Al GinesioFest il teatro di domani alla prova della solitudine
Palcoscenico Il festival diretto da Leonardo Lidi punta sulle giovani generazioni, sui monologhi e su una mostra degli scatti di Marcello Norberth. Tra i lavori spicca il laboratorio di Alessio Maria Romano
Palcoscenico Il festival diretto da Leonardo Lidi punta sulle giovani generazioni, sui monologhi e su una mostra degli scatti di Marcello Norberth. Tra i lavori spicca il laboratorio di Alessio Maria Romano
Si è conclusa domenica sera, con la consegna dei premi ai due vincitori di quest’anno, la manifestazione che ormai da qualche anno mostra e premia il teatro, nel paese che del santo protettore di questa arte porta il nome. Ginesio era infatti un attore, nella antica Roma, a cui la conversione al cristianesimo costò la vita sotto l’imperatore Diocleziano. Per questo è considerato il santo protettore della categoria, e da qualche anno il paese che ne porta il nome festeggia l’arte del palcoscenico. Un modo per rilanciare le opportunità dell’umano, che parla anche attraverso la cura con cui questa località si va visibilmente ricostruendo, dopo il terribile sisma subito nel 2016.
Una iniziativa culturale rara, nella pratica politica della provincia italiana, che non a caso richiama qui per l’occasione nomi eccellenti dello spettacolo nazionale. I due premiati quest’anno tra gli attori sono due nomi di tutto rispetto, Giuseppe Battiston e Vanessa Scalera. Lei, dopo anni di militanza in una piccola sala romana, è diventata celebre come protagonista di una serie televisiva (l’eroina giudiziaria Imma Tataranni), lui attore solidissimo che pur muovendosi tra vari media è nato e cresciuto (e molto apprezzato) proprio in palcoscenico: le sue letture dei versi del poeta friulano Cappello al recente Mittelfest hanno scatenato pochi giorni fa emozioni incontenibili nel pubblico.
Ma il successo e l’azione di GinesioFest si rivolgono soprattutto ai modi e alla formazione di nuove generazioni di attori, che in questo appuntamento annuale vengono approfonditi e sviscerati in un sano confronto tra diversi metodi e strumenti di elaborazione, con il confronto di esperienze dal vivo che possono risultare molto utili a chi questa strada voglia intraprendere. Non a caso c’è attenzione e presenza di direttori e operatori del settore. A dirigere la manifestazione è il regista Leonardo Lidi, mentre «padrino» ne è stato fin dall’inizio Remo Girone.
UNA INIZIATIVA particolare ha segnato quest’anno l’appuntamento tra i monti delle Marche: un omaggio (con piccola e significativa mostra di suoi scatti) a Marcello Norberth, il grande fotografo dello spettacolo italiano, nato proprio qui e venuto a mancare pochi mesi fa. Un occhio «diabolico» il suo, capace di immortalare, e quasi rendere «parlanti» le foto di scena dei maggiori spettacoli. Non a caso a chi chiedeva testi e materiali per poter approfondire il suo lavoro, Luca Ronconi era solito rispondere che la migliore e più chiara strumentazione per penetrare le sue regie, fossero proprio le foto di Norberth!
La chiave interpretativa del lavoro teatrale, in questa edizione di GinesioFest, era la «solitudine», quella dell’attore in palcoscenico ma anche l’isolamento come condizione esistenziale. In scena sono andati così, ogni sera, solo monologhi, che oltre a vantaggi per il budget della manifestazione, hanno anche permesso agli interpreti di rivelare meglio la propria presenza e capacità scenica. Così è stato per Lucia Mascino (anche se il testo di Lucia Calamaro rischia come altre volte di suonare pura e semplice «imitazione» della solitudine quotidiana di ognuno), e per una bella rivelazione invece da parte di Rosario Lisma, nel paradossale racconto di una quotidianità, per quanto «forzata», ogni volta sorprendente (e a momenti davvero di irresistibile comicità).
La performance di maggior successo e potenza (per qualcuno di vera sorpresa) è stato però il «laboratorio» condotto con un gruppo numeroso di allievi attori/danzatori da Alessio Maria Romano. Regista e coreografo, giovane ma vero «formatore», ha condotto la sua numerosa équipe a navigare attraverso le non precisate Island, della mente e del corpo.
UN GRUPPO cospicuo di attori in formazione (provenienti dalle scuole del Piccolo di Milano e dello stabile torinese) lanciati senza risparmio sulle onde del corpo e della fantasia. Il movimento fisico come strumento di liberazione e di conquista, oltre che di comunicazione, una performance irresistibile per chi vi assiste, una lezione di assoluta professionalità e insieme di fantasia. Con l’unico mistero inesplorato della eventuale presenza di un testo, cosa non rara in uno spettacolo: ma forse, con tanto carburante nel corpo, questo movimento parla (e grida e scuote e incanta) quanto e più di qualsiasi parola. Il teatro di domani ce lo dirà.
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