Miguel Altieri è un gigante dei nostri tempi. Al pari di Vandana Shiva o di Noam Chomsky per determinazione, coerenza e perseveranza di percorso oltre che di vicinanza. In particolare verso coloro ritenuti i veri protagonisti del cambiamento possibile, che non sono mai i grandi o i famosi della terra.

MIGUEL ALTIERI HA INVENTATO oltre 30 anni fa l’agroecologia come disciplina (allora nuova ed eversiva, in piena green revolution) che fornisce i principi ecologici di base per lo studio, la progettazione e la gestione di agroecosistemi sostenibili che siano produttivi e insieme conservino le risorse naturali. Che siano culturalmente sensibili, socialmente giusti ed economicamente vantaggiosi.

IN PARTICOLARE, L’AGROECOLOGIA si è concentrata sui modi in cui la biodiversità può contribuire alla progettazione di agroecosistemi stabili (in equilibrio) rispetto ai parassiti. L’agroecologia opera sugli effetti della coltivazione sinergica di differenti culture, dell’inerbimento del suolo, della gestione delle erbe infestanti e del ruolo della vegetazione e forestazione ai bordi di colture e campi, sulla densità della popolazione di parassiti e sui danni relativi, nonché sui meccanismi che favoriscono il controllo biologico nelle diverse colture.

L’APPROCCIO AGROECOLOGICO consiste nell’ideare sistemi agricoli integrati che enfatizzino la conservazione del suolo e dell’acqua, la protezione naturale delle colture e il raggiungimento della fertilità del suolo e di rese stabili attraverso l’integrazione di alberi, animali e colture. L’agroecologia secondo Miguel Altieri è un processo in divenire, in azione, come a lui piace chiamarla, permanente, che cambia e si adatta alle differenti condizioni climatiche che in ogni caso impongono rigenerazione e rispetto dell’equilibrio fra mondi vegetali ed animali al fine di garantire in modo duraturo la produzione di cibo per l’uomo. Altieri sarà a Bologna, presso una magnifica cooperativa agricola di viticultori biologici sul primo appennino, Corte d’Aibo, per una lectio magistralis , marcoledi 12 aprile, alle ore 16. E’ possibile la partecipazione fisica e on line (su organizzazione ed ospitalità di rete Humus e dei distretti biologici in particolare).

UNO DEGLI ASPETTI CHE CARATTERIZZA la proposta di sistemi agroecologici è la partecipazione anche emotiva, empatica degli agricoltori impegnati perché la prospettiva di una sistema di produzione «socialmente giusto» implica un coinvolgimento ed una visione sociale oltre che corale. Il tema della giornata si concentra sulla definizione di termini nuovi che chiariscano il significato ma anche il percorso di una diversa agricoltura impegnata soprattutto a riprodurre (rigenerare territorio e comunità, attraverso l’agricoltura) che non a produrre (estrarre il massimo dalla terra senza interesse per i territori).

PER QUESTO IL PRIMO TERMINE FORTE con cui vogliamo connotare la nostra agricoltura è Agricoltura artigiana, biologica ed agroecologica. Si tratta di cominciare e non fermarsi a spiegare le conseguenze dall’agricoltura industriale, che progressivamente farà a meno non solo dell’uomo ma anche della terra e dell’Agricoltura Artigiana biologica ed Agroecologica, che costruisce comunità nei territori dove opera. Si tratta di cominciare e non fermarsi a raccontare come i processi di industrializzazione dei prodotti agricoli – e soprattutto degli allevamenti sempre più intensivizzati – costituiscano oggi due processi opposti, due cibi opposti, due modelli ambientali opposti, due modelli sociali opposti. Ed anche due modelli organizzativi (diciamo così ) totalmente divergenti: l’agricoltura che per brevità chiamiamo industriale, ovvero che applica le logiche e strumentazioni tipiche dei processi industrializzati e della economie di scala, opera in modo verticale e considera la concentrazione di terra , i mezzi tecnici e finanziari necessari al fine di massimizzare le produzioni come fattori necessari per l’ottenimento del risultato; e del tutto verticale è la sua rappresentatività e capacità comunicazionale e politica.

L’AGRICOLTURA BIOLOGICA ED ARTIGIANALE fissa nei principi dell’agroecologia la sua dimensione produttiva e sempre più è impegnata a portare valore sociale al proprio territorio. Contribuisce a costruire comunità ben oltre i suoi confini operativi. E’ per definizione creativa e poco incline a schemi rigidi di rappresentatività, la sua diffusione è orizzontale e partecipativa. Una sorta di democrazia dal basso che scambia ed arricchisce i suoi partecipanti e si pone in accompagnamento alla terra ed al vivente che ci vive sopra e non in suo dominio.

TUTTI QUESTI ELEMENTI SARANNO OGGETTO di prossimi approfondimenti ma un fatto è chiaro per gli organizzatori di questa e delle prossime giornate, su cui stiamo costruendo un corposo programma in tutto il nostro paese: dobbiamo unire le tante progettualità agricole artigiane che arricchiscono e costruiscono comunità, renderle riconoscibili ed appetibili, attrattive dinamiche sempre più partecipate e soprattutto collegate. Unite.

RICONOSCIBILI AGLI OCCHI DELLE PERSONE per la loro diversità. Fuori e ben lontano da qualunque corporativismo agricolo, queste giovani e vecchie agricolture biologiche ed artigiane promuovono cultura e vicinanza, una visione possibile e concreta di una agricoltura che è ambiente e insieme innovazione sociale. Solo in questo modo è possibile progettare un futuro per un cibo che sia di relazione e non di contrazione per le persone, per il pianeta, per la salute.