Ada Colleoni, l’ombra addosso
Il nome di Ada Colleoni apparentemente non dovrebbe ricordarci nulla eppure se al suo cognome natio si affianca quello del marito, ossia Enrico Mainardi ecco che nella memoria collettiva la si associa a una lunga e burrascosa relazione con Arturo Toscanini. Facile quindi evocare la figura del grande direttore d’orchestra, difficile invece scrivere di una pianista che in un periodo molto difficile della vita europea, provò a portare avanti la sua carriera di musicista, fra non pochi ostacoli, fra cui proprio Arturo Toscanini.
Ada Colleoni nasce a Bergamo nel 1897 e la sua discendenza è molto antica poiché suo lontano avo fu Colleoni Bartolomeo condottiero che rimase famoso nella storia. Ada invece rimase famosa, suo malgrado proprio per quella relazione extraconiugale con Arturo Toscanini che vezzosamente si firmava «Artù». E tutto questo è diventato di dominio pubblico quando Harvey Sachs pubblicò nel suo sontuoso Nel mio cuore troppo d’assoluto (Garzanti, 2005 riedito come Lettere Saggiatore, 2017) gran parte di quel rapporto che Toscanini soleva vergare e poi spedire alla sua amata. Questo potrebbe bastare per capire quale fosse il livello d’intensità di un rapporto amoroso, ma come è spesso successo, l’ombra sulla Colleoni è stata così oscurante che della sua carriera come pianista si sa poco o niente. E questo per una donna del suo tempo è importante, poiché la sua professionalità in un campo assolutamente maschile, è stata quindi oscurata proprio dalla relazione con Toscanini.
NESSUNA TRACCIA
In verità Colleoni ebbe una sua intensa vita da pianista con il marito violoncellista Enrico Mainardi e da solista. La difficoltà però sta nel reperire le fonti poiché su di lei poche o scarse notizie abbiamo rinvenuto, addirittura sul luogo del suo decesso avvenuto nel 1979 sembra che ci sia qualche dubbio. Ma procediamo con ordine. Ada Colleoni nasce a Bergamo e frequenta una delle classi di pianoforte presso il Conservatorio «G. Verdi» di Milano. Purtroppo nessuna notizia è giunta dal Conservatorio milanese sul curriculum della Colleoni e questo conferma l’idea della ricerca ossia che di questa pianista si siano perse le tracce e su di lei solo poche notizie. Quello che conferma la sua esistenza come pianista è proprio la fortuita raccolta di lettere scritte da Arturo Toscani nel corso degli anni.
Si conobbero nel 1917 grazie all’unione della Colleoni con il violoncellista Enrico Mainardi. Di quest’ultima sappiamo, anche grazie ai riferimenti di Toscanini che ebbe una intensa attività concertistica prevalentemente in duo con il marito. Toscanini intrattenne con la Colleoni una corrispondenza che iniziò nel 1933 e terminò nel 1940.
Questo corpus di 600 lettere e di 300 telegrammi fu venduto ad un’asta della Casa Stargardt di Berlino per una cifra pari a settanta milioni di lire versate da parte di un collezionista tedesco che a sua volta le cedette a dei privati. Poi dopo una serie di traversie il corpus è stato recepito dalla Società del Quartetto e quindi depositato a Milano grazie alla mediazione di Harvey Sachs, autore della monumentale raccolta precedentemente citata.
È evidente come la figura di una donna in un periodo nel quale la supremazia maschile era massificante, soprattutto nel campo della musica, abbia un ruolo importante e interessante. A parte le qualità pianistiche della Colleoni ciò che sorprende è la sua estrema freschezza nel gestire un rapporto difficile con uno degli artisti più geniali dello scorso secolo. Sicuramente il suo spirito e il suo essere musicista aiutò non poco a rendere la vita artistica e sentimentale di Toscanini migliore.
