Al fronte, la fame sovversiva del sergente digiunatore
Archivi Soldati in trincea: pagine di vita vissuta durante la Grande Guerra. "Tutto è camorra e gli sciocchi fanno la guerra e si fanno ammazzare, mentre gli altri impinguiscono il portafoglio e si divertono al sicuro"
Archivi Soldati in trincea: pagine di vita vissuta durante la Grande Guerra. "Tutto è camorra e gli sciocchi fanno la guerra e si fanno ammazzare, mentre gli altri impinguiscono il portafoglio e si divertono al sicuro"
Pubblichiamo qui un estratto dal diario di Cesare Pitoni, custodito presso l’Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano. Pitoni, sergente di artiglieria durante la Prima Guerra Mondiale, scriveva mentre era sul fronte orientale ma lo faceva usando una crittografia inventata per non incorrere in censure e rischiare di essere fucilato per le sue opinioni negative riguardo al conflitto. Nacque nel 1892 a Pettorano del Gizio, (Aq), partì per il fronte il 6 giugno 1915 dai Depositi militari di Capua. Al termine del conflitto, le difficoltà economiche del Paese costrinsero molti reduci a cercare lavoro all’estero. Scelta che fece anche Pitoni stesso: si trasferì in Argentina, ove visse con la famiglia, guadagnandosi da vivere come disegnatore. Non fece mai ritorno in Italia e morì nel 1965.
Lino Martini è il curatore della trascrizione del suo diario e della messa in chiaro della parte crittografata.
2 luglio 1915.
Mentre stavo in paese sono arrivate una gran quantità di automobili con feriti. Erano tutti di fanteria del 15°, 16° e 39°. La maggioranza sono feriti alla mano sinistra. Poi ne ho avuta la spiegazione da un carabiniere. Mi ha detto che la gran parte del 16° e del 15° si sparano da sé, ma il trucco è stato scoperto ed ora ce ne sono molti sotto processo. Il colonnello medico che stava a ricevere i feriti dice che abbia detto (io non l’ho capito bene): «ecco tutti i camorristi».
Il colonnello di uno di questi reggimenti ieri vide col binocolo due soldati che si sparavano alla mano. Ne avvertì gli ufficiali medici i quali, dalla bruciatura della polvere, che un colpo a bruciapelo produce, potrebbero stabilire la colpabilità dei feriti. Nel frattempo è venuto un altro caporale di sanità il quale, senza che glielo domandassi, mi ha detto che una ventina di feriti del suo ospedaletto da campo sono già stati deferiti al tribunale di guerra. Dunque la notizia è certa. (…).
Lì 11-10-915 ore 16,40.
Sono vari giorni che ho abbandonato il mio diario perché… Ho tanti pensieri pel capo, non so dedicarmi a nulla. Sto tanto nervoso. In questi due o tre giorni non c’è stato nulla di anormale. Solita fucileria sul Carso, aeroplani presi a cannonate, ma mai colpiti, qualche fischio austriaco. Il tempo si mantiene bellissimo, solo che la notte fa freddo. Oggi sono stato a riposo a causa del dolor di denti. (Si è gonfiata la gengiva, ma non mi fa male nulla, solo che pianto grane). Non sto mangiando più per dimagrire: ieri sera mangiai poco pane, 150 grammi, tonno 25-30 grammi. Stamane pane, 50 grammi, un bicchiere (di vino). Alle 9, 1 limone con 30 grammi di zucchero e 20 di pane. Ora mangerò 20-30 grammi di pane assoluto. Domani riprenderò servizio, così il moto e il poco vitto mi faranno leggeretto. Or ora ho dato di piglio alla pagnotta e per la fame a grandi morsi ne ho mangiata un quarto, circa 170 grammi.
Lì 14-10-915 ore 19,10.
Piove e fa molto freddo, che non è affatto piacevole. Fin da ieri il tempo si è cambiato: sempre nuvoloso e piovigginoso. Oggi però, diciamo così, si è rivelato pessimo e poco promettente. L’altro ieri stetti a riposo e ieri ripresi servizio. Ieri Tammaro mi rispose di non alzar la voce, ma fuori proposito. Oggi poi sono stato meno alla sala ed io ho chiesto visita; subito nel pomeriggio ho vinto. Domani altra visita e dopodomani un’altra e un’altra ancora fino all’infinito. Mi metterò anche a rapporto fino a Dio. L’undici a sera mangiai tutto il rancio, pur avendo stabilito il digiuno. Avevo una fame! E che fame! Ora lo sto facendo parziale.
In questi giorni ci sono grandi preparativi per un attacco a Gorizia il quale è imminente. Per due notti di seguito c’è stato un silenzio al fronte, tutto era muto. La notte scorsa però è stata molto animata: molte cannonate e fucileria talvolta intensissima. Sono forse i preludi di una grande battaglia. Qui più nessun proiettile è venuto a disturbare la quiete dell’accampamento.
2 novembre 1915
Ricevei da Giulia, alla quale ho scritto anche oggi, per una raccomandazione presso un conte. Se mi andrà bene, addio soldato! Qui è un martirio ed un tormento senza nome. Ho tanta fame e non ho soldi per comperarmi un po’ di pane, né una sigaretta. Ieri rubai un residuo di grammi 50 di pane. Volevo mangiare, perché non posso assolutamente resistere a tanta fame. Forse sarà l’aria del mare, ma mai ho sentito così fame. Se avessi da fumare forse la sentirei di meno, ma anche quello manca. Pazienza, pazienza.
I dottori che mi visitano si chiamano professori e sono tanti somari. Qui è tutto un imbroglio, tutto è fortuna, tutto è caso. Poveri malati veri! Meno male che son pochi, anzi pochissimi! Tutto è camorra e gli sciocchi fanno la guerra e si fanno ammazzare, mentre gli altri impinguiscono il portafoglio e si divertono al sicuro. Anche io ebbi un po’ d’entusiasmo, più per contagio che per altro, ma da tanto tempo passa e vi è restato il disgusto, lo schifo di tante cattive azioni che, al fianco della morte, ci fanno. Quanto cinismo è nel cuore umano! Quanta ferocia e quanto sozzume! Tanti miseri, miseri, muoiono e tante famiglie piangono, e gli ipocriti, dal cuore di belva, senza coscienza, miranti ad un unico scopo: il sozzo guadagno.
Ridono di tante miserie e calpestano altri cuori più nobili. Passano incuranti sul corpo dei martiri incoscienti. Un vicino o lontano domani, tra gli osanna di vittoria, faranno ritorno nella patria che non difesero ed il loro nome forse formerà capitolo nella nuova storia. Riderei se non mi apparisse il triste quadro della strage di tanti figli e le lagrime di tante madri, di tante spose… Il sangue dei martiri ed il pianto di tante anime pare che gridino vendetta e da ogni cumulo di caduti pare s’innalzi nel cielo l’eco di una imprecazione tremenda.
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