Italia

Adriatico non piglia pesci

Adriatico non piglia pesciIl porto di San Benedetto del Tronto – Foto di Giovanni Bonsignori

Mare Nostrum Pescatori delle sponde italiane e croate ligitano sui regolamenti Ue. Ma questa parte del Mediterraneo è «tra i bacini più sfruttati del mondo». La ripopolazione 2017 è servita a poco

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 26 agosto 2018

Quando si parla di Adriatico, si fa sin troppo presto a dire che la pesca è in crisi. I vari dati a disposizione sono spesso contraddittori tra loro, i rapporti tra la costa ovest e quella est vanno dal teso al molto teso, le cronache locali si riempiono periodicamente di notizie su sequestri del pescato, multe, polemiche.

DALL’ALTRA PARTE, il fronte ambientalista denuncia la situazione difficile di un mare piccolo e ormai prossimo all’esaurimento. Non è la solita storia tardocapitalista del conflitto tra economia ed ecologia, anche perché di pescherecci in Adriatico ce ne sono sempre meno, eppure stiamo parlando di una delle aree più sfruttate al mondo. «Mentre Cina, Spagna, Taiwan, Giappone e Corea del Sud pescano estensivamente in tutti i mari del pianeta – spiega Francesco Ferretti, ricercato della stazione marina Hopkins di Stanford e tra gli autori di uno studio sullo sfruttamento dei mari pubblicato dalla rivista Science –, la flotta italiana è concentrata per lo più nel Mediterraneo. Sarebbe come racchiudere tutto lo sforzo globale spagnolo intorno alle nostre coste. Non a caso l’Adriatico è uno dei bacini più sfruttati al mondo».

ALLO STESSO TEMPO, PERÒ, il registro delle navi da pesca del ministero dell’Agricoltura riporta come ultimo dato registrato (giugno 2016) una flotta di 12.311 unità. All’inizio del millennio, stessa fonte, erano quasi ventimila. E basta dare un’occhiata agli annuari dell’Istat per accorgersi che nelle città costiere dell’Adriatico ormai la pesca non è più il settore trainante, ma, anche nelle città dotate di porti di dimensioni non irrisorie come San Benedetto del Tronto, Ancona o Pescara, ormai a trainare l’economia ci sono il commercio, la ristorazione e gli alberghi, con le attività in mare staccatissime.

È UN CAMBIO DI PARADIGMA che, magari in altre forme, riguarda quasi tutta l’economia italiana: scende la produzione – chiudono le fabbriche, si demoliscono i motopescherecci – e sale il turismo.

MA COSA SUCCEDE NEL MARE Adriatico? L’area che una volta rappresentava la parte più consistente e, appunto, produttiva della pesca italiana, adesso è sul punto di scomparire. O, quantomeno, è in crisi nerissima.
Lamberto Spinaci è uno dei pescatori più esperti di Pesaro, conosciuto anche come “il Barone”. «L’Adriatico è un pozzo vuoto – va ripetendo ormai da qualche anno –, non c’è più pesce. I tonni non trovano più da mangiare e i pochi pesci rimasti sono sempre più piccoli. Se andiamo avanti così, tra qualche anno non ci sarà più niente per nessuno, e allora sì che saremo costretti a cambiare abitudini».

L’ADRIATICO, DUNQUE, COME mare troppo sfruttato. Uno studio dell’Università Politecnica delle Marche offre altri dati piuttosto indicativi: gli squali e le razze sono diminuiti del 95% negli ultimi cinquant’anni, le catture di nasello sono calate del 45% soltanto nell’ultimo decennio.

E, come al solito, se Atene piange, Sparta certo non ride. In Croazia la crisi della pesca si fa sentire tanto quanto in Italia, malgrado i pescatori del lato ovest dell’Adriatico sostengano in maniera più o meno esplicita che i loro dirimpettai sarebbero avvantaggiati da presunte (e mai specificate) regole europee meno pressanti.

LA VERITÀ È CHE I REGOLAMENTI comunitari riguardano anche i croati, che pure non stanno vivendo bene la situazione. Ad esempio, lo spostamento a oltre tre miglia dalla costa per lo strascico ha sostanzialmente azzerato il pescato di polpi. In un’intervista al quotidiano istriano «La Voce del popolo», Salvatore Danilo Latin del Coordinamento nazionale croato per la pesca a strascico ha spiegato che «se guardiamo il giornale di pesca che dobbiamo spedire al ministero appena rientrati in porto, vediamo che prima si pescavano anche 400-500 chilogrammi di prodotti ittici, mentre ora si arriva a qualche decina di chilogrammi. L’Unione Europea non ci ha portato molta fortuna».

IL PARADOSSO, a questo punto, è servito: se la Croazia sviluppa quasi tutta la sua economia intorno agli sforzi dei suoi pescatori, i suoi cittadini sono tra quelli che mangiano meno pesce di tutta l’Europa: 18,4 chilogrammi pro capite annui contro una media continentale di 24,5 chilogrammi.

I regolamenti europei, però, hanno come obiettivo soprattutto il tentare di ripopolare la fauna marina adriatica, decimata da decenni di pesca selvaggia e sostanzialmente senza regole.

Dal 2015, periodicamente, nell’area della Fossa di Pomo (tra l’Abruzzo e Spalato) la pesca viene fermata proprio per consentire ai pesci di riprodursi. L’Università di Stanford ha analizzato attraverso la tecnologia satellitare Ais (Automatic Identification System) quello che è successo prima e durante lo stop. «Il divieto è stato rispettato, i pescatori non hanno subito perdite economiche e hanno consentito alle aree a rischio di ripopolarsi», il commento dell’associazione Medreact, che si occupa proprio della tutela dell’ecosistema del Mediterraneo. Come? L’ultima chiusura della Fossa di Pomo risale al 2017. «A un anno dalla chiusura – dicono ancora da Medreact – i pescatori italiani e croati hanno notato un miglioramento nella qualità delle catture intorno alla zona, a dimostrazione di come questa misura sia vincente per l’ambiente e per il settore».

IN TERMINI ASSOLUTI ancora non si sa bene cosa voglia dire questa ricerca: la pesca resta in crisi e l’ecosistema pure. A guardarlo dalla costa, l’Adriatico sembra sempre uguale: uno specchio d’acqua più verde che blu. In realtà, però, è cambiato forse per sempre. Dentro, dove è più difficile rimediare.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento