È un album di grande raffinatezza ed efficacia comunicativa We Tuba, dimostrata peraltro nei concerti alla Casa del Jazz e a JazzMI. Quali i suoi punti di forza? Intanto la presenza carismatica del suono «unico» di Michel Godard (tuba, serpentone), combinato con quello della matura e personalissima voce di Ada Montellanico – leader del gruppo – e degli altri musicisti: Simone Graziano (piano, Fender Rhodes), Francesco Ponticelli (contrabbasso) e Bernardo Guerra (batteria). Il gruppo è efficacemente ritratto da Pino Ninfa nella foto collettiva presente nel libretto.
Un secondo elemento è la maturità – musicale, compositiva, autoriale – della Montellanico che ha modellato e costruito le sue idee attorno ad un progetto musicale fatto di suoni, parole, sentimenti e messaggi. La vocalist è eccellente nel canto (in inglese e italiano) dimostrando sensibilità/espressività canora in una ricca gamma di sfumature, come nelle improvvisazioni e nell’autorevolezza della conduzione.
We Tuba ha un ulteriore pilastro nell’attiva presenza della più giovane generazione dei jazzisti italiani. Francesco Ponticelli ha composto lo strumentale e conclusivo BellAda ed è coautore (con Montellanico e/o Graziani) del cinetico The Time Will Come, del raccolto Words e del melodicamente complesso Go Deep. Simone Graziano ha trasformato in poesia le notti insonni da neopadre (Unsleepers) e, insieme alla leader, ha disegnato un epico, antiretorico inno quale Heroes. In esso si elencano «eroi» da Malcolm X a Rosa Luxembourg, concludendo con il perentorio verso «Fight for freedom / all men are equal / fight».
Michel Godard è presente in ciascuno dei nove brani ed i suoi gravi strumenti trovano sempre il modo giusto per inserirsi e valorizzare le trame melodico-ritmiche. C’è, poi, un altro ospite di riguardo che è Paolo Fresu. Insieme ad Ada Montellanico, il trombettista ha composto il drammatico I’m A Migrant, affresco in parole e musica dell’esodo planetario di milioni di persone. Con «Sorriso» (Alla piccola Dora) i due dipingono un ritratto di bimba, la figlia di Simone Graziano, davvero riuscito nel fissare il desiderio e l’incanto infantile nella scoperta del mondo.

Un secondo elemento è la maturità della jazzista che ha modellato e costruito le sue idee attorno ad un progetto musicale fatto di suoni, parole, sentimenti e messaggi.

PROPRIO questi due ultimi pezzi mettono in luce il duplice aspetto dell’album We Tuba: da un lato un versante cameristico in cui il ritmo è spesso sottinteso, quasi interiorizzato, mentre i colori delle note dialogano con liriche a volte preziose e mai scontate. Su un altro, complementare, fronte ci sono brani carichi di energia, di forza espressiva, di scelte politiche come Heroes o I’m A Migrant. Del resto – in particolare per Montellanico, Graziani e Fresu – i risultati artistici sono frutto anche di coesione e conoscenza legata alle battaglie culturali e politiche portate avanti insieme per un lungo periodo.

LA CANTANTE è stata per otto anni battagliera presidente di MIDJ (Associazione dei Musicisti Italiani di Jazz, nata nel 2014) e il pianista ha preso il suo posto. La Montellanico ha strettamente collaborato con Paolo Fresu, presidente per quattro anni della FIJI (Federazione Il Jazz Italiano) e nei recenti Stati Generali è stata eletta proprio a capo della Federazione. Si badi bene: arte e militanza non si sovrappongono in modo meccanico ma attraversano e intessono vite, incontri, concerti, discussioni. «La musica come espressione e atto di resistenza» (dopo un anno di pandemia) ha scritto Ada Montellanico.
Un plauso va anche al produttore discografico Enzo Vizzone che ha investito molto nel Cd. Registrazione (tecnico del suono Stefano Bechini), grafica, fotografie, la presenza di tutti i testi dimostrano un’attenzione globale al progetto artistico che spesso non si riscontra.