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Addio ad Alfredo Castelli, l’affabulatore del fumetto

Addio ad Alfredo Castelli, l’affabulatore del fumettoAlfredo Castelli

Fumetti L'autore meneghino, creatore di "Martin Mystère" alla fine degli anni '70 e grande innovatore del format dei “giornaletti” con Sergio Bonelli Editore, è morto a 76 anni

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 8 febbraio 2024

Nel dedalo di anfratti di via Buonarroti 38, sede di Sergio Bonelli Editore, l’ufficio di Alfredo Castelli era dirimpetto a quello del direttore editoriale. Forse, un caso. O forse, no: perché nei suoi oltre 50 anni di militanza sotto le insegne del publisher milanese, Castelli è stato l’autore ed editor che più di ogni altro ha contribuito ad ampliare un format rimasto uguale a se stesso fino agli Anni ‘80 – quello dei cosiddetti “giornaletti”.

SUBITO la mente vola a Martin Mystère, personaggio abbozzato dall’autore meneghino classe 1947 alla fine degli Anni ’70 nell’embrionale Allan Quatermain per la rivista “SuperGulp!” e finalizzato nel 1982. Soprattutto, il primo eroe Bonelli definitivamente contemporaneo: se fino a quel momento i characters della casa avevano agito in ambito western, a includere il fulminante Mister No, ambientato in un’Amazzonia Anni ’50 che però profumava di Frontiera, Martin Mystère opera ai giorni nostri. Un eroe complesso quanto il suo autore, l’archeologo avventuriero in perenne lotta contro l’oscurantismo degli “uomini in nero”. È biondo e aitante come i suoi modelli, Brick Bradford e Flash Gordon. Ma al contrario di questi ultimi e dei “soliti” action-men Bonelli è razionale, posato, bibliofilo e un po’ logorroico. Per dirla con il suo creatore, «Un Piero Angela appena più effervescente», che come “Detective dell’impossibile” smonta più miti e leggende urbane del CICAP, e che quando si tratta di menare le mani lascia fare volentieri al suo assistente, il Neanderthal Java.

Ma oltre all’idea e i testi di Martin Mystère, c’è di più: è Castelli a spingere per gli allegati “metanarrativi” che a partire dal 1984 andranno in edicola con gli albi di via Buonarroti. È sempre lui a insistere perché accanto alle uscite “regolari” di Tex & C. arrivino nelle edicole almanacchi, albi giganti e altre declinazioni editoriali. È ancora lui ad aprire le porte della casa editrice a Tiziano Sclavi creando le premesse per il successivo boom di Dylan Dog, e a veder arrivare sul piccolo schermo la prima serie animata di caratura internazionale dedicata a un eroe “made in Italy”…

MIRACOLI, ma neanche troppo, di un autore che si era fatto le ossa in quella formidabile fucina di talenti che era stato il “Corriere dei Ragazzi”, versione più aspirazionale del mitico “Corrierino” Rizzoli voluta dal vulcanico Giancarlo Francesconi. Lì, in quell’altro “giornaletto” nato con l’ambizione di usare il fumetto per raccontare ai tredicenni i massimi sistemi della cronaca e dell’attualità, con storie all’insegna di quello che oggi chiamiamo “giornalismo grafico”, Castelli gioca da battitore libero, inventando personaggi formidabili come “Gli Aristocratici”, ladri gentiluomini disegnati da Ferdinando Tacconi, o il pulp rivisitato L’Ombra, con le matite e le chine di Tacconi e Cubbino. Non manca una dirompente anticipazione “ante-litteram” degli odierni fumetti “disegnati male”. “L’omino bufo”, scarabocchiato su un layout dallo stesso Castelli nel 1972 per tappare un buco del settimanale, conquista a colpi di humour demenziale cuori e menti dei giovani lettori, diventando un protagonista a tutto tondo con una lunga e fortunata vita editoriale.

In questa avventura umana a strisce ci sarebbe spazio per tante altre invenzioni, da testi di storiografia del fumetto come Eccoci ancora qui 1895-1919, a testate come la leggendaria “Horror” di Sansoni ed “Eureka!”, diretta in tandem con Silver, alle sceneggiature di icone della nona arte come Diabolik, Pedrito El Drito o Zagor, fino alla scoperta di una quantità incalcolabile di sceneggiatori, disegnatori e autori unici. Che se oggi piangono la sua scomparsa, avvenuta il 7 febbraio, domani saranno pronti a onorarne la memoria mettendo in pratica una delle sue tante, leggendarie boutade, oggi cristallizzata in un vero e proprio teorema: «Per fare una storia, basta prendere un’altra storia, cambiare l’inizio, cambiare il finale e poi cambiare anche la parte in mezzo». Nella vita, purtroppo, di cambiare i finali non c’è verso.

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