Adolfo Urso, neo ministro «delle imprese e del made in Italy» (nuovo nome del Mise) è uno dei Fini boys ripescati da Meloni. Ragazzo del fronte della gioventù, tra i sostenitori della svolta di Fiuggi e della nascita di An nel 1995, segue tutte le evoluzioni della destra italiana fino a lasciare nel 2010 il Pdl e il governo Berlusconi per aderire a Futuro e Libertà proprio con Fini, ma già nel 2011 lascia la pattuglia finiana dopo vari scontri con i colonnelli, e aderisce al Misto.

Nonostante l’abiura, Berlusconi non lo ricandida alle politiche del 2013. Nel 2015 aderisce a Fratelli d’Italia, con cui viene rieletto in Parlamento già nel 2018.

Nel 2021 raggiunge la guida del Copasir, dopo mesi di polemiche dovute al fatto che Fdi era l’unica opposizione al governo Draghi e riteneva di avere il diritto di presiedere l’organismo di garanzia che controlla i servizi segreti.

LAUREATO IN SOCIOLOGIA, è stato viceministro prima delle Attività produttive e poi dello Sviluppo nei governi Berlusconi, dal 2001 al 2006 e poi tra il 2008 e il 2010, sempre con delega al commercio estero. Durante la parentesi fuori dalla politica post 2013, ha creato una società di consulenze per l’internazionalizzazione delle imprese. Ora, a 65 anni, la promozione a ministro.