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Addio Mario Fiorentini, simbolo di resistenza

Addio Mario Fiorentini, simbolo di resistenzaMario Fiorentini e Lucia Ottobrini nella loro casa di Roma, in una foto scattata il 20 aprile 2015 – Ansa

Muore a 103 anni l’ultimo comandante dei Gap del Pci. Di origine ebraica, fu partigiano e agente segreto, figura eterodossa e al contempo «d’insieme» dell’antifascismo italiano. Guidò le principali azioni facendo di Roma la capitale europea della guerriglia urbana

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 10 agosto 2022

La scomparsa di Mario Fiorentini rende l’Italia e Roma orfane dell’ultimo comandante partigiano dei Gruppi di Azione Patriottica del Pci. La sua biografia, se non un unicum, rappresenta certamente un percorso umano rarissimo e assolutamente estraneo all’ordinario.

La matrice azionista della sua formazione politica, le origini ebraiche della famiglia, l’adesione al Pci, la lotta armata nella Roma occupata, l’ingresso nell’Office Strategic Service, definiscono quella di Fiorentini come una figura eterodossa e allo stesso tempo «d’insieme» dell’antifascismo italiano.

NATO IL 7 NOVEMBRE 1918 da Pacifico Fiorentini, ragioniere ebreo di ideali mazziniani, e Maria Moscatelli, giovane cattolica di Cittaducale, Mario fin da giovanissimo frequenta tanto gli ambienti della Roma laica e democratica quanto quelli dell’antifascismo popolare degli artigiani, degli operai edili e dei ferrovieri. Qui matura l’incontro con l’ebanista Fernando Norma, membro del Partito d’Azione poi fucilato alle Fosse Ardeatine, con cui il giovane Fiorentini organizzò i primi nuclei di Giustizia e Libertà.

Sfuggito al rastrellamento antiebraico del 16 ottobre 1943, trova rifugio in via Margutta negli studi dei suoi amici pittori Emilio Vedova e Giulio Turcato. Venuto in contatto con i dirigenti del Pci, alla fine dell’ottobre 1943, entra a far parte dei Gap insieme alla sua inseparabile compagna di vita, Lucia Ottobrini.

LA SCELTA combattente di «Giovanni» e «Maria» (questi i loro nomi clandestini) viene presa dopo la battaglia di Porta San Paolo e l’ingresso dell’esercito nazista a Roma «vedemmo i carri armati tedeschi – racconta Fiorentini – presi la mano di Lucia e le dissi: Nous sommes dans un cul-de-sac. In quel preciso istante capimmo che bisognava agire e in fretta». Da quel momento la vita di Fiorentini acquisisce i tratti del romanzo. Assume la guida del Gap centrale «Antonio Gramsci» e insieme a figure straordinarie della Resistenza romana come Antonello Trombadori, Carlo Salinari, Carla Capponi, Rosario Bentivegna, Marisa Musu, Franco Calamandrei e Maria Teresa Regard guida le principali azioni di guerra facendo di Roma la capitale europea in cui fu realizzato il maggior numero di operazioni di guerriglia urbana. Tra i tanti attacchi militari compiuti in prima persona si ricordano: 6 dicembre 1943 Teatro dell’Opera; 18 dicembre Teatro Barberini; 20 dicembre comando tedesco in Corso d’Italia; 26 dicembre (da solo) lancio di bombe a mano in bicicletta contro il corpo di guardia germanico del carcere di Regina Coeli; 18 febbraio contro il segretario del partito fascista Giuseppe Pizzirani; 2 marzo contro una caserma in cui erano rinchiusi civili destinati alla deportazione. E ancora: 10 marzo in via Tomacelli attacco contro una compagnia di allievi ufficiali della Guardia Nazionale Repubblicana e, infine, il concorso nell’ideazione dell’attacco di via Rasella del 23 marzo 1944.

RICERCATO dalla polizia nazifascista, venne trasferito nella zona a sud-est di Roma dove assunse, con Lucia Ottobrini, il comando delle bande «Castelmadama» e «Tivoli». Qui fu arruolato nelle Missioni dell’Oss «Texas» e «Dingo».

Su ordine del Pci frequentò un corso di addestramento dell’esercito Alleato diventando «paracadutista, ufficiale di collegamento con le formazioni partigiane, sabotatore e capo di missione informativa». Rientrato a Roma, venne aviolanciato il 18 luglio 1944 sull’appennino emiliano dove «Fringuello» o «Dino», per conto della Missione Alleata, organizzò una fitta rete di contatti tra decine di distaccamenti partigiani nel nord-Italia. A seguito dei successi delle sue attività segrete fu inviato a Milano ma venne arrestato dai tedeschi sul treno che lo portava in Lombardia. Riuscì a fuggire pochi giorni dopo raggiungendo Milano il 10 agosto 1944.

In quattro mesi Fiorentini portò a termine ventidue missioni di collegamento tra le brigate partigiane dell’Emilia, della Liguria e della Lombardia.

NELL’OTTOBRE 1944, con l’avanzata Alleata verso nord, si spostò nella zona Milano-Como-Sondrio organizzando una stazione radio e un nuovo centro informazioni. L’area venne rastrellata e Fiorentini fu catturato dai fascisti e trasferito prima a Sondrio e poi nel carcere di San Vittore a Milano, da dove evase gettandosi dalla finestra dell’Ufficio Politico Investigativo. Riunitosi al Comando Generale delle Brigate Garibaldi fu inviato in Piemonte dove operò con la Missione Alleata «Chrysler» e con le formazioni di Vincenzo Moscatelli.

Per la sua attività di partigiano e agente segreto Mario Fiorentini, che nel dopoguerra diverrà matematico di fama internazionale, fu insignito di tre medaglie d’argento al Valor Militare, tre Croci al Merito di Guerra, una medaglia «Donovan» dell’Oss e una medaglia della Special Force inglese.

Il nostro Paese senza memoria perde una figura luminosa ed emblematica della sua storia migliore, ovvero uno degli appartenenti a quella «comunità gappista» mai scioltasi negli anni, pur duri, dei processi e delle persecuzioni antipartigiane consumatesi durante la Repubblica: «Fare il gappista è stata un’esperienza dura. Rosario Bentivegna oltre ad essere stato un grande combattente, nella vita è stato un grande uomo. Purtroppo ha dovuto sopportare tutto il peso di via Rasella. Carla Capponi è stata la donna più coraggiosa che io abbia mai conosciuto. Questa è stata la nostra storia di gappisti. Forse tra cinquanta anni ci condanneranno pure. Però in quel momento siamo stati noi a decidere. Su questo non ci piove».

*Ha curato il Fondo Fiorentini-Ottobrini per l’Archivio Storico del Senato della Repubblica

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