Addio a Donald Sutherland, i mille volti del cattivo ribelle
Lutti Morto a 88 anni l'attore canadese diretto da Aldrich, Fellini, Bertolucci, Altman
Secondo un’intervista rilasciata a «The Guardian» in occasione dell’uscita the The Hunger Games: Catching Fire, in cui interpretava il fascistoide presidente Coriolanus Snow Donald, Sutherland avrebbe capito il potere del cinema quando aveva diciannove anni, dopo aver assistito a un doppio programma, fatto di La Strada di Federico Fellini Orizzonti di gloria, di Stanley Kubrick. «Quando sono uscito da quel cinema, ho iniziato ad afferrare tutto quello che trovavo intorno a me – pietre, ghiaia…- e a scaraventarle contro l’asfalto, tanta era l’ingiustizia che sentivo dentro», ha detto l’attore al giornalista del quotidiano inglese.
DA QUEL POMERIGGIO del 1958, a Toronto, fino ad oggi Sutherland – scomparso ieri all’età di 88 anni- ha sempre continuato a credere nella forza contundente del cinema, e a usarla nel suo lavoro.
Nella stessa intervista, in cui si auspicava che la rivoluzione di Katniss Everdeen ispirasse analoghi istinti di rivolta nelle nuove generazioni, Sutherland si era rammaricato: «Il fatto è che, da trent’anni a questa parte, i giovani sono immobili. Sono consumati dal telefonino – dai tweet. Nel ’68 noi ci siamo ribellati».
Più ancora dei coetanei «di sinistra» Robert Redford e Warren Beatty e almeno quanto la compagna di battaglie Jane Fonda (con cui ha anche realizzato il mockumentary contro la guerra in Vietnam F.T.A), Sutherland è sempre stato associato allo spirito dell’America dei Sixties – sugli schermi e non (il suo attivismo pacifista e l’appoggio alle Black Panthers fecero sì che la National Security Agency creasse un dossier su di lui; nel 2008, il suo appoggio per Obama trovò voce regolare in un blog per l’Huffington Post.)
L’invasione degli ultracorpi, Quella sporca dozzina, Mash, Animal House, Una squillo per l’ispettore Klute, A Venezia un dicembre rosso shocking, sono alcuni dei suoi film più leggendari di quagli anni, emblematici delle fratture e delle inquietudini che agitavano l’America dei Sixties e dei Seventies, come della sintonia naturale che Sutherland manifestava per gli autori più indocili della Hollywood liberal – Robert Aldrich, Robert Altman, Alan Pakula e John Landis.
Più di Redford e Beatty, è sempre stato associato allo spirito dell’America dei Sixties
DALL’ALTRA PARTE dell’oceano, dove Sutherland aveva girato, ben prima di Quella sporca dozzina, il polpettone bellico I guerrieri, e degli horror italiani di serie B, Bertolucci e Fellini presero nota del suo erotismo spigoloso e ambiguo scritturandolo in Novecento e Casanova.
«Lavorare per quei grandi era come innamorarsi. Io ero il loro amante, e il loro amato» , dichiarò Sutherland parlando dei registi di quell’era.
E, alla domanda su quale fosse il favorito, posta dal quotidiano Newsday, nel 1976: «Lavorare con Fellini è stata l’esperienza migliore della mia vita. Per un attore, non c’è nessuno come lui. Più che a chiunque altro, uno si sottomette a Fellini. Lui è il maestro. E tu lo servi».
Indocile è anche l’andamento della sua carriera, fatta di oltre 200 titoli, tra cinema e tv. Tra cui, saltando negli anni e tra i nei generi (cosa che amava fare, e che, in tarda età lo trasformò in uno splendido, regale, caratterista) basta citare JFK, Fuoco assassino, Sei gradi di separazione, Orgoglio e pregiudizio, Space Cowboys e Ad Astra.
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