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Akutagawa Ryunosuke, racconti di disillusione e saggi saturi di sarcasmo

Akutagawa Ryunosuke, racconti di disillusione e saggi saturi di sarcasmoFujishima Takeji, Sunrise over the Eastern Sea, 1932

«Kappa e altre storie», da Atmosphere libri

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 28 gennaio 2018

A partire dal 2013 l’editoria italiana sembra avere mostrato un rinnovato interesse per Akutagawa Ryunosuke, maestro indiscusso del racconto giapponese: negli ultimi cinque anni sono state pubblicate in Italia almeno sei raccolte di suoi racconti e altri scritti, fra cui la recente Kappa e altre storie, curata da Alessandro Tardito per Atmoshere Libri (pp. 200, euro  16.00), che include diciotto testi, fra cui sedici racconti e due saggi, la maggior parte dei quali inedita in italiano.

Suicidatosi a soli trentacinque anni nel 1927, Akutagawa venne subito consacrato come una delle menti più brillanti del suo tempo e uno dei padri della moderna letteratura giapponese, sebbene la sua scoperta sia conseguente soprattutto al Leone d’Oro del 1951 assegnato a Rashomon di Kurosawa Akira, tratto da due suoi racconti.

Se la prima silloge uscita da Asiasphere raccoglieva storie dell’esordio, dal 1915 al 1920, questa seconda scelta di racconti si concentra sulla produzione più tarda, che va dal 1920 al 1927, anno della morte e di uno dei suoi capolavori, «Kappa».

In questa nuova raccolta, Tardito ha voluto porre «sotto i riflettori anche le pagine più scure, ma non per questo meno significative» della vastissima produzione di Akutagawa, selezionando perlopiù testi in cui la «vaga inquietudine» che portò l’autore al suicidio si manifesta prepotentemente. In quasi tutti i racconti scelti l’argomento dominante è il destino ineluttabile dell’uomo, che sebbene vagando fra le speranze di un nuovo mondo, come nella favoletta «I tre tesori», di fatto è obbligato a percorrere strade già decise e a perdere gli entusiasmi e i fervori giovanili in virtù di un imborghesimento inesorabile, simboleggiato dal socialista dell’omonimo racconto.

o conferma anche la riflessione sul fatalismo nel breve saggio «Locomotive», dove «quei binari attraversano ponti e tunnel, proprio come noi, e staccarsi da essi è assolutamente vietato».
Se temi vagamente autobiografici sono presenti in quasi tutti i racconti, è soprattutto in quelli dedicati al personaggio Horikawa Yasukichi, alter ego dell’autore, che la disillusione, il senso di inquietudine e una visione scettica dell’esistenza trovano maggiore risalto. In generale, però, la cifra letteraria più evidente in tutti gli scritti è il sarcasmo, sia nelle considerazioni «Sull’arte e il resto», sia quando viene invocato il pacifismo in «Storia di una testa caduta», sia nelle professioni di apostasia presenti in «Ogin».

Tutti questi temi vengono poi convocati nel racconto in assoluto più importante e più conosciuto della raccolta (e anche quello relativamente più lungo), «I kappa», una bella satira distopica, in cui il protagonista, paziente in un manicomio, si abbandona alla narrazione del suo rapimento nel paese dei kappa, figure del folklore giapponese che vivono in una società in cui i comportamenti sono quasi del tutto speculari a quelli degli umani. Grande conoscitore della letteratura cinese ed europea, quando scrive la confessione del protagonista affetto da disturbi psichici, Akutagawa trova un modello nel poco anteriore Diario di un pazzo di Lu Xun, ma sono anche evidenti le ascendenze da Swift e dal meno noto Erewhon di Samuel Butler. La critica al militarismo, all’azione censoria, al pensiero omologante di inizio Novecento è il vero fulcro della narrazione, ma altrettanto importante è la consapevolezza della relatività del «diverso», che fa di Kappa un manifesto di interculturalismo ante litteram.

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