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Acqua a mare dal sito nucleare. Impianti sequestrati

Acqua a mare dal sito nucleare. Impianti sequestrati

Ambiente Per la procura di Potenza gli scarichi cancerogeni della Itrec e dell’ex Magnox finivano direttamente nel mar Ionio

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 14 aprile 2018

«… Grave ed illecita attività di scarico a mare di acqua contaminata» da sostanze cancerogene «che non veniva in alcun modo trattata». Per ciò la Procura distrettuale di Potenza ha posto sotto sequestro le vasche di raccolta delle acque di falda e le condotte di scarico dell’impianto Itrec, situato in località Trisaia, nel comune di Rotondella, a confine con Policoro, in provincia di Matera. Il provvedimento, a tutela della salute pubblica e dell’ambiente, riguarda anche l’adiacente impianto «ex Magnox», in disuso da oltre vent’anni. In questi luoghi c’è il centro di ricerche Enea, al cui interno è situato l’Itrec, stabilimento nucleare sorto ed utilizzato «per la conservazione e sperimentazione del ritrattamento del combustibile nucleare».

Dal 2003, dopo il referendum sul nucleare, la società di Stato Sogin si sta occupando dello smantellamento delle strutture, la cosiddetta decommisioning, e della gestione e del monitoraggio delle scorie radioattive. In questo posto sono custodite, dagli anni Sessanta, 64 barre di uranio provenienti da Elk River, negli Stati Uniti. Gli accertamenti sono scaturiti da una denuncia, del 9 dicembre scorso, delle associazioni Cova Contro Onlus, movimento civico «Policoro futura» e Mediterraneo no triv che hanno fatto presente che dal 2015, Sogin ed Enea, hanno trovato «sostanze inquinanti, altamente cancerogene, come cromo esavalente, idrocarburi, trielina… nelle acque di falda, all’interno del perimetro dello stabilimento… La contaminazione chimica si è estesa anche all’esterno, dove, dall’Arpa Basilicata, sono stati rilevati altri inquinanti (vanadio, berillio e tallio), interessando un’ampia zona abitata e a vocazione agricola».

Le indagini dei carabinieri del Noe hanno portato alla luce «il grave stato di inquinamento causato da cromo esavalente e tricloroetilene, che sono state rilevate nella falda acquifera sottostante il sito Enea/Sogin. Si tratta di sostanze – come spiega una nota a firma del procuratore Francesco Curcio – utilizzate per il trattamento (cosiddetto riprocessamento) delle barre di uranio/torio collocate nel sito Itrec». Stando alle verifiche effettuate l’acqua contaminata, attraverso delle tubature, «dopo aver percorso alcuni chilometri, si immettevano direttamente nello Jonio». Di conseguenza, «in via d’urgenza», sono stati apposti i sigilli. Comunque «i responsabili dei siti», sotto stretta vigilanza, sono obbligati «ad adottare le indispensabili misure a tutela dell’ambiente e della salute pubbliche che fino ad oggi non erano state prese».

Secondo Sogin non c’è «anomalia radiologica all’interno dell’impianto Itrec, ma il problema è esterno» e precisa che «gli scarichi delle acque sono effettuati in conformità con la formula di scarico; non vi è alcun pericolo per i lavoratori, la popolazione e l’ambiente». «Nell’anno 2015, – puntualizza – dalla rete di monitoraggio sono emersi valori anomali di alcune sostanze. Conseguentemente, Sogin ed Enea hanno presentato la prescritta comunicazione alle competenti autorità». «Valori anomali» confermati nel tempo. L’Arpa, il primo settembre scorso, ha reso pubblico un documento in cui si evince «una significativa contaminazione da alifati clorurati cancerogeni, in prevalenza tricloroetilene, che presenta concentrazioni fino a quasi 550 volte superiori al limite normativo previsto. Al di sopra del limite anche il cromo esavalente». Sostanze pericolosissime, in grado di scatenare gravi patologie. «Dalle prime analisi – sottolineano le associazioni ambientaliste – sono passati due anni e mezzo e, nonostante le proteste del territorio, conferenze e consigli comunali, non c’è stata alcuna bonifica.

Nel frattempo la situazione è diventata più preoccupante. Non è il primo episodio – viene ancora spiegato -. Nel 2003 c’è stata la rottura di una condotta a mare, poi sostituita nel 2008; percolamento di liquido acquoso radioattivo nel 2014 e in aggiunta almeno tredici anomalie/incidenti già censiti da Enea e altri rilevati da Arpab». «Chi doveva fare non ha fatto – conclude l’avvocato Giovanna Bellizzi, di Mediterraneo no triv -; chi doveva controllare non ha controllato e chi doveva impedire non ha impedito».

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