Al barrio Victoria, nel settembre dell’84
Cinema Gonzalo Justiniano nel suo lungometraggio «Cabros de mierda» racconta le manifestazioni contro la dittatura in Cile
Cinema Gonzalo Justiniano nel suo lungometraggio «Cabros de mierda» racconta le manifestazioni contro la dittatura in Cile
Torna prepotentemente con Cabros de mierda di Gonzalo Justiniano un certo tipo di cinema militante che sembrava sparito dalle scene cilene, pur attento sempre al passato. Non la sublime astrazione di Larrain capace di trasportarci nell’atmosfera oscura degli anni Settanta tra i misteri non risolti, né la gioiosa apertura verso il futuro da costruire di Sebastian Lelio o Alicia Scherson. Justiniano, classe 1955 è un esponente della generazione dell’esilio e con Amnesia del ’94 ci rivelava, tra i primi a farlo, la lunga rimozione di quello che era successo, troppo doloroso per portarlo alla coscienza. I conti con il passato saranno un lungo lavoro della memoria ancora non terminato, così come i ritrovamenti delle ossa nel deserto e dei bottoni in fondo all’oceano. Sembrerebbe tardi oggi ritornare a quegli anni, ed è proprio quello che la destra economica e politica ha sempre sostenuto fin dal giorno dopo la fine della dittatura. Dimenticare, perdonare.
Si avvicinano le elezioni presidenziali e la destra non abbassa il tiro e per voce di José Antonio Kast candidato dell’Udi ha proposto di rimuovere la statua di Allende da piazza de la Constitución a Santiago «perché è qualcuno che ha diviso il paese e per superare questa divisione che dura da 44 anni, dall’11 settembre». In quanto ai militari, si fanno sentire in tutti i settori (esercito aeronautica carabinieri) tranne che per la reticenza a svelare dove si trovano i corpi dei desaparecidos a tutt’oggi. Fanno notare che per i presunti delitti molti incriminati sono anziani e malati di alzheimer e soffrono di perdita della memoria. In una recente lettera di ex capi dell’esercito si contestano le decisioni dei tribunali su nuovi processi non solo contro assassini e torturatori, ma anche contro le indimidazioni e contestano le pene troppo severe. L’«Agrupación familiares detenidos e desaparecidos» risponde che tutto questo è una minaccia alla democrazia («gli gridiamo in faccia: verità e giustizia»).
Non ha abbassato la guardia Gonzalo Justiniano. Ha utilizzato nel suo film qualche bobina del girato durante le manifestazioni del 1984 che ora sono conservati al Museo della Memoria. O meglio quello che gli era rimasto dopo che gli sequestrarono il materiale («alla fine consegnai i materiali perché questi coglioni sono pazzi») ed ha realizzato un film (presentato alla Festa di Roma) che fa parte anche del processo della sua memoria personale.
In Cabros de mierda (termine che in Cile è indirizzato ai ragazzi che fanno troppo casino) chi fa le riprese è un giovane missionario americano arrivato nel 1983 con un gruppo di confratelli a conoscere la situazione di un paese del terzo mondo, portare aiuto a far conoscere la parola di Dio. Alloggiato in una casa della periferia di Santiago, il barrio Victoria comincia a fraternizzare con gli abitanti, con il piccolo Vladi dalla intelligenza pronta che ha il padre in clandestinità, le nonne e i bambini rimasti soli perché dei genitori non si sa più nulla, gli organizzatori delle mense comuni. E incontra Gladys detta «la francesita» (Nathalia Aragonese) coraggiosa e attiva nella lotta, tanto provocante da travolgerlo, come in uno spasimo di vitalità nell’intuizione di un destino sicuramente drammatico.
Tutto l’intreccio nasce dll’esperienza diretta di Justiniano tra ricostruzione e frammenti autentici delle manifestazioni del barrio popolare. Dopo l’università Justiniano parte in esilio per Parigi dal ’76 all’83 e torna in Cile nell’84 come corrispondente estero per la televisione francese (girerà un documentario sui dieci anni della dittatura), per brevi periodi di tre, quattro mesi dove filmò la protesta del barrio Victoria con l’aiuto dei sacerdoti Pierre Dubois e André Jarlan che fu assassinato il 4 settembre dell’84 con un colpo sparato alla finestra della casa dove viveva e che nel 1991 è stato inserito nella Commissione nazionale di Verità e Riconciliazione sulle violazioni dei diritti umani commessi durante la dittatura militare.
Solo la gente che ha vissuto quel periodo può capire cosa succedeva nel paese, dice Justiniano, una situazione inesplicabile che si sarebbe trasformata in una società dove ancora convivono le bestie di un tempo ad occupare posti pubblici a dispetto dei processi che di tanto in tanto si istruiscono e del clima gioioso che ha accompagnato la transizione.
Il clima prospero che vive ancora il paese da «pantera del sudamerica» per una volta è oscurato dal volo finale degli elicotteri sul Pacifico dove Guzman ritrovava la «memoria dell’acqua». Justiniano aggiunge oggi la sua testimonianza perché quella memoria resti viva.
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