Adesione dell’Ucraina, Macron frena: «Oltre il cuore c’è la ragione»
L'altro 9 maggio Von der Leyen promette una risposta a Zelensky entro giugno Il presidente francese propone «nuovo spazio di cooperazione». L’Europa non è riuscita a varare il sesto pacchetto di sanzioni, come invece voleva la Commissione
L'altro 9 maggio Von der Leyen promette una risposta a Zelensky entro giugno Il presidente francese propone «nuovo spazio di cooperazione». L’Europa non è riuscita a varare il sesto pacchetto di sanzioni, come invece voleva la Commissione
Alla sfilata di armi e carri armati di Mosca, la Ue nel giorno della festa dell’Europa, in omaggio al discorso di Robert Schuman del 1950 che gettò le basi dell’unione di pace il giorno dopo la celebrazione della fine della seconda guerra mondiale l’8 maggio, ha risposto delineando una prospettiva per il futuro. Questo compito lo ha svolto Emmanuel Macron, nel suo primo discorso europeo dopo la rielezione, a Strasburgo di fronte al Parlamento europeo (la Francia ha la presidenza della Ue), prima di andare a Berlino a fine pomeriggio. Per qualche ora, i problemi sono stati messi sotto il tappeto: difatti, la Ue non è riuscita, come avrebbe voluto la Commissione, a varare per la Festa dell’Europa il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, perché persiste il veto dell’Ungheria (e le reticenze di molti altri) sull’embargo al petrolio (la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, va lunedì in Ungheria per discutere). All’Ucraina, «già membro di cuore» della Ue e che l’Europa continua a aiutare non solo con le armi, Macron propone una «comunità politica europea», cioè un «nuovo spazio di cooperazione politica, di sicurezza, di collaborazione» (nell’energia, nei trasporti, negli investimenti per le infrastrutture, di libera circolazione delle persone, i giovani in particolare). Non vuole essere un’Europa a più velocità, ma, riprendendo l’idea di confederazione europea di Mitterrand, propone una via d’uscita all’impossibilità per l’Ucraina (come per Georgia e Moldavia, a giugno c’è il vertice con i Balcani occidentali) di entrare a breve nella Ue, un percorso che «durerà anni, in verità vari decenni, salvo abbassare gli standard della Ue» sia sul livello dell’«integrazione» che dell’ «ambizione» (la porta è aperta per Macron anche a chi «è andato via dalla Ue», in riferimento alla Gran Bretagna). Dal canto suo, Von der Leyen si impegna di dare una risposta a Kiev sull’adesione «a giugno».
IL PRESIDENTE FRANCESE ha difeso la scelta di non tagliare i contatti con Putin, che molti in Europa criticano o giudicano perlomeno inutile: «Non siamo in guerra con la Russia» (anche se «dobbiamo ridurre» la dipendenza energetica e alimentare da Mosca), «non dobbiamo cedere a tentazioni di revanscismi, domani avremo una pace da costruire e dovremo farlo con l’Ucraina e la Russia attorno a un tavolo», e non «umiliare». Adesso, la Ue deve fare il possibile perché la guerra «finisca il prima possibile», perché l’Ucraina «possa resistere e Mosca non vinca».
Mentre il Parlamento celebrava la giornata dell’Europa, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, a sorpresa è andato a Odessa, dove si è dovuto mettere al riparo a causa dei bombardamenti russi. Un’iniziativa che ha stupito a Bruxelles, anche se le presidenti di Commissione e Europarlamento, Ursula von del Leyen e Roberta Metsola, oltre allo stesso Michel, si sono già recate a Kiev.
NEL SUO DISCORSO Macron riprende una richiesta del Parlamento europeo e, in sintonia con Ursula von der Leyen, propone di discutere già dal Consiglio di fine giugno una riforma dei Trattati, per «non lasciare indietro nessuno» nella Ue, permettendo azioni più efficaci. Una prima mossa dovrebbe essere il passaggio al voto a maggioranza qualificata, nei settori in cui adesso è necessaria l’unanimità (fisco, sociale, politica estera), per poter andare avanti più in fretta nell’agenda: protezione del clima, salute, qualità dell’alimentazione, Europa della difesa. Per von der Leyen, la regola dell’unanimità è «superata» in alcuni campi. Ma per quasi la metà degli stati membri, la riforma dei Trattati non è una buona idea: in una lettera firmata da 13 stati (Repubblica ceca, che prenderà a luglio la presidenza Ue, Bulgaria, Danimarca, i Baltici, Finlandia, Malta, Slovenia, Svezia, Croazia, Polonia, Romania), viene sottolineato che una revisione potrebbe «assorbire troppe energie», mentre «abbiamo una Ue che funziona»: i piccoli paesi infatti temono che la maggioranza qualificata – almeno 15 stati rappresentano più del 65% della popolazione – accentui l’egemonia decisionale dei paesi più grandi . I 13 firmatari rilevano che la riforma dei Trattati non era un obiettivo della Conferenza sul Futuro dell’Europa, un progetto avviato un anno fa a partire da un’idea di Macron. Vi hanno partecipato più di 50mila cittadini europei (800 in presenza nei vari panel), il risultato sono 49 maxi-proposte elaborate in 325 raccomandazioni – tra cui le liste transnazionali alle elezioni europee -, in vista di un’Europa più federale
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