Addio al gallerista Giorgio Marconi
Ritratti La scomparsa, a 93 anni, di un personaggio-calamita del mondo dell'arte milanese e non solo. Fra i suoi artisti, Arnaldo e Giò Pomodoro, Beuys, Burri, Calder, Fontana, Miró, Picabia. Strinse un lungo sodalizio con Man Ray e si affidò a un team di studiosi trasformando il suo Studio in un luogo di mostre e ricerca
Ritratti La scomparsa, a 93 anni, di un personaggio-calamita del mondo dell'arte milanese e non solo. Fra i suoi artisti, Arnaldo e Giò Pomodoro, Beuys, Burri, Calder, Fontana, Miró, Picabia. Strinse un lungo sodalizio con Man Ray e si affidò a un team di studiosi trasformando il suo Studio in un luogo di mostre e ricerca
Il gallerista milanese Giorgio Marconi, protagonista dell’arte contemporanea con il suo Studio omonimo, poi divenuto Fondazione nel 2004, è morto all’età di 93 anni nella città lombarda, dove era nato il 18 luglio 1930. Marconi aveva iniziato la sua carriera di gallerista nel 1965 quando, abbandonati gli studi di medicina, decise di aprire il primo spazio espositivo, Studio Marconi in via Tadino 15: prima, c’era la bottega di cornici di suo padre Egisto. Grazie a quel genitore, corniciaio dei maggiori artisti italiani degli anni ’30 – tra i nomi ci sono Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi e Mario Sironi – Marconi entrò in contatto con gli artisti del momento, tra cui Valerio Adami, Enrico Baj, Lucio Del Pezzo, Arnaldo e Giò Pomodoro, Emilio Tadini.
I frequenti viaggi, soprattutto a Londra, gli permisero di stringere importanti sodalizi, come quello con il mercante d’arte Robert Fraser e con gli artisti della Pop Art inglese: Peter Blake, Patrick Caulfield, Richard Hamilton, David Hockney, Eduardo Paolozzi, Joe Tilson. Studio Marconi divenne un punto di riferimento importante nella vita culturale di Milano, promuovendo artisti emergenti, parallelamente a mostre di maestri già affermati, sia a livello nazionale che internazionale. Tra questi figurarono Joseph Beuys, Alberto Burri, Alexander Calder, Willem De Kooning, Lucio Fontana, Joan Miró, Francis Picabia, Antoni Tápies. Non limitandosi alla semplice esposizione delle opere, sin dai primi anni di attività, Marconi scelse di collaborare con studiosi, critici e giornalisti (tra cui Giulio Carlo Argan, Natalia Aspesi, Giorgio Bocca, Gillo Dorfles, Umberto Eco) per realizzare pubblicazioni periodiche, antesignane degli odierni magazines di settore, e fare il punto sullo stato dell’arte, pedinandolo da vicino.
L’attività di Studio Marconi può quindi essere avvicinata a quella di uno spazio museale, pur avendo il dna di una galleria privata. Con Man Ray strinse un solido rapporto di amicizia a partire dal 1967, mentre per Louise Nevelson (1973) curò e promosse mostre in Italia e all’estero. Lo Studio chiuse i battenti nel 1992, con un catalogo di rassegne alle spalle che si aggirava intorno alle 180. Nel 2004 era nata la Fondazione, con l’obiettivo di continuare a lavorare con i suoi artisti, gestire le loro opere, collaborare con le istituzioni e promuovere mostre.
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