Il governo di centro sinistra di Sanna Marin è uscito pesantemente sconfitto dalla urne di domenica in Finlandia.

PETTERI ORPO, il leader dei conservatori arrivati come primo partito, in base alla Costituzione finlandese riceverà il mandato esplorativo per dare vita al governo e ha davanti a se due possibilità: provare a formare una coalizione di centro destra con democristiani e centristi includendo gli xenofobi di Riikka Purra (Veri finlandesi), volati al 20%, oppure tentare la strada di una grande coalizione con socialdemocratici, centristi e verdi. Una soluzione esclusa durante la campagna elettorale che difficilmente i conservatori proveranno a percorrere. Una coalizione di centro destra tra conservatori, centristi e Veri finlandesi non sarebbe una novità ma, nella legislatura 2015-2019, i rapporti di forza erano molto diversi da oggi.

L’AVANZATA DELL’ESTREMA destra e il plebiscito di preferenze ottenuto dalla loro leader Purra ridefiniscono non solo i rapporti di forza ma anche il possibile futuro programma di governo. Se per tutta la campagna elettorale Purra ha agitato lo spauracchio di «finire come la Svezia» su immigrazione e criminalità, è proprio dal nuovo governo a Stoccolma (dove i conservatori governano con l’ultra destra) che potrebbero arrivare i maggiori suggerimenti per stilare un programma elettorale comune: lotta all’immigrazione, riduzione delle tasse per le fasce più alte, rallentamento delle politiche per la riconversione ecologica, abbassamento della spesa sociale.

Più ancora dello spauracchio della Svezia in campagna elettorale ha riecheggiato dalla bocca del conservatore Orpo il «rischio greco» visto l’aumento della spesa pubblica (soprattutto a seguito dell’emergenza Covid), l’inflazione galoppante ma, soprattutto, il debito pubblico definito «fuori controllo». La Finlandia fa parte del blocco europeo dei cosiddetti “paesi frugali” pro austerity insieme a Austria, Danimarca, Olanda e Svezia ed è stata proprio la destra ad aver attaccato il governo Marin per aver aumentato la spesa pubblica per istruzione, welfare e politiche contro i cambiamenti climatici. Scelte portate avanti dai socialdemocratici ma soprattutto dall’Alleanza di sinistra e dai Verdi, veri sconfitti di questa tornata elettorale.

LA LEADER DELLA SINISTRA, Li Andersson, ministra dell’istruzione, domenica notte ha commentato a caldo i risultati del suo partito (7,1%, da 17 a 11 parlamentari, il peggior risultato di sempre) con un colorito detto finlandese definendo la percentuale raccolta vituttaa kuin pientä eläintä, “come una scopata di un piccolo animale”. Andersson, che lascerà la presidenza del partito questa estate, sotto il suo dicastero aveva innalzato l’obbligo scolastico a 18 anni mantenendo la totale gratuità del percorso formativo. La giovane leader di sinistra, lo scorso aprile, aveva inoltre portato il partito ad accettare la svolta atlantista registrando un dissenso interno di 6 deputati che avevano mantenuto il loro No all’ingresso nella Nato. Nessuno dei 5 ricandidati è riuscito ad ottenere le preferenze necessarie per rientrare in Parlamento. Il partito per la prima volta non ha ottenuto deputati in Lapponia, una delle zone più povere del paese e storicamente di sinistra, mentre a Helsinki l’Alleanza di sinistra ha ottenuto il suo migliore risultato con il 13%.

Secondo Paavo Arhinmäki, vicesindaco di Helsinki ed ex Presidente del partito, la perdita di un punto percentuale rispetto al 2019 e di 6 seggi è imputabile al cosiddetto “voto tattico” che ha colpito la sinistra e i verdi a favore dei socialdemocratici e anche al sistema proporzionale di collegio che penalizza le forze minori nell’attribuzione degli eletti.

ANCORA PIÙ NEGATIVO il risultato dei verdi crollati dall’11 al 7%. Le due formazioni progressiste avevano abbandonato il loro storico profilo pacifista abbracciando la richiesta di adesione all’Alleanza atlantica che oggi vedrà il suggello finale con la firma del presidente della Repubblica, il conservatore Sauli Niinistö, presso la sede Nato a Bruxelles. La Russia ha immediatamente risposto annunciando di voler rafforzare la presenza delle sue forze armate lungo i 1.300 km di confine con il paese nordico.