Visioni

Addio a Takahiko Iimura, la sublimazione surreale dell’arte visiva

Addio a Takahiko Iimura, la sublimazione surreale dell’arte visivaUn’immagine da «Ai (Love)» (1962)

Lutti Morto a 85 anni il regista giapponese fra le figure più importanti del cinema sperimentale del Sol Levante

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 5 agosto 2022

Nei giorni scorsi, si è spento a ottantacinque anni, nella sua abitazione a Tokyo, l’artista e regista giapponese Takahiko Iimura, una delle figure più importanti nel cinema sperimentale, expanded cinema e videoarte del Sol Levante. Iimura comincia il suo percorso artistico negli anni sessanta, dapprima attraverso un forte interesse verso la parola scritta, specialmente la poesia, e la pittura, passioni che sfociano, all’inizio del decennio, nel cinema, arte che combina, espande e sublima questi due interessi. Iimura fu uno dei primi, assieme a Nobuhiko Obayashi (House, Miss Lonely, Hanagatami) a organizzare proiezioni di film amatoriali e sperimentali in 8 mm in gallerie e luoghi pubblici affini. A Questo segue la creazione, nel 1964, del gruppo Film Independents assieme allo stesso Obayashi e al critico cinematografico e artista statunitense Donald Richie.

NELLA PRIMA METÀ degli anni sessanta realizza brevi lavori a metà strada fra la video performance e il video amatoriale/sperimentale, Kuzu (1962), ci mostra i rifiuti che galleggiano nella baia di Tokyo con dei bambini che giocano, mentre in On Eye Rape, sempre dello stesso anno, l’artista giapponese perfora una vecchia pellicola sull’educazione sessuale, per lo più con immagini di animali e fiori, mettendo così in discussione le regole sulla censura cinematografica del suo paese. Fra i più riusciti lavori usciti nel 1962 troviamo Ai (Love), decostruzione di due corpi che consumano un amplesso, che si avvale del sonoro realizzato da Yoko Ono, che Iimura aveva conosciuto durante una delle performance che la futura moglie di John Lennon metteva in scena nella capitale. L’anno successivo è la volta della sua collaborazione con la danza Butoh, filma infatti The Masseurs e nel 1965 Rose Color Dance, dei lavori con protagonisti i due fondatori del Butoh, Tatsumi Hijikata e Kazuo Ohno. Non delle semplici registrazioni delle loro performance, ma una cine-danza dove i corpi quasi minerali dei danzatori si muovono e si scontrano con la macchina da presa del regista in continuo movimento.

Takahiko Iimura

La scena sperimentale e underground giapponese, soprattutto a Tokyo, è quindi molto viva durante quegli anni, anche perché era direttamente collegata al sentimento di resistenza e di rivolta contro la società e la politica del tempo, e trova molti punti di contatto con quello che stava succedendo al di là dell’oceano, specialmente a New York. Iimura si trasferisce quindi nella capitale statunitense nel 1966, dove resterà per un paio di anni e dove spesso ritornerà, qui comincia a girare dei lavori più intimi, quasi di scoperta di un nuovo paese e scoperta di un nuovo sé che filma, senza però negare la sua vena sperimentale. In New York Scenes del 1967 riprende la sua amica Linda, la moglie e compagna di una vita Akiko immersa nel panorama urbano newyorkese, degli idranti a Broadway e il Central Park.

Nei primi ’60 realizza brevi lavori a metà strada fra la video performance e il video amatoriale/sperimentale.

NEGLI ANNI SETTANTA comincia il suo interessamento verso un cinema sperimentale più strutturalista e concettuale, spesso realizzato attraverso video e non più su pellicola, fra i primi lavori di questo genere si ricordano qui almeno A Chair (1970) e Time Tunnel (1971). Nasce anche da questo interessamento al «nuovo» medium l’Iimura realizzatore di installazioni visive e artista a tutto tondo che sboccerà definitivamente solo nei decenni seguenti.
Si inserisce in questo contesto anche la trilogia composta da Observer/Observed del 1975, Camera, Monitor, Frame e Observer/Observed/Observer, entrambi dell’anno successivo, con cui Iimura decostruisce la macchina che filma e l’apparato visivo nel suo complesso e, che nelle sue stesse parole, è un tentativo di «creare una semiotica dell’arte visiva attraverso il medium visivo e non la parola scritta». Questo interessamento rappresenta anche un lavoro di ricerca del rapporto tra la parola scritta/parlata e l’immagine in movimento, tema che l’artista giapponese esplorerà durante tutto il resto della sua carriera, ad esempio nel 1993 quando realizza A I U E O NN Six Features. Attraverso questo video, Iimura esamina la relazione fra il suono delle vocali e la loro immagine, rappresentata da Iimura stesso che pronuncia questi suoni mentre il suo viso viene distorto in maniera surreale e con effetto comico attraverso un programma per computer.

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