Acqua privata, la Cisl si schiera con la regione e attacca de Magistris
Campania Lo scontro sul maxiemendamento. Sindaco e comitati ipotizzano di impugnare gli atti. Il sindacato: «Hanno letto male il testo oppure sono faziosi e in malafede»
Campania Lo scontro sul maxiemendamento. Sindaco e comitati ipotizzano di impugnare gli atti. Il sindacato: «Hanno letto male il testo oppure sono faziosi e in malafede»
La Cisl corre in soccorso del maxiemendamento alla finanziaria della regione Campania, che mette un nuovo mattone nella privatizzazione del sistema idrico integrato. Di fronte al rischio di un possibile ricorso contro la norma, il sindacato si schiera a favore degli articoli approvati il 31 luglio dal consiglio regionale: le norme prevedono entro 30 giorni, attraverso decreti, di affidare alle società che già operano sul territorio (quindi anche a società di capitale) non solo la gestione del servizio di distribuzione, ma anche la captazione e l’adduzione alla fonte, il collettamento e la depurazione. L’art 89 specifica che dovranno presentare «un piano di efficientamento di 36 mesi, alla scadenza dei quali la gestione è definitivamente affidata ai gestori del servizio idrico integrato territorialmente competenti».
I comitati campani per l’acqua pubblica hanno minacciato di impugnare gli atti, seguiti poi dal sindaco partenopeo Luigi de Magistris. Netta la replica della Cisl: «Non sappiamo se chi rilascia belle dichiarazioni, a partire dal sindaco di Napoli, abbia letto il testo del maxiemendamento. Vogliamo sperare che questa confusione sia dovuta a una lettura insufficiente o forzata del maxiemendamento. Se così non fosse, saremmo costretti a parlare di faziosità o malafede. A de Magistris, come sindaco o magistrato, chiediamo che ne pensa di lavoratori che per venti o trent’anni sono stati alla mercé di un appalto da rinnovare o di stipendi che arrivano dopo mesi e mesi?».
Di che si tratta? In base alla legge Galli, gli impianti di depurazione e di sollevamento delle acque (di proprietà regionale) dovevano essere affidati al gestore individuato dall’Ato (Ambito territoriale ottimale) senza alcun esborso. Un passaggio rimasto in Campania lettera morta. Così 800 dipendenti hanno continuato a lavorare attraverso il meccanismo della somma urgenza. Un documento del 2007 attesta l’accordo tra l’allora assessore regionale Nocera e le organizzazioni sindacali: «I lavoratori, nel momento del trasferimento ai nuovi soggetti pubblici o privati, vengono tutti contestualmente trasferiti». A novembre 2013 la clausola di salvaguarda dei livelli occupazionali scompare dalla delibera 172 che regola il passaggio delle strutture. I cda della Gori spa (controllata da Acea a cui è affidato il servizio nell’Ato3 sarnese-vesuviano dal 2002) hanno continuato ad autorizzare assunzioni duplicando il personale.
A marzo i lavoratori degli impianti di sollevamento a rischio licenziamento hanno occupato le strutture, alla fine la spa ha dovuto cedere, assorbendoli. A luglio è arrivata in soccorso la regione con una nuova infornata di norme a tutto vantaggio della Gori. Infatti, il maxiemendamento prevede anche l’istituzione di una Struttura di Missione, costituita presso la giunta regionale, che di fatto esautora gli Ambiti territoriali.
Tra i suoi molti compiti anche la revisione delle tariffe, delle concessioni e dei contenziosi. Tutti argomenti che stanno molto a cuore alla Gori. Il suo presidente, Amedeo Laboccetta, si è subito dichiarato a favore della tariffa unica regionale. Quella della sua azienda è la più alta in Campania eppure non basta a coprirne la gestione.
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