusra, fino a pochi mesi fa protagonista del conflitto – hanno preso una chiara posizione contro l’Isil, chiedendo l’immediata fine delle violenze interne e un negoziato tra frange ribelli.
Sul piano politico la Coalizione Nazionale Siriana, ombrello dei gruppi di opposizione più moderati – due anni fa riconosciuta dalla comunità internazionale come unico rappresentante del popolo siriano –, arranca e tentenna sulla partecipazione a Ginevra 2: domenica terrà un meeting in Francia per decidere se sedersi o meno al tavolo. Non sono pochi i mal di pancia interni: gran parte dei gruppi di opposizione non intende accettare la partecipazione alla transizione politica del presidente Assad, che negli ultimi mesi si è riguadagnato legittimità internazionale accettando la distruzione del proprio arsenale chimico.
E per riguadagnare terreno contro l’avanzata qaedista, numerosi gruppi di opposizione, tra cui la Coalizione Nazionale e il Fronte Islamico, si sono incontrati nella città spagnola di Cordoba per «cercare un terreno comune» prima di Ginevra 2. Obiettivo, individuare una nuova leadership e presentarsi uniti al tavolo del negoziato.
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