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Acqua pubblica, come coltivare il seme democratico dei referendum

Acqua pubblica, come coltivare il seme democratico dei referendum

Il Referendum è sempre un momento cruciale della nostra storia costituzionale, con profonde ricadute sia sul sistema politico sia su quello sociale, con echi che si propagano non solo sul […]

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 16 giugno 2021

Il Referendum è sempre un momento cruciale della nostra storia costituzionale, con profonde ricadute sia sul sistema politico sia su quello sociale, con echi che si propagano non solo sul momento, ma anche sull’impostazione futura dell’ordinamento giuridico, contribuendo a disegnare un assetto della società più vicino al sentire dei cittadini e allo «spirito dei tempi».

Per questo è necessaria una costante riflessione sugli esiti e sulle forme di un istituto che, come ha affermato copiosa dottrina costituzionale, mostra un «bagliore della Sovranità» mediante l’espressione diretta della volontà popolare.

Nel decimo anniversario dei quattro referendum del 2011 – i nostri quattro Sì – giova ricordare come l’esprimersi dei cittadini su acqua, nucleare e legittimo impedimento abbia impresso una spinta alle istituzioni e al Paese, realizzando una sorta di barriera sociale che si è contrapposta alle forze che affermavano (e in molti casi continuano a farlo) logiche passatiste e legate a interessi non coincidenti con quelli generali.

Il voto referendario di dieci anni fa ha dimostrato come ancora ci sia una forte fiducia nell’attore pubblico quando in discussione ci sono questioni di primaria importanza per la vita dei cittadini.

Chiaro è stato il rifiuto nei confronti dell’energia nucleare, con una nuova schiacciante conferma dell’esito del referendum del 1987. Un punto fermo che ha permesso che gli investimenti andassero a fonti di energia realmente pulita e rinnovabile, portando l’Italia a compiere un significativo balzo in avanti in questo campo e a evitare di dover avere a che fare, invece, con nuove scorie da collocare chissà dove, stratosferici costi ed enormi rischi.

Certo, ancora tanto di deve fare per abbandonare le fossili e fondare il nostro mix energetico sulle fonti pulite, ma se non avessimo archiviato la stagione dell’atomo e confermato questa scelta nel 2011 saremmo in condizioni decisamente peggiori.

L’intelligenza collettiva del Paese si è espressa chiaramente anche sui destini del bene primario per eccellenza: l’acqua. I cittadini si sentono tutelati da una gestione che sia equa, libera da interessi speculativi e guardi al bene della collettività come obiettivo primario.

Siamo ben consapevoli che ad oggi il sistema idrico non è efficiente, con sprechi in determinati territori che superano il 40% e aree del Paese in cui il servizio è pessimo o addirittura assente, ovvero con l’acqua dei rubinetti che mette in pericolo la salute delle persone.

È su questo che ci siamo concentrati con i primi stanziamenti già all’inizio della legislatura ed è su questo si deve continuare a intervenire, seguendo le linee dettate dai cittadini.

Noi siamo sempre stati pronti a discutere in Parlamento per attuare l’esito del referendum e continuiamo a esserlo, perché attuare la volontà espressa dal popolo viene prima di qualunque partigianeria. Sosteniamo un Governo di ampia coalizione e mi auguro che tutti abbiano a cuore la questione dell’acqua pubblica, per cui non possiamo perdere altro tempo e dobbiamo giungere quanto prima a un proficuo risultato.

L’espressione diretta della volontà popolare che si esprime con i referendum deve rappresentare un richiamo costante per coloro che sono chiamati a rappresentare il popolo nelle istituzioni rappresentative.

La corretta ed efficace integrazione degli istituti di democrazia diretta, che sono una ricchezza per ogni democrazia, integrata con gli strumenti e i luoghi della democrazia rappresentativa, rappresentano il modo più efficace per garantire una gestione efficiente della cosa pubblica e al tempo stesso mettere in campo soluzioni e scelte in grado di rappresentare pienamente il sentire della collettività.

Solo così si potranno riavvicinare cittadini e istituzioni e si potrà consolidare e ammodernare la nostra democrazia. Quelle magnifiche giornate di partecipazione del 12 e 13 giugno 2011, dunque, non siano soltanto un ricordo ma siano uno stimolo a rendere viva e reale l’intenzione espressa dagli elettori e a non relegare in un angolo della storia lo strumento referendario, bensì a rilanciarlo e potenziarlo per rilanciare e potenziare le nostre istituzioni e la qualità del nostro vivere comune.

* L’autore è capogruppo M5S in commissione Ambiente alla Camera

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