Per me personalmente (e credo per molti altri della mia generazione) Adriano è stato il maestro di cinema da cui imparare, tanto nella critica quanto nella programmazione dei cineclub e dei festival. Non l’unico naturalmente. Insofferenti della cultura cinematografica italiana, che sentivamo asfittica, mortificante e mistificante, cercavamo in Francia la buona novella (in tutte le sue tendenze, dai «Cahiers» a «Présence du Cinéma»). E Adriano è stato il passeur che ha sprovincializzato e aperto l’orizzonte delle idee anche attraverso l’amicizia e la frequentazione diretta dei compagni stranieri di quell’avventura. Prima «Filmcritica», poi «Cinema & Film», il Filmstudio, Pesaro, Salsomaggiore sono stati i nostri fari per molti anni sia per scoprire il cinema classico, non solo hollywoodiano (pensiamo a Mizoguchi, a Dreyer), sia per addentrarci nelle avventure entusiasmanti di quello che si chiamava il «nuovo cinema», da Godard a Glauber.

INTORNO E DOPO il ‘68 Adriano ha intercettato e accompagnato un cinema di rottura che anche in Italia stava emergendo, dall’underground a Straub/Huillet a Carmelo Bene, mentre Rossellini restava il grande maestro della modernità proiettata nel futuro. Nella temperie incandescente ma anche torbida di quegli anni Adriano contribuì a salvarci dalla deriva dogmatica e dottrinaria che finì per trascinare tanti altri. Ma una sua particolarità (importante per l’epoca) fu anche semplicemente quella di conoscere l’inglese: in un universo critico francofono (il francese come la lingua con cui parlare di cinema, come diceva Bertolucci) era tra i pochi a coltivare rapporti importanti con gli Usa da cui portò in Italia la conoscenza del New American Cinema e di Warhol così come la riflessione sulla Nuova Hollywood. E concorse con altri alla riscrittura non conformista della storia del cinema italiano, dai risultatati sorprendenti. Una curiosità a tutto campo, dunque, libera, fertile, eppure molto ordinata, che è rimasta viva fino agli ultimi anni, quando diede vita con generosità al progetto FuoriNorma, un modo per scommettere ancora e sempre sul cinema indipendente italiano. Infine non è un caso che probabilmente il suo ultimo lavoro, quasi a chiusura del cerchio delle sue passioni e della sua stessa storia, sia stata la traduzione per la prima volta in italiano (con relativo commento) di due testi classici della critica francese, Sur un art ignoré di Michel Mourlet e Contre la nouvelle cinéphilie di Louis Skorecki, con i quali continuiamo a confrontarci tra fascinazioni e rifiuti. Tra classicismo e avanguardia Adriano ha sempre costruito delle passerelle con un’idea aperta e plurale di quella che erroneamente continuiamo a chiamare «cinefilia» e che è semplicemente (e non è poco), «conoscenza». Negli anni in cui ci siamo frequentati di più coltivavamo tutti e due l’illusione che saremmo riusciti man mano a vedere tutti i film che contavano, colmando le lacune nel corso degli anni che fuggivano.