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Ad Amburgo «zona rossa» nel mirino gli antagonisti

Ad Amburgo «zona rossa» nel mirino gli antagonistiProteste ad Amburgo – Reuters

Amburgo è da sempre, insieme a Berlino, la città politicamente più viva della Repubblica federale tedesca. I quartieri Schanze e St. Pauli sono, in particolare, le zone in cui si […]

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 9 gennaio 2014

Amburgo è da sempre, insieme a Berlino, la città politicamente più viva della Repubblica federale tedesca. I quartieri Schanze e St. Pauli sono, in particolare, le zone in cui si concentra la vita alternativa e antagonista della metropoli sull’Elba. Da alcuni giorni rappresentano anche l’area in cui è in vigore una sorta di «zona rossa», chiamata nel linguaggio ufficiale della polizia «Gefahrengebiet», vale a dire letteralmente «zona di pericolo».
In sostanza, uno stato d’eccezione in virtù del quale le forze dell’ordine hanno le mani libere per perquisire chiunque giri per la strada, anche in assenza di situazioni configurabili, secondo i normali standard, come «pericolose». Controlli di massa giustificati – così recita la legge – da «informazioni in base alle quali si viene a conoscenza che in quell’area si compiono delitti», che si rende necessario non solo reprimere, ma anche prevenire.

La norma è contenuta nella legge sui poteri di polizia del municipio di Amburgo, che nell’ordinamento tedesco è un Land a sé. E l’ordine pubblico è in buona parte materia delle amministrazioni locali, non del governo federale. La scelta di dichiarare i quartieri caldi «zona di pericolo» ricade quindi interamente sull’amministrazione della città-stato amburghese, nelle mani non della destra democristiana, ma dei socialdemocratici della Spd.

Motivo di tale repressione legalizzata di massa è, secondo l’esecutivo locale, la presenza di nuclei di delinquenti che «turbano gravemente l’ordine» e «minacciano l’incolumità delle forze di polizia». Dietro una simile esibizione muscolare c’è la necessità dell’amministrazione socialdemocratica di farla finita con lo «scandalo» dell’esistenza di uno storico spazio occupato della zona, il Rote Flora, centro di iniziativa politica e culturale degli autonomi amburghesi: la proprietà dello stabile vuole tornarne in possesso, probabilmente per dedicarsi a un «risanamento» che significhi soprattutto fare affari. Secondo il copione di ciò che i sociologi urbani chiamano «gentrificazione», fenomeno – purtroppo – molto visibile in diverse metropoli, a partire da Berlino.

Ma c’è dell’altro: il Rote Flora offre da tempo supporto politico e logistico ai migranti approdati ad Amburgo da Lampedusa (la cui vicenda il manifesto ha raccontato lo scorso 5 settembre): centinaia di persone in lotta per il diritto di poter vivere e lavorare in Germania ma che, secondo le leggi europee e i governanti tedeschi, dovrebbero essere rispedite in Italia. Paese dal quale – a Palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi – furono gentilmente invitate a sloggiare una volta terminata la cosiddetta «emergenza Africa».
Molto duri con la gestione dell’ordine pubblico da parte dell’amministrazione socialdemocratica sono i Verdi, che denunciano «una massiccia limitazione della libertà di movimento dei cittadini». Parole simili anche dai liberali della Fdp, ormai assenti dal parlamento federale, ma ancora presenti in quello del Land amburghese.

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