In molte missive infatti il direttore esprime giudizi, pareri, critiche relative proprio al campo di appartenenza e sovente vi è la richiesta di un parere, di una risposta. Rammarica però il fatto che della Colleoni, una delle non molte pianiste della sua generazione, rimanga, come detto, poca memoria. Non esistono sue incisioni, quelle del marito Mainardi (e anch’esse non sono molte) sono realizzate con altri pianisti. Di lei, della sua carriera sappiamo qualche cosa grazie alle indicazioni forniteci dallo stesso Toscanini che le scrive fra una sua tournée e l’altra. Poi ad un certo punto la Colleoni decide di interrompere la sua attività pianistica e non sappiamo se continuò insegnando. È noto che la relazione con Mainardi non fu mai interrotta, ma è possibile che fra i due si creò un distacco sia professionale che affettivo. La loro collaborazione è testimoniata da un unico programma di sala rinvenuto, relativo ad un concerto tenuto dal duo il 24 novembre 1939 a Velika Dvorana nella allora Cecoslovacchia; nel programma presentato il duo eseguì un Adagio di Tartini, una Sonata in La diesis di Boccherini, la Fantasia op. 73 di Schumann, la Melodia di Renzo Rossellini e la Tarantella di Casella. Un repertorio quindi molto particolare specie per la presenza delle due composizioni di Rossellini e di Casella, autori dalla scrittura non facile. Sappiamo anche che a fine novembre del 1933 ella fu in tournée con il marito e certamente si esibirono a Berlino, città nella quale si trasferirono.
IL «SOGNO»
Toscanini che aveva deciso di rompere ogni indugio con la Germania nazista non accettava che la coppia Mainardi vi si recasse e suonasse per i tedeschi così come scrive in una lettera del 12 agosto 1937: «Mi hai dato un grande dispiacere… Potevi risparmiartelo… Perché sei andata a Bayreuth? Non avevi l’obbligo. Chi ti ha invitata? Furtwangler? Tu e tuo marito avete stomaco sano!». Ma Toscanini ha anche la volontà di parlare alla Colleoni come pianista e lo fa spesso, quando la incita e scrive: «Studia il pianoforte. Suona musica di Brahms (…) Studia i due concerti»(lettera del 7 marzo 1937). E ancora: «Sai che oggi mi era passato per la mente di trascriverti a memoria quella bella melodia per piano di Catalani Sogno perché tu la impari e la suoni mentre ti sono lontano? Lo farò uno di questi giorni… Voglio che tu abbia avanti gli occhi una cosa che amo tanto e che ho quasi visto nascere. Dobbiamo avere qualche cosa che ci unisca spiritualmente anche nella musica… Quella melodia non passa – non dico giorno – ma settimana che non la suoni. È un riavvicinamento a quel caro spirito che mi adorava e che devo a lui se incominciai in Italia la mia carriera direttoriale… A Torino coll’Edmea… Novembre 1886. E ti piacerà – sono certo – non può mancare di piacerti… Sono veramente delle note di sogno… Chi sa – forse un giorno la suoneremo vicendevolmente… Faremo una sfida.. Tu sei più pianista, io non ho mai potuto fare una scala con la stessa digitazione, ero la disperazione del mio maestro… Amavo il pianoforte solo perché mi dava il mezzo di conoscere della musica. Quante volte Catalani me la faceva suonare, non so dirti… Concludeva sempre – pare musica tua – io che l’ho scritta non la rendo come la rendi tu».
È commovente ciò che scrive Toscanini e soprattutto è interessante la stima che avesse per la pianista Colleoni. Non hanno mai suonato assieme ma ella non era famosa mentre Toscanini lo era molto e com’è ovvio i suoi esecutori dovevano godere di una fama analoga. È certo però che della Colleoni dobbiamo comprendere come fosse difficile imporsi anche con la presenza di Toscanini al quale, probabilmente non si è mai rivolta per avere raccomandazioni o per diventare «famosa». Una sua dignità certamente, un rapporto d’amore intellettuale, una storia di rara bellezza e intelligenza. In buona memoria di una donna dimenticata.
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