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Agricoltura, chi nutrirà il pianeta?

L’agricoltura è la più importante attività umana, quella che assicura agli oltre settemila milioni di terrestri il cibo, ma anche molte altre materie prime essenziali. Non c’è dubbio che a […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 24 maggio 2018

L’agricoltura è la più importante attività umana, quella che assicura agli oltre settemila milioni di terrestri il cibo, ma anche molte altre materie prime essenziali. Non c’è dubbio che a nutrire il pianeta contribuiscono tante diverse forme di coltivazione del suolo: dalla colture intensive del Nord del mondo alle innumerevoli comunità agricole dei villaggi contadini sparsi in Africa, Asia, America Latina, ai giovani che abbandonano le città per mettersi a produrre mele biologiche.

Sono centinaia di milioni di persone che zappano con poveri strumenti, o si spostano con moderni trattori, o lavorano nelle fabbriche in cui i prodotti agricoli e zootecnici sono conservati e trasformati, sono loro che permettono a (quasi) tutti noi di trovare ogni giorno sulla tavola il pane fresco e la carne e la frutta. Una agricoltura industriale a fianco di una agricoltura contadina che coltiva la terra in armonia con i cicli naturali ma che può soddisfare soltanto il fabbisogno alimentare delle piccole comunità locali.

Il successo dell’agricoltura industriale, con alte rese per ettaro, è assicurato dall’uso intenso di macchine, di energia, di concimi artificiali, di sementi geneticamente modificate, di pesticidi, ed è presentato come l’unico mezzo moderno con cui è possibile sfamare la crescente popolazione mondiale, sempre più urbanizzata e lontana dai campi e dai pascoli. Questo successo economico e finanziario oscura le trappole in cui la transizione ha fatto cadere l’umanità, fra cui perdita di biodiversità, di fertilità dei suoli e soprattutto emissioni di gas serra, metano e composti azotati, che alterano il clima. L’agricoltura industriale dopo aver distrutto l’agricoltura contadina sta distruggendo se stessa con i guasti ambientali e sociali.

Pier Paolo Poggio ha di recente pubblicato il libro Le tre agricolture (Jaca Book), in cui propone la transizione ad una «terza agricoltura», ecologica, che può e deve raccogliere e superare l’eredità sia dell’agricoltura contadina sia di quella industriale, che veda «i contadini» appropriarsi del meglio della tecnologia attraverso il suo utilizzo selettivo e intelligente producendo cibo, come hanno fatto sempre nel corso della storia, e in cui è fondamentale il ruolo delle giovani generazioni e delle donne.

Questa terza agricoltura, passando da situazioni di nicchia a fenomeno socialmente rilevante, potrà svolgere un ruolo prezioso di rigenerazione sul piano culturale, ambientale ed economico, rimettendo al centro dell’operare umano il valore del saper fare e della manualità, il valore del lavoro e del suo senso, il valore delle cose e delle relazioni, il valore dei tempi dell’attesa.

Papa Francesco, parlando ai Movimenti popolari, per lo più piccoli contadini sparsi in tutto il mondo, riuniti nel movimento Terra, casa, lavoro, ha detto: «La passione per il seminare, per l’irrigare con calma ciò che gli altri vedranno fiorire sostituisce l’ansia di occupare gli spazi di potere e di vedere risultati immediati». Forse sarà questa la vera modernità per nutrire il pianeta.

